Premessa
Il mercato della produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili ha suscitato l’attenzione degli operatori in relazione agli adempimenti di carattere fiscale riguardanti lo svolgimento di questa particolare attività.
L’Amministrazione fiscale è intervenuta con documenti di prassi per chiarire come rilevano ai fini delle imposte dirette e dell’IVA gli incentivi erogati ai titolari di impianti di energia da fonti rinnovabili, e come sono inquadrati in ambito catastale gli impianti fotovoltaici.
Considerato che dagli operatori del settore sono pervenute ulteriori richieste di chiarimenti sull’argomento, il presente documento, ha l’obiettivo di fornire risposta a tali richieste completando e armonizzando le precisazioni già rese in relazione agli impianti fotovoltaici.
Particolare attenzione viene dedicata alla questione della qualificazione mobiliare o immobiliare degli impianti fotovoltaici e alle conseguenze che ne derivano in materia catastale e tributaria.
In presenza di tematiche riguardanti anche investimenti nell’eolico, le soluzioni prospettate sono applicabili, per quanto compatibili, anche a questi ultimi investimenti.
Al fine di una più agevole lettura, le disposizioni di prassi precedentemente emanate saranno indicate aggiungendo al numero che le
identifica la lettera “E” se provenienti dall’Agenzia delle Entrate, la lettera “T” se provenienti dalla allora esistente “Agenzia del Territorio”, pur nella consapevolezza che, ai sensi dell’articolo 23-quater del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, a decorrere dal 1° dicembre 2012 l’Agenzia del Territorio si è fusa nell’Agenzia delle Entrate.
 
   
1 Prassi pregresse concernenti la qualificazione mobiliare o immobiliare degli
impianti fotovoltaici
1.1 Profili catastali 
In via preliminare si osserva che ai fini del censimento in catasto, non rileva esclusivamente la facile amovibilità delle componenti degli impianti fotovoltaici, né la circostanza che tali impianti possano essere posizionate in altro luogo mantenendo inalterata la loro originale funzionalità e senza antieconomici interventi di adattamento.  
Come chiarito con la circolare n. 4/T del 16 maggio 2006, la nozione di unità immobiliare, inizialmente definita come “ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio” , è meglio precisata dall’art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, come “ogni fabbricato, porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l’uso locale, un cespite indipendente”, e successivamente dall’art. 2 del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28. In particolare, tale ultima disposizione, al comma 1, ha previsto che “L'unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o  da un insieme di fabbricati ovvero da un'area, che, nello stato in cui   si  trova e secondo l' uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale” e, al comma 3, che si considerano unità immobiliari “anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale.” Il successivo art. 3 del citato decreto ministeriale n. 28 del 1998 evidenzia quindi gli immobili oggetto di censimento e quelli non oggetto di inventariazione a meno di una autonoma suscettibilità reddituale. 

I criteri sopraindicati, utili ai fini dell’individuazione dell’unità immobiliare oggetto di censimento catastale, si devono inderogabilmente applicare ad ogni immobile, includendo anche ogni altra parte che concorra alla sua autonomia funzionale e reddituale. 
Ne consegue che, ai fini dell’obbligo di accatastamento e della determinazione della rendita catastale di un impianto fotovoltaico, non è fondamentale esclusivamente la facile amovibilità delle sue varie componenti impiantistiche, quanto, piuttosto, il rapporto di tali componenti con la capacità ordinaria dell’unità immobiliare a cui appartengono di produrre un reddito temporalmente rilevante. In altri termini, gli Uffici Provinciali – Territorio dell’Agenzia accertano gli immobili che ospitano i medesimi impianti, indagando, ai fini della determinazione della relativa rendita catastale, sulla correlazione che sussiste tra l’immobile e, in generale, quelle componenti impiantistiche rilevanti ai fini della sua funzionalità e capacità reddituale, a prescindere dal mezzo di unione utilizzato. 
Tale orientamento trova conferma in numerose pronunce della Corte di 
Cassazione nel contenzioso instauratosi tra le società elettriche e l’Agenzia del 
Territorio sull’inclusione delle turbine nella determinazione della rendita catastale delle centrali elettriche , nell’intervento del legislatore con l’art. 1quinquies del decreto legge 31 marzo 2005, n. 44, convertito con modificazione dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, e nella sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 20 maggio 2008. 
In particolare, si cita la sentenza della Corte di Cassazione n. 16824 del 21 luglio 2006, ove si chiarisce, seppure con riferimento all’inclusione delle turbine nella stima catastale delle centrali idroelettriche, che “… non rileva il mezzo di "unione" tra "mobile" ed "immobile" per considerare il primo incorporato al secondo, sia perché quel che davvero conta è l'impossibilità di separare l' uno dall' altro senza la sostanziale alterazione del bene complesso (che non sarebbe più, nel caso di specie, una centrale elettrica), sia perché "mezzo di unione" idoneo a determinare l'incorporazione non può essere qualificato solo quello che tale poteva considerarsi al tempo dell'approvazione del codice civile, dovendosi tener conto del progresso tecnologico e dell'ineludibile condizionamento dei mezzi utilizzati a specifiche esigenze tecniche.”   
Tale concetto è stato ulteriormente ribadito, in termini più generali, nella sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 20 maggio 2008, ove si stabilisce che “(…) tutte quelle componenti […] che contribuiscono in via ordinaria ad assicurare, ad una unità immobiliare, una specifica autonomia funzionale e reddituale stabile nel tempo, sono da considerare elementi idonei a descrivere l'unità stessa ed influenti rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale.” 
L’Agenzia del Territorio ha quindi definito (cfr. paragrafo 3) criteri in applicazione dei quali è stata affermata l’irrilevanza catastale delle installazioni fotovoltaiche non con esclusivo riferimento all’amovibilità delle stesse, ma in relazione da un lato all’alea propria delle stime catastali e dall’altro alla loro modesta entità in termini dimensionali e di potenza, in coerenza con i criteri, concettualmente analoghi, di cui all’art. 3, comma 3, del citato decreto ministeriale n. 28 del 1998, che indica, in linea generale, le costruzioni prive di rilevanza catastale.   
 
1.2 Profili fiscali 
Sotto il profilo fiscale, in più occasioni alcuni impianti fotovoltaici sono stati qualificati come beni mobili, in quanto caratterizzati dal requisito dell’amovibilità.  
In particolare con circolare del 19 luglio 2007, n. 46/E, concernente la “Disciplina fiscale degli incentivi per gli impianti fotovoltaici”  è stato precisato per la prima volta che: “ l'impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce impianto infisso al suolo, in quanto, normalmente i moduli che lo compongono (i pannelli solari) possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità ”. 

Successivamente con circolare dell’11 aprile 2008, n. 38/E, concernente il “Credito d’imposta  per acquisizioni di beni strumentali nuovi in aree svantaggiate”, per definire gli impianti agevolabili è stato affermato che: “la disposizione agevolativa fa riferimento ad impianti e macchinari “diversi da quelli infissi al suolo”. A tal fine, si ritiene, in linea generale, che siano diversi da quelli infissi al suolo – in conformità a quanto contenuto nella circolare n. 46/E del 19 luglio 2007, emanata in relazione agli incentivi fiscali per gli impianti  fotovoltaici – gli impianti e i macchinari che possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo la loro originaria funzionalità. Ciò vale anche per i beni “stabilmente” e “definitivamente” incorporati al suolo, purché gli stessi possano essere rimossi e utilizzati per le medesime finalità senza “antieconomici” interventi di adattamento”. 
Infine, con circolare del 23 giugno 2010 n. 38/E , concernente “Profili interpretativi emersi nel corso degli incontri con gli iscritti agli ordini dei dottori commercialisti ed esperti contabili”, è stato ribadito, al paragrafo 1.8.a), che: “(…) si è in presenza di beni immobili quando non è possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato) senza alterare la funzionalità dello stesso o quando per riutilizzare il bene in un altro contesto con le medesime finalità debbono essere effettuati antieconomici interventi di adattamento.  
In altri termini, sulla base dei chiarimenti resi ai fini fiscali dall’Agenzia delle Entrate, gli impianti fotovoltaici sono qualificabili come beni mobili quando: 
- possono essere asportati da un punto per essere installati in un altro senza perdere le loro caratteristiche; 
- l’operazione di spostamento non si presenti antieconomica, vale a dire non comporti oneri gravosi. 
A ben vedere occorre però osservare che tale inquadramento prendeva come punto di riferimento impianti di dimensioni tali da consentire una facile amovibilità senza implicare il sostenimento di costi rilevanti. 

Considerato, tuttavia, che questa impostazione ha suscitato incertezze operative, nei successivi paragrafi si forniscono ulteriori indicazioni tese ad uniformare i comportamenti degli uffici e degli operatori. 
 
2 Profili catastali relativi agli immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici 
2.1 Criteri generali per l’attribuzione della categoria e della rendita. 
In linea generale, coerentemente con quanto precisato nella risoluzione n. 3/T del 6 novembre 2008, si ribadisce che gli immobili ospitanti le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accertati nella categoria "D/1 - opifici"  e che nella determinazione della relativa rendita catastale devono essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in quanto ne determinano il carattere sostanziale di centrale elettrica e, quindi, di “opificio”.  
Con riferimento alle installazioni fotovoltaiche poste su edifici ed a quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano, si precisa che, in coerenza con i principi generali esposti nella citata risoluzione n. 3/T del 2008, non sussiste l’obbligo di accatastamento come unità immobiliari autonome, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili. In proposito, si chiarisce che è necessario procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita dell’unità immobiliare a cui risulta integrato, allorquando l’impianto fotovoltaico ne incrementa il valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15% o superiore, in accordo alla prassi estimativa adottata dall’amministrazione catastale. In tal senso, erano state fornite istruzioni con circolare n. 10/T del 4 agosto 2005, nell’ambito dell’applicazione dell’art. 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 
Non hanno autonoma rilevanza catastale, e costituiscono semplici pertinenze delle unità immobiliari, le porzioni di immobili ospitanti gli impianti di produzione di energia di modesta entità, in termini dimensionali e di potenza, come, ad esempio, quelli destinati prevalentemente ai consumi domestici. 
In particolare, non sussiste alcun obbligo di dichiarazione al catasto, né come unità immobiliare autonoma, né come variazione della stessa (in considerazione della limitata incidenza reddituale dell’impianto) qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti: 
la potenza nominale dell’impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt per ogni unità immobiliare servita dall’impianto stesso;  
la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall’impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano;  
per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall’intera area destinata all’intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall’altezza relativa all’asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3, in coerenza con il limite volumetrico stabilito dall’art. 3, comma 3, lettera e) del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28. 
 
2.2 La ruralità degli immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici 
Nell’ottica dell’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili, il legislatore ha introdotto, negli ultimi anni, disposizioni di carattere fiscale volte ad incentivare l’esercizio di tali attività da parte degli imprenditori agricoli. 
In particolare, l’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, così come modificato e integrato da disposizioni successive, stabilisce che “…la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario, …”.  
Con riferimento agli impianti fotovoltaici, al fine di rispettare la “ratio” della norma appena citata, con circolare n. 32/E del 6 luglio 2009, sono stati individuati specifici criteri di connessione con l’attività agricola svolta sul fondo, in modo da concretizzare, come per le altre attività connesse, un significativo rapporto con l’attività agricola stessa. 
In particolare, recependo i requisiti indicati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, necessari per poter qualificare la produzione di energia in parola come produttiva di reddito agrario, è stato chiarito nel paragrafo 4 della richiamata circolare, che tale produzione “(…) trattandosi di attività agricola “connessa” presuppone, comunque, un collegamento con l’attività agricola tipica, caratterizzata dalla presenza di un’azienda con terreni coltivati (…). In particolare, i terreni, di proprietà dell’imprenditore agricolo o, comunque nella sua disponibilità, devono essere condotti dall’imprenditore medesimo (…)”. 
La citata circolare n. 32/E del 2009 stabilisce inoltre, al medesimo paragrafo 4, i requisiti oggettivi che devono essere soddisfatti affinché la produzione di energia da fonti fotovoltaiche possa essere assimilata ad attività agricola connessa.  
Agli immobili ospitanti gli impianti  fotovoltaici realizzati su fondi agricoli, che soddisfano i requisiti sopra richiamati, deve essere riconosciuto il carattere di ruralità. Si deve, cioè, accertare, in sintesi: 
che esista l’azienda agricola, ossia che si riscontri la presenza di terreni e fabbricati che congiuntamente siano, di fatto, correlati alla produzione agricola. L’esistenza dell’azienda agricola, sulla base di quanto stabilito dall’art. 9, comma 3, lettera c) del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557 , presuppone che il fondo deve avere superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati (fatta eccezione per alcune fattispecie, in relazione alle quali tale limite è ridotto a 3.000 metri quadrati), fermo restando che le particelle interessate debbono essere iscritte al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario; 
che sia soddisfatto uno dei requisiti oggettivi richiamati ai punti 1 e 2 del citato paragrafo 4 della circolare n. 32/E del 2009.   
Alla luce della necessità di rendere omogenei i criteri che presiedono agli adempimenti catastali con i principi di attrazione nelle norme tributarie, si deve ritenere superata l’indicazione, contenuta al paragrafo 4 della richiamata circolare n. 32, secondo cui, ai fini della connessione, i terreni devono essere ubicati nello stesso comune in cui è sito l’impianto fotovoltaico, ovvero in comuni confinanti. 
Agli immobili ospitanti le installazioni fotovoltaiche, censiti autonomamente e strumentali alle attività agricole per connessione alle stesse come sopra specificato, nel caso in cui ricorra l’obbligo di dichiarazione ai sensi degli articoli 20 e 28 del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652 , è attribuita la categoria D/10 “fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole”, introdotta con decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, 
n. 139, con rendita definita secondo le consuete disposizioni di prassi. 
In tal caso, alla citata dichiarazione (richiamata, come noto, all’art. 1 del decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701) deve essere unita l’autocertificazione redatta su modello conforme all’allegato C al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 26 luglio 2012, oltre ad una specifica relazione contenente le informazioni utili alla verifica dei requisiti di ruralità.  
Al fine di fornire un contributo concreto per l’applicazione di tali disposizioni, si veda l’allegato tecnico, “Immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici: esempi di rappresentazione in mappa e casi particolari di intestazione”. 
3 Profili fiscali relativi agli impianti fotovoltaici 
Atteso che la definizione di bene mobile o immobile non si presta ad una interpretazione univoca ai fini fiscali , per ragioni di semplificazione, si ritiene opportuno qualificare gli impianti fotovoltaici sulla base della loro rilevanza catastale. 
Gli impianti fotovoltaici si considerano beni immobili quando vanno dichiarati in catasto in coerenza con i criteri indicati ai paragrafi 2.1 e 2.2, indipendentemente dalla categoria attribuita alle unità immobiliari di cui fanno parte. In particolare, dette installazioni sono da considerarsi immobili quando: 
a) costituiscono una centrale di produzione di energia elettrica autonomamente censibile nella categoria D/1 oppure D/10; 
b) risultano posizionate sulle pareti o su un tetto, oppure realizzate su aree di pertinenza comuni o esclusive di un fabbricato, e per esse sussiste l’obbligo della menzione nella dichiarazione in catasto, al termine della loro installazione. Si rammenta che, come riportato al paragrafo 2.1, sussiste l’obbligo della dichiarazione di variazione catastale quando l’impianto fotovoltaico integrato a un immobile ne incrementa il valore capitale (o la redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15 % o superiore. In tale ipotesi, in sostanza, l’installazione fotovoltaica non è oggetto di un autonomo accatastamento, ma determina l’incremento della rendita catastale dell’immobile su cui è installato,  senza che ne muti la classificazione. A titolo di esempio, se l’impianto fotovoltaico è installato su un immobile ad uso  “laboratori per arti e mestieri”, classificato nella categoria catastale C/3, ricorrendo le citate condizioni si determinerà un incremento della rendita dell’unità immobiliare (con il sovrastante impianto fotovoltaico), che rimarrà classificata nella medesima categoria C/3.   
Gli impianti fotovoltaici sono da considerarsi beni mobili quando soddisfano uno dei seguenti requisiti: 
a) la potenza nominale dell’impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt per ogni unità immobiliare servita dall’impianto stesso;  
b) la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall’impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già 
censiti al catasto edilizio urbano;  
c) per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall’intera area destinata all’intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall’altezza relativa all’asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3, in coerenza con il limite volumetrico stabilito all’art. 3, comma 3, lettera e) del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28. 
Al riguardo, si fa presente che sono fatti salvi, ai sensi dell’articolo 10 dello Statuto del Contribuente (“Tutela dell’affidamento e della buona fede”), i comportamenti tenuti dai contribuenti ai fini delle imposte dirette ed indirette, sulla base delle diverse indicazioni rese con precedenti documenti di prassi (cfr. circolari nn. 46/E del 2007, n. 38/E del 2008 e n. 38/E del 2010).  
Di seguito, si passa in rassegna il diverso trattamento fiscale ai fini delle Imposte dirette, dell’Iva e delle Imposte di registro degli impianti in parola, a seconda che gli stessi si qualifichino come bene mobile o immobile.   
 
3.1 Impianti fotovoltaici  beni mobili o immobili imposte dirette 
3.1.1 Bene mobile 
Con circolare n. 46 del 2007 è stato precisato che il costo sostenuto per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico è deducibile ai sensi  dell’articolo 102 del TUIR a titolo di ammortamento, quando l’impianto stesso è utilizzato da persone fisiche e giuridiche titolari di reddito d’impresa che impiegano tale bene nell’ambito dell’attività d’impresa, e ai sensi dell’articolo 54 del medesimo TUIR quando l’impianto è realizzato da lavoratori autonomi e associazioni 
professionali che lo utilizzano nella propria attività. 
Nel predetto documento è stato inoltre chiarito che il coefficiente di ammortamento da applicare è pari al 9 % corrispondente a quello applicabile alle “centrali termoelettriche secondo la tabella allegata al decreto ministeriale 31 dicembre 1988 (Gruppo XVII – Industrie dell’energia elettrica del gas e dell’acqua – Specie 1/b – Produzione e Distribuzione di energia termoelettrica)”. 
Si ricorda che la predetta aliquota del 9 per cento, applicabile nel caso in cui l’impianto fotovoltaico è qualificabile come bene mobile, è stata determinata tenendo conto del fatto che, non contemplando il citato decreto ministeriale tale categoria di impianti, ai fini dell’individuazione dell’aliquota si rende applicabile il principio, affermato da consolidata prassi ministeriale,  secondo cui occorre far riferimento al coefficiente previsto per i beni appartenenti ad altri settori produttivi che presentano caratteristiche similari dal punto di vista del loro impiego e della vita utile. 
Resta fermo che, in ossequio al principio di derivazione, i titolari di reddito d’impresa possono dedurre la predetta quota nei limiti della previa imputazione a conto economico ai sensi dell’articolo 109, comma 4, del TUIR. 
3.1.2 Bene immobile 
In presenza di un impianto fotovoltaico che si configura come un bene immobile, il costo dell’investimento realizzato è deducibile ai sensi: 
- dell’articolo 102 del TUIR a titolo di ammortamento per le persone fisiche e per le persone giuridiche titolari di reddito d’impresa; 
- dell’articolo 54 dello stesso TUIR per i lavoratori autonomi e le associazioni professionali che abbiano acquistato l’impianto nel periodo 1° gennaio 2007 – 31 dicembre 2009 e lo impieghino nell’ambito della loro attività. Al riguardo si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 335, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296, il costo di acquisto di un immobile strumentale sostenuto da un professionista non è più fiscalmente deducibile, secondo la procedura  dell’ammortamento, se l’atto di acquisto ha avuto luogo successivamente al 31 dicembre 2009. 
Per quanto concerne l’aliquota applicabile al valore fiscalmente riconosciuto, analogamente a quanto già precisato nel caso in cui tali beni hanno natura mobiliare, è necessario far riferimento al coefficiente previsto per beni appartenenti ad altri settori produttivi che presentino caratteristiche similari dal punto di vista del loro impiego e della vita utile.  
Si ritiene, pertanto, di poter fare riferimento al settore dell’energia  termoelettrica e in particolare all’aliquota di ammortamento prevista per “fabbricati destinati all’industria” corrispondente al 4%.  
Al riguardo si precisa che, nel caso in cui l’impianto fotovoltaico, sulla base delle precedenti indicazioni rese dalla scrivente, sia stato qualificato dal contribuente come bene mobile applicando l’aliquota tabellare del 9 per cento, i maggiori ammortamenti dedotti nei periodi d’imposta precedenti ai chiarimenti contenuti nella presente circolare non devono essere rettificati.  
Qualora i pannelli fotovoltaici non risultino accatastati autonomamente in quanto totalmente o parzialmente integrati all’unità immobiliare, i relativi costi, se capitalizzati sulla base della corretta applicazione dei principi contabili, sono ammortizzati ai fini delle imposte dirette seguendo la procedura di ammortamento del bene di cui sono diventate parte integrante. L’aliquota di ammortamento applicabile sarà quella dell’immobile cui l’impianto risulta 
integrato.  
Anche per la deduzione della quota d’ammortamento dei beni immobili,  resta fermo l’obbligo di rispettare il criterio di previa imputazione. 
 
3.2 IVA Trattamento degli impianti fotovoltaici 
  La qualificazione mobiliare o immobiliare dell’impianto fotovoltaico comporta, ai fini IVA, l’applicazione di disposizioni diverse per la determinazione del regime d’imposizione, del momento di effettuazione dell’operazione e del luogo di effettuazione dell’operazione. 
3.2.1 Bene mobile 
 La cessione di un impianto fotovoltaico, qualificabile come bene mobile, effettuata nel territorio dello Stato, nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni, costituisce operazione imponibile da assoggettare ad Iva. 
Ai fini della determinazione del momento di effettuazione dell’operazione, la cessione dell’impianto si considera effettuata, ai sensi dell’articolo 6, commi primo e quarto, del DPR n. 633 del 1972, nel momento della consegna o spedizione o, se antecedente, nel momento in cui è emessa fattura o è pagato in tutto o in parte il corrispettivo, limitatamente all’importo 
fatturato o pagato.  
 Sotto il profilo territoriale rilevano, ai sensi dell’articolo 7-bis del DPR n. 633 del 1972, le cessioni di impianti fotovoltaici esistenti nel territorio dello Stato ovvero spediti da altro Stato membro installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto. 
 Le prestazioni di servizi relative all’impianto fotovoltaico (comprese quelle aventi ad oggetto la costruzione dello stesso) si considerano effettuate, ai sensi dell’articolo 6, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972, all’atto del pagamento del corrispettivo o, se antecedente, nel momento in cui è emessa fattura. Le prestazioni di servizi transfrontaliere, ai sensi dell’articolo 6, comma 6, si considerano effettuate in linea generale al momento in cui sono ultimate. 
 Sotto il profilo territoriale, rilevano ai sensi dell’articolo 7-ter del DPR n. 633 del 1972 le prestazioni rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato ovvero rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato (cfr. Circolare n. 37/E del 29 luglio 2011). 
3.2.2 Bene immobile  
 Con riguardo alle cessioni degli impianti qualificabili come beni immobili, torna applicabile, sotto il profilo del regime di assoggettamento ad imposta, la disciplina di cui all’articolo 10, primo comma, nn. 8-bis) e 8-ter) del DPR 633 del 1972. Tale disciplina – recentemente oggetto di chiarimenti con la Circolare n. 22/E del 28 giugno 2013, cui si rinvia per quanto di interesse - prevede un generalizzato regime di esenzione per i trasferimenti e le locazioni dei beni immobili, sia pure con qualche eccezione. 
 In particolare, l’impianto fotovoltaico classificato o classificabile nella categoria catastale D/1 o D/10 costituisce un bene immobile strumentale per natura per il quale torna applicabile l’articolo 10, primo comma, n. 8-ter) del DPR n. 633 del 1972. 
 La predetta disposizione stabilisce che sono esenti da IVA “le cessioni  di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni,  escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese  che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell’edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione”. 
Ai fini della determinazione del momento di effettuazione 
dell’operazione, la cessione dell’impianto si considera effettuata, ai sensi dell’articolo 6, primo comma, del DPR n. 633 del 1972, nel momento della stipulazione del relativo atto di trasferimento. 
 Sotto il profilo procedurale, si rammenta che nell’ipotesi di cessioni imponibili su opzione, torna applicabile l’art. 17, comma 6, lett. a-bis) del DPR n. 633 del 1972, che prevede l’obbligo dell’inversione contabile per le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione. 
 Per effetto del predetto obbligo di reverse charge, per le operazioni di cessione il debitore dell’imposta, in luogo del cedente, è il cessionario, se soggetto passivo d’imposta, il quale è tenuto ad integrare la fattura del cedente ovvero ad emettere autofattura, con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta. 
 Con riguardo alle prestazioni di servizi relative ad impianti fotovoltaici, qualificabili come beni immobili, le stesse si considerano effettuate ai sensi dell’articolo 6, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972 all’atto del pagamento del corrispettivo o, se antecedente, al momento in cui è emessa fattura, limitatamente all’importo fatturato. Sotto il profilo territoriale, le prestazioni relative all’impianto fotovoltaico, qualificabile come bene immobile, si considerano effettuate nel territorio dello stato, ai sensi dell’articolo 7-quater del DPR n. 633 del 1972, quando l’immobile è situato nel territorio dello Stato. 
 Anche per le prestazioni di servizi relative ad impianto fotovoltaico torna applicabile l’obbligo di inversione contabile previsto dall’art. 17, sesto comma, lettera a) del DPR n. 633 del 1972 per le “prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore”. 
 Al riguardo giova richiamare la Risoluzione n. 474/E del 5 dicembre 2008 con la quale è stato chiarito come operi l’applicazione dell’inversione contabile alle prestazioni di servizi relative all’installazione dell’impianto fotovoltaico, a condizione che: 
- esistano un appaltatore e un subappaltatore; 
- entrambi svolgano un’attività edile riconducibile ad una delle attività elencate nella sezione “Costruzioni” della tabella ATECO 2007; 
- oggetto del contratto sia una prestazione di servizi, ossia l’installazione presso il cliente dell’impianto fotovoltaico richiesto. 
 
3.2.3 Impianto realizzato su lastrico solare 
 Il lastrico solare, se censito in catasto, è classificato  nella categoria “F/5”.  Si tratta, quindi, di immobile diverso da quelli oggettivamente strumentali, al quale è applicabile il regime IVA previsto dall'articolo 10, primo comma, numeri 8 e 8-bis) del DPR n. 633 del 1972, rispettivamente per le locazioni e le cessioni di porzioni di fabbricato diverse da quelle strumentali. 
Il lastrico solare privo di autonomia catastale andrà, invece, considerato come parte del fabbricato  al quale appartiene e alla relativa cessione o locazione si rende applicabile il regime proprio di tale fabbricato. 
Una volta realizzata la centrale fotovoltaica, se censibile in categoria D/1, ovvero D/10, dovrà essere predisposta apposita dichiarazione con le modalità richiamate al citato DM n. 701 del 1994, sopprimendo l’identificativo del lastrico solare per consentire l’iscrizione in catasto dell’unità immobiliare costituita. 
    Qualora invece, l’impianto fotovoltaico realizzato su lastrico solare abbia natura mobiliare, alle cessioni dell’impianto tornerà applicabile il relativo regime Iva per i beni mobili. 
 
3.2.4 Impianto di pertinenza di immobile abitativo. 
      Ai fini della determinazione del regime Iva applicabile agli impianti fotovoltaici che costituiscono pertinenza, ai sensi dell’articolo 817 del codice civile, di unità immobiliari, occorre tener conto della circostanza che il vincolo pertinenziale, rendendo il bene servente una proiezione del bene principale consente di attribuire alla pertinenza la medesima natura del bene principale. 
 La sussistenza di tale nesso, alla luce dei criteri previsti dal codice civile, consente di estendere alla pertinenza l'applicazione della medesima disciplina dettata per la tipologia del fabbricato principale, sia nell'ipotesi in cui questo e la pertinenza siano oggetto del medesimo atto di cessione, sia nell'ipotesi in cui i due beni siano ceduti con atti separati (cfr. circolare n. 12/E del 1° marzo 2007). Tale qualificazione tipologica, tuttavia, non comporta che venga meno la autonoma rilevanza fiscale dell'operazione avente ad oggetto la pertinenza, rispetto alla quale, pertanto, devono essere verificati i presupposti oggettivi e soggettivi che determinano il trattamento fiscale in concreto applicabile alla operazione (quali, per l’imponibilità ad IVA, la cessione dell’impianto da parte dell'impresa costruttrice entro un determinato termine dalla ultimazione). 
 In tali casi, pertanto, alla cessione degli impianti fotovoltaici, qualificati come immobili, è applicabile, ai fini Iva, la disciplina dettata per le cessioni dei fabbricati cui accedono. 
   
3.2.5 Aliquota IVA 
 Fermo restando quanto precisato nei paragrafi precedenti in merito al regime di esenzione applicabile alle cessioni di impianti fotovoltaici qualificabili come beni immobili, occorre individuare l’aliquota applicabile alle cessioni dei predetti impianti nell’ipotesi in cui si configurino le fattispecie di esclusione dell’esenzione disciplinate dall’articolo 10, n. 8-bis) e n. 8-ter) del DPR n. 633 del 1972.  
•  Bene immobile 
 La menzionata circolare n. 46/E del 2007 ha chiarito che “All’acquisto o alla realizzazione dell’impianto è applicabile l’aliquota agevolata del 10 per cento, ai sensi del n. 127-quinquies) della Tabella A, Parte Terza, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, che prevede l’applicazione di detta aliquota, fra l’altro, per “impianti di  produzione e reti di distribuzione calore-energia e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica”. 
 Ciò posto, si ritiene necessario precisare cosa debba intendersi per impianto di produzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica tenendo conto del parere fornito dal Ministero dello sviluppo economico competente per materia. 
Tale Amministrazione ha preliminarmente osservato che non esiste una definizione tecnica di “impianto di produzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica” che possa avere un’applicazione univoca, che sia cioè valida in ogni contesto ed in ogni caso. 
Premesso ciò, lo stesso Ministero ha fatto presente che la normativa sull’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, contenuta nel DM 6 agosto 2010, definisce, all’articolo 2, comma 1, lettera c) della stesso, l’impianto fotovoltaico come uno o più gruppi di conversione e altri componenti elettrici minori (analoga definizione è contenuta, ora, all’articolo 2, comma 1 lettera e), del DM 5 luglio 2012). 
A maggior chiarimento, il Ministero fa presente che in base all’allegato 1 del citato decreto ministeriale, gli impianti fotovoltaici ed i relativi componenti devono rispettare le prescrizioni dettate da specifiche norme tecniche, tra le quali assume rilievo la disposizione CEI 82-25. 
Tale norma stabilisce che l’impianto fotovoltaico è “un insieme di componenti che producono e forniscono elettricità ottenuta per mezzo dell’effetto fotovoltaico. Esso è composto dall’insieme di moduli fotovoltaici (campo fotovoltaico) e dagli altri componenti (BOS), tali da consentire di produrre energia elettrica e fornirla alle utenze elettrica e/o di immetterla nella rete del distributore. 

Il BOS (Balance of System o Resto del sistema) è l’insieme di tutti i componenti di un impianto fotovoltaico, esclusi i moduli fotovoltaici e inclusi interruttori, sistemi di controllo, strumenti di misura, sistemi di condizionamento della potenza, strutture meccaniche di supporto e sistemi di accumulo, se presenti”. 
In base ai chiarimenti forniti dal Ministero dello sviluppo economico, si ritiene che gli impianti di produzione di energia elettrica da fonte solarefotovoltaica indicati nel n. 127-quinquies, alle cessioni dei quali è applicabile l’aliquota IVA ridotta del 10%, debbano essere considerati come quegli impianti che siano in grado di produrre e fornire elettricità di potenza tale da poter essere utilizzata o immessa nella rete di distribuzione e che, a tal fine, siano composti da tutti quei componenti necessari allo scopo individuati nella norma CEI 82-25. 
Con riguardo, invece, alle cessioni delle singole parti componenti dei citati impianti, purché si tratti di beni finiti destinati alla costruzione dell’impianto, torna applicabile l’aliquota agevolata del 10 per cento, ai sensi del n. 127-sexies) della Tabella A, Parte Terza, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, che prevede l’applicazione di detta aliquota alle cessioni di “beni, escluse materie prime e semilavorate, forniti per la costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al n. 127-quinquies)”. 
 Con riguardo alla portata della predetta disposizione con la Risoluzione n. 269/E del 27 settembre 2007 - in riferimento alla cessione dei componenti di impianti termici solari (quali pannelli solari, bollitori e pompe) – è stato ritenuto applicabile il beneficio fiscale dell’aliquota ridotta “…ai cosiddetti beni finiti effettivamente utilizzati per la costruzione dell’impianto di cui al predetto n. 127quinquies). 
Ovvero, a beni: 
a. per i quali il processo produttivo si sia già compiuto e che, come tali, si trovino nell’ultima fase di commercializzazione; 
b. acquistati per essere direttamente impiegati per la costruzione dell’impianto”. 
Con la successiva Risoluzione n. 469/E del 3 dicembre 2008, è stata, 
altresì, ritenuta applicabile l’aliquota agevolata del 10 per cento di cui al citato n. 127-sexies) della Tabella A, Parte Terza, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, in riferimento alla cessione delle singole parti componenti di impianti ad energia solare quali moduli fotovoltaici, inverters, strutture metalliche di supporto; tali beni, infatti, possono essere considerati “finiti” in quanto, pur incorporandosi strutturalmente e funzionalmente nella costruzione, non perdono la loro specifica individualità. Anche con tale documento di prassi è stato ribadito che l’agevolazione è rivolta unicamente ai cessionari che si configurino come soggetti dediti all’installazione o costruzione di impianti fotovoltaici nonché degli utilizzatori finali che rilascino, sotto la propria responsabilità, una dichiarazione circa l’utilizzazione dei beni per la costruzione degli impianti di cui al n. 127-quinquies (cfr. risoluzione del 30 marzo 1998, n. 22). Circostanze, queste, che – ai fini dell’applicazione delle aliquota agevolata – devono sussistere al momento cui l’acquisto dei componenti è effettuato. 
 Tanto premesso si ritiene che l’aliquota agevolata ai sensi del n. 127sexies in argomento risulterà applicabile alle predette condizioni alle cessioni dei componenti parti di impianti fotovoltaici. 
 L’aliquota agevolata del 10 per cento si rende applicabile anche alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto per la costruzione degli impianti fotovoltaici (cfr. n. 127-septies), della Tabella A, Parte III). 
   
• Bene mobile 
 Le considerazioni svolte sopra in merito all’aliquota applicabile devono ritenersi valide anche per le cessioni e per le prestazioni di realizzazione di impianti fotovoltaici qualificabili come beni mobili, nonché per  le cessioni delle loro componenti. 
 
3.3 Imposte di Registro e ipocatastali 
3.3.1 Cessione di impianti  fotovoltaici qualificati come beni mobili 
In base al principio di alternatività IVA registro, di cui all’articolo 40 del 
Testo Unico dell’imposta di registro, approvato con DPR 26 aprile 1986, n.131, (TUR), “per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa”.  
In linea generale, pertanto, la cessione dell’impianto fotovoltaico soggetta ad IVA sconta l’imposta di registro in misura fissa.  
In particolare, nel caso di cessione a titolo oneroso di impianti fotovoltaici, soggetti ad IVA, qualificati come beni mobili:  
- la registrazione deve essere effettuata solo in caso d’uso se la cessione del bene mobile viene effettuata tramite contratto verbale o per scrittura privata non autenticata;  
- la registrazione deve essere, invece, effettuata in termine fisso se il contratto viene concluso per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.  
Nel caso in cui non trovi applicazione l’imposta sul valore aggiunto (ad es. 
laddove il cedente sia un soggetto che non eserciti attività d’impresa, ed in capo al quale, pertanto, non viene integrato il presupposto soggettivo per l’applicazione del tributo) il contratto di cessione deve comunque essere assoggettato a registrazione in termine fisso, a prescindere dalla forma utilizzata per la conclusione del contratto, con applicazione dell’imposta di registro in misura pari al 3 per cento, prevista, per i trasferimenti di  beni mobili, dall’articolo 2 dalla Tariffa, parte prima, allegata al TUR. 
 
3.3.2 Cessione di  impianti fotovoltaici qualificati come beni  immobili 
Nel caso di cessione a titolo oneroso di impianti fotovoltaici qualificati come beni immobili la disciplina fiscale applicabile, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale risulta diversificata in ragione del trattamento applicabile, ai fini dell’IVA, alle disposizioni contenute nell’atto.  
L’atto di cessione di detti immobili strumentali, se soggetto ad IVA (tanto in regime di imponibilità quanto in regime di esenzione), deve essere 
assoggettato a tassazione, ai fini dell’imposta di registro, in misura fissa, mentre le imposte ipotecaria e catastale, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1- bis dalla Tariffa, allegata al Testo Unico delle imposte ipotecaria e catastale (TUIC) e 10 del medesimo TUIC sono dovute rispettivamente nella misura del 3 per cento e dell’1 per cento. 
Nelle ipotesi in cui le cessioni non siano soggette ad IVA l’imposta di registro è dovuta in misura proporzionale:  
- con aliquota del 7 per cento come previsto dall’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al TUR, per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di fabbricati e relative pertinenze e gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento.  
Le imposte ipotecaria e catastale sono, invece, dovute rispettivamente nella misura del 2 per cento e dell’1 per cento, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 dalla Tariffa, allegata al Testo Unico delle imposte ipotecaria e catastale (TUIC) e 10 del medesimo TUIC.  
Al riguardo, appare opportuno segnalare che l’articolo 10 del D. LGS. 14 marzo 2011, n. 23, ha apportato modifiche alla tassazione applicabile, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, ai trasferimenti immobiliari.  
In particolare, il richiamato articolo 10, comma 1, ha modificato l’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, che disciplina la misura dell’imposta di registro applicabile gli atti traslativi, a titolo oneroso, della proprietà di beni immobili in genere e gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi.  
Per effetto di tali modifiche, pertanto, a partire dal 1° gennaio 2014, le cessioni di impianti fotovoltaici qualificati come beni immobili, che non rientrano nel campo di applicazione dell’IVA, sono soggette ad imposta di registro nella misura proporzionale del 9% . Per tali trasferimenti, l’imposta proporzionale di registro da corrispondere non può essere inferiore a 1000 euro. 
Si rammenta, inoltre, che l’articolo 26 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104,  convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, prevede che “Gli atti assoggettati all’imposta di cui ai commi 1 e 2 (dell’articolo 10) e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall’imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie e sono soggetti a ciascuna delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 50”. 

Pertanto, gli atti di cessione in argomento,  stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2014, devono essere assoggettate alle imposte ipotecaria e catastale ciascuna nella misura fissa di 50 euro. 
 
3.3.3 Impianto realizzato su lastrico solare  
Ai fini dell’imposta di registro, la disciplina applicabile alla cessione e locazione del lastrico solare deve essere definita in considerazione del già richiamato principio di alternatività IVA – Registro, secondo cui gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, scontano l’imposta di registro in misura fissa. 
Costituiscono eccezione a tale principio, le operazioni esenti dall’IVA di cui all’articolo 10, nn. 8 e 8-bis del DPR n. 633 del 1972, per le quali l’imposta di registro trova applicazione nella misura proporzionale. 
Pertanto, la cessione del lastrico solare, esente ai fini IVA ai sensi dell’articolo 10, n. 8-bis del DPR n. 633 del 1972, deve essere assoggettata ad imposta di registro nella misura proporzionale del 7 per cento, prevista per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di fabbricati e relative pertinenze dall’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.  
Le imposte ipotecaria e catastale sono, invece, dovute rispettivamente nella misura del 2 per cento e dell’1 per cento, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 dalla Tariffa, allegata al Testo Unico delle imposte ipotecaria e catastale (TUIC) e 10 del medesimo TUIC. 
Si rinvia al precedente par. 3.3.2 per la determinazione della disciplina  che, per effetto delle modifiche arrecate dall’articolo 10 del D.LGS. n. 23 del 2011 e dell’articolo 26 del DL n. 104 del 2013, convertito con legge 8 novembre 2013, n. 128, si renderà applicabile  a partire dal 1° gennaio 2014, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, anche ai trasferimenti aventi ad oggetto le cessioni di lastrico solare, esenti ai fini IVA.  
La locazione del lastrico solare, rientrando tra le prestazioni esenti di cui al menzionato articolo 10, n. 8) del DPR n. 633 del 1972, è invece soggetta ad imposta di registro nella misura proporzionale del 2%, prevista dall’articolo 5 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.       
Si precisa che gli atti aventi ad oggetto il trasferimento degli impianti fotovoltaici realizzati sul lastrico solare devono essere assoggettati a tassazione, in considerazione della natura mobiliare o immobiliare degli stessi.   
4 Impianti fotovoltaici realizzati su beni di terzi disciplina ai fini delle Imposte Dirette e IVA 
Qualora l’immobile sul quale vengono integrati i pannelli fotovoltaici, totalmente o parzialmente, è di proprietà di terzi, il relativo costo configura una spesa di manutenzione straordinaria non capitalizzabile in quanto relativo ad un bene non di proprietà; lo stesso, in base al principio contabile n. 24, può essere, quindi, contabilizzato in due diversi modi a seconda che il bene cui si riferisce il costo abbia una propria autonomia o meno.  
In particolare, in base al principio contabile n. 24 detto costo è iscrivibile tra le immobilizzazioni immateriali nella voce “Costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi” se non è separabile dai beni immobili a cui si riferiscono, altrimenti è iscrivibile tra le “Immobilizzazioni materiali” nella specifica categoria di appartenenza. 
Fiscalmente tale costo, a seconda che risulti iscritto tra le 
“Immobilizzazioni materiali” o tra le “Altre immobilizzazioni immateriali” dello Stato Patrimoniale, concorre alla determinazione del reddito d’impresa, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 102 del TUIR, attraverso la procedura di ammortamento; ovvero, ai sensi dell’articolo 108, comma 3, del TUIR, come spesa relativa a più esercizi, nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio.   Giova evidenziare che non spetta il rimborso – ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972 - dell’IVA assolta sull’acquisto o realizzazione di impianto fotovoltaico collocato su beni di terzi quando l’impianto non è separabile dal bene immobile cui si riferisce, non potendo essere rimosso al termine del periodo di utilizzo. In tali casi, l’opera eseguita non è di proprietà del soggetto che l’ha realizzata, giacché in base ai principi  civilistici  accede ad un immobile di proprietà altrui. Di conseguenza, non può essere  iscritta nel bilancio come bene ammortizzabile proprio del soggetto che l’ha effettuata. 
Tali beni, in quanto non ammortizzabili,  non  rientrano, pertanto, nella previsione normativa di cui alla lettera c) del comma 3 del citato art. 30. 
5 Impianti fotovoltaici acquistati in leasing 
5.1 Imposte dirette 
Il diverso inquadramento degli impianti fotovoltaici come beni mobili o immobili, nel caso in cui gli stessi siano oggetto di un contratto di leasing, implica, ai fini delle imposte dirette, le seguenti conseguenze fiscali. 
 
5.1.1 Bene mobile 
Quando l’impianto è qualificabile come bene mobile e costituisce bene strumentale nell’esercizio dell’attività d’impresa, il canone di leasing di detto bene è deducibile sensi dell’articolo 102, comma 7, del TUIR il quale dispone che “per l’impresa utilizzatrice che imputa a conto economico  i canoni di locazione finanziaria, a prescindere dalla durata contrattuale prevista, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2 (n.d.r. d.m. 31 dicembre 1988),  in relazione all’attività esercitata dall’impresa stessa”.  
Quando l’impianto è realizzato da lavoratori autonomi e associazioni professionali che lo utilizzano nella propria attività il canone di leasing è deducibile ai sensi dell’articolo 54 del medesimo TUIR. 
     
5.1.2 Bene immobile  
Nell’ipotesi in cui l’impianto fotovoltaico che forma oggetto del contratto di leasing è qualificabile come bene immobile il citato articolo 102, comma 7, del TUIR dispone che “qualora l’applicazione della regola di cui al periodo precedente determini un risultato inferiore a undici anni ovvero superiore a diciotto anni, la deduzione è ammessa per un periodo, 
rispettivamente, non  inferiore a undici anni ovvero pari almeno a diciotto anni”. 

Per i lavoratori autonomi e le associazioni professionali che abbiano acquisito l’impianto nel periodo 1° gennaio 2007 – 31 dicembre 2009 e lo impieghino nell’ambito della loro attività, il canone di leasing è deducibile ai sensi dell’articolo 54 dello stesso TUIR. Al riguardo si ricorda che in base all’articolo 1, comma 335, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296, il costo di acquisizione di un immobile strumentale sostenuto da un professionista non è più fiscalmente deducibile, secondo la procedura  dell’ammortamento, se l’atto di acquisto ha avuto luogo successivamente al 31 dicembre 2009. 
5.2 IVA 
 Con riguardo all’ipotesi di locazione, anche finanziaria, dei beni in argomento, è applicabile l’articolo 3, secondo comma, n. 1, del DPR n. 633 del 1972,  secondo cui “Costituiscono inoltre prestazioni di servizi se effettuate verso corrispettivo: 
1) le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili;”. 
 Ai fini Iva, pertanto, in relazione ai contratti di leasing il soggetto concedente è tenuto ad applicare l’imposta provvedendo all’emissione della fattura, in corrispondenza di ognuno dei pagamenti periodici del canone. 
 Con riguardo all’ipotesi di locazione, anche finanziaria, degli impianti fotovoltaici qualificabili come beni immobili, ai fini del regime di assoggettamento ad IVA, sono applicabili le disposizioni previste per le locazioni di immobili strumentali dall’articolo 10, n. 8), del DPR 633 del 1972. Dette locazioni sono esenti da IVA tranne che nelle ipotesi in cui nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione. 
 Nell’ipotesi in cui il regime d’esenzione non trova applicazione, occorre  tenere presente che l’articolo 16, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972, dispone che per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili, l’imposta si applica con la stessa aliquota che sarebbe applicabile in caso di cessione dei beni dati con contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili. Pertanto, l’aliquota agevolata del 10 per cento prevista per i beni di cui al n. 127-quinquies) della tabella A, parte III, allegata al DPR n. 633 del 1972, risulta applicabile, oltre che nei casi di cessione del bene alla società di leasing, al riscatto del bene da parte dell’utilizzatore nonché alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di leasing aventi ad oggetto impianti fotovoltaici a fronte delle quali vengono pagati i canoni durante il periodo contrattuale.   I predetti criteri dettati dall’articolo 16, del DPR n. 633 del 1972 si applicano anche nelle ipotesi in cui il contratto di locazione finanziaria abbia ad oggetto un bene mobile.  
 Si applica, infine, l’aliquota IVA ordinaria ai contratti di locazione diversa da quella finanziaria (sia che gli impianti fotovoltaici siano qualificabili come beni immobili che come beni mobili); il citato articolo 16, infatti, non annovera tra le prestazioni alle quali lo stesso è applicabile la locazione, la quale, attesa la sua specificità giuridica, non risulta neanche assimilabile alle altre prestazioni dal medesimo contemplate. 
 
5.3 Imposte di registro e ipocatastali 
5.3.1 Locazione, anche finanziaria,  di impianti fotovoltaici qualificati come beni mobili 
Al fine di stabilire la corretta disciplina applicabile per l’imposta di registro ai contratti di locazione, anche finanziaria, di impianti fotovoltaici occorre definire, in via preliminare, la rilevanza, ai fini dell’IVA dell’operazione posta in essere. 
Come ricordato, infatti, l’articolo 40 del TUR dispone che l’imposta si applica in misura fissa quando gli atti relativi alle cessioni di beni e prestazioni di servizi sono soggetti all’imposta sul valore aggiunto.  
Pertanto, il contratto di locazione, anche finanziaria, di bene mobile  soggetto ad IVA, non formato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, deve essere assoggettato a registrazione solo in caso d’uso, con applicazione dell’imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’articolo 1, lettera b), della Tariffa, parte seconda, allegata al TUR.  
Se il contratto è, invece, formato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata la registrazione deve essere comunque effettuata in termine fisso, con applicazione dell’imposta nella misura fissa. 
Nel caso in cui, l’operazione di locazione sia esclusa dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (ad es. per carenza del requisito soggettivo in capo al cedente), il contratto deve essere, invece, comunque  assoggettato a registrazione in termine fisso, con applicazione dell’imposta in misura pari al 3%, applicabile sui corrispettivi pattuiti, ai sensi dell’articolo 9, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.  
 
5.3.2 Locazione di impianto fotovoltaico  qualificato come bene immobile 
I contratti di locazione, non finanziaria, di impianti fotovoltaici censiti o da censire al catasto fabbricati come opifici industriali (cat. D/1) ovvero come immobili rurali (cat. D/10) per i quali non trova applicazione l’IVA, (ad es. nei casi in cui il locatore non è un soggetto che esercita attività d’impresa ai sensi dell’articolo 4 del DPR n. 633 del 1972), devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso, con applicazione dell’imposta proporzionale nella misura del 2 per cento, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b), della Tariffa, Parte I, allegata al TUR.  
I contratti di locazione di immobili strumentali, che rientrano nel campo di applicazione dell’IVA, devono, invece, essere assoggettati all’imposta proporzionale di registro nella misura dell’1 per cento, ai sensi del combinato disposto degli articoli 40, comma 1- bis, del TUR e 5 comma 1, lett. a- bis), della Tariffa parte I, del TUR.  
La base imponibile è data dall’ammontare complessivo dei canoni pattuiti nel contratto, per l’intera durata dello stesso, ai sensi dell’art. 43, comma 1, lett. h), del TUR. 
 
5.3.3 Locazione finanziaria di  impianto  fotovoltaico qualificato come bene immobile 
Nel caso di locazione finanziaria di impianti fotovoltaici censiti o da censire al catasto fabbricati come opifici industriali (cat. D/1) ovvero come immobili rurali (cat. D/10) trovano applicazione le disposizioni introdotte dall’articolo 1, commi 15 e 16, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità per il 2011). 
A tal proposito, per effetto delle modifiche arrecate dall’articolo 1, comma 15, della legge di stabilità, all’articolo 1 della Tariffa, parte II, allegata al TUR, se il contratto di leasing immobiliare è formato per scrittura privata non autenticata deve essere assoggettato a registrazione solo in caso d’uso.  
Diversamente, i contratti formati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata devono essere assoggettati a tassazione in termine fisso secondo le regole ordinarie.  
Per quanto concerne la misura dell’imposta applicabile, in relazione ai contratti di locazione finanziaria torna ad operare il regime di alternatività IVARegistro di cui agli articoli 5, comma 2, e 40, primo periodo, del TUR .  
Pertanto, se il contratto di locazione finanziaria è formato per scrittura privata non autenticata, trova applicazione il disposto di cui all’articolo 5, comma 2, secondo cui “Le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”.  
Al verificarsi del caso d’uso, l’imposta deve essere, quindi, corrisposta in misura fissa ai sensi dell’articolo 1, lettera b), della Tariffa, parte seconda, allegata al TUR.  
Inoltre, si fa presente che la citata legge di stabilità ha previsto che l’acquisto di un bene immobile strumentale da parte di una società di leasing  è soggetto alle aliquote ordinarie previste dal TUIC, in base alle quali, per  le  cessioni  di  beni  immobili  strumentali,  le  imposte  ipotecaria  e  catastale  sono dovute nella misura rispettivamente del 3 per cento e dell’1 per cento se la cessione rientra nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, ovvero del 2 per cento e dell’1 per cento se la cessione  non  rientra  nel campo  di  applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.   
Da ultimo, in  base a quanto previsto dalla legge di stabilità in parola, in caso di esercizio dell’opzione di acquisto da parte dell’utilizzatore, ovvero in caso di cessioni  di immobili strumentali rivenienti  da  contratti  di  locazione  finanziaria  risolti  per  inadempienza dell’utilizzatore le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa. 

6 Disciplina dello scorporo del valore del terreno ai fini dell’ammortamento 
Nel caso in cui gli impianti fotovoltaici costituiscono beni immobili autonomamente accatastabili, ai fini dell’ammortamento degli stessi si deve applicare la disciplina  dello scorporo del valore del terreno prevista dall’articolo 36 del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006, convertito dalla legge n. 248 del 4 agosto 2006, recante disposizioni volte a rendere indeducibile l’ammortamento delle aree sulle quali insistono, tra l’altro, gli impianti fotovoltaici. 
Pertanto, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento dell’impianto deducibili, occorre far riferimento al costo complessivo dell’impianto che deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dall’impianto medesimo. Il costo da attribuire alle predette aree, come precisato dalla scrivente con circolare del 19 gennaio 2007, n. 1/E, nell’eventualità che non siano già state acquistate autonomamente in precedenza, sarà pari al maggiore tra: 
- il valore separatamente esposto in bilancio nell’anno di acquisto; 
- il valore ottenuto applicando il 20 per cento o - per i fabbricati industriali – il 30 per cento al costo di acquisto complessivo dell’immobile, comprensivo del valore dell’area. 
Come precisato nell’ultimo periodo del comma 7 dell’articolo 36 sono fabbricati industriali quelli destinati alla produzione o alla trasformazione di beni, tenendo conto della loro effettiva destinazione e prescindendo dalla 
classificazione catastale o contabile attribuita ai medesimi.  
Si ritiene, pertanto, che gli impianti fotovoltaici costituiscono fabbricati industriali, in quanto destinati alla produzione del bene energia mediante la conversione delle radiazioni solari, a prescindere dalla classificazione catastale. Conseguentemente, il costo da attribuire all’area sulla quale insistono detti impianti sarà pari al maggiore tra il valore separatamente esposto in bilancio  e quello ottenuto applicando il 30 per cento al costo di acquisto complessivo dell’immobile comprensivo del valore dell’area. 
In caso di acquisizione del solo diritto di superficie sul terreno sottostante l’impianto, ai fini dell’applicazione della disciplina dello scorporo è necessario verificare se il diritto è acquistato a tempo determinato o indeterminato.  
In particolare la disciplina dello scorporo non è applicabile quando il diritto di superficie è acquistato a tempo determinato, perché in tal caso il superficiario non acquista la proprietà del terreno ma solo un diritto,  mentre risulta applicabile quando il diritto di superficie è costituito a tempo indeterminato, perché la costituzione del diritto di superficie a tempo indeterminato è sostanzialmente assimilabile all’acquisto in proprietà del terreno (in tal senso si è espressa la scrivente con le risoluzioni n. 157/E del 5 luglio 2007 e n. 192/E del 27 luglio 2007). 
 
7 Applicazione della disciplina delle società non operative 
La disciplina delle società non operative è definita dall’articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724. Il richiamato articolo 30 considera di “comodo”, salvo prova contraria, le società che non superano il “test di operatività”, ossia quelle il cui ammontare di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi ordinari imputati a conto economico risulti inferiore al valore dei ricavi “figurativi”, calcolati mediante l’applicazione di prestabiliti coefficienti a determinati asset patrimoniali.  
Tale disciplina è stata concepita per contrastare le società che, al di là dell’oggetto sociale adottato, gestiscono il proprio patrimonio, perlopiù nell’interesse dei soci, senza esercitare un’effettiva attività d’impresa. La ratio di tale disciplina risiede, quindi, nella volontà di impedire il proliferare di società costituite esclusivamente con l’obiettivo di conseguire finalità estranee alla causa contrattuale, sostanzialmente prive dello scopo lucrativo. Allo stesso modo, la normativa intende scoraggiare la permanenza in vita di società, costituite senza finalità elusive, ma prive di obiettivi imprenditoriali concreti e immediati, cioè di società che, per diverse ragioni, non svolgono alcuna effettiva attività imprenditoriale. 
I soggetti che rientrano nell’ambito applicativo della disciplina possono, tuttavia, fornire prova contraria, mediante apposita istanza di interpello (c.d. disapplicativo) dimostrando all’Amministrazione finanziaria le situazioni oggettive che hanno impedito il raggiungimento della soglia di operatività e del reddito minimo presunto.     
Il comma 4-bis dell’articolo 30  della Legge 23 dicembre 1994 n. 724, infatti, dispone che “In presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell'articolo 37bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 
600”. 
 
7.1 Applicazione della disciplina delle società non operative  
La disciplina delle società non operative, in linea di principio, è applicabile anche ai soggetti che operano nel settore delle energie rinnovabili e, in particolare, nel fotovoltaico. A tal riguardo, ai fini della  disapplicazione della disciplina sulle società “di comodo” ai soggetti che producono energia fotovoltaica, è necessario analizzare, a titolo meramente ricognitivo, il funzionamento di tale mercato. 
Nel settore delle energie rinnovabili ricorre comunemente la prassi di costituire società anche sotto forma di Special Purpose Vehicle (di seguito SPV), partecipate da una società Holding, aventi la finalità di sviluppare i progetti delle energie rinnovabili nonché di gestire la costruzione degli impianti.  
Ogni società, prima di avviare l’attività di produzione (e successiva cessione) di energia, deve porre in essere una serie di attività preliminari quali, a titolo meramente esemplificativo, la ricerca dei siti ove ubicare gli impianti, il finanziamento, la progettazione e la costruzione degli stessi. Pertanto, solo al termine di tale iter la società o la SPV può iniziare a svolgere l’attività caratteristica conseguendo ricavi che, sostanzialmente, sono riconducibili a due componenti: una componente incentivante, rappresentata dalla “tariffa incentivante” o dalla “tariffa premio autoconsumo”- a seconda che il soggetto benefici dei Conti Energia Primo, Secondo, Terzo e Quarto, oppure del V Conto energia (illustrato nel paragrafo 10) - e una componente “prezzo di vendita”.  
La componente incentivante, costituisce la fonte di ricavo principale per il soggetto responsabile dell’impianto fotovoltaico e consiste in un contributo erogato per un periodo di 20 anni al soggetto responsabile dell’impianto in proporzione: 
- a tutta l’energia elettrica prodotta annualmente, se il soggetto beneficia dei Conti Energia dal Primo al Quarto;  
- alla quantità di energia prodotta e autoconsumata, se il soggetto beneficia del V Conto Energia.  
Tale contributo ha lo scopo di ristorare il soggetto titolare dell’impianto del costo sostenuto per l’investimento nonché di sostenere la produzione di energia mediante lo sfruttamento dell’impianto fotovoltaico per un lungo periodo (Cfr. circolare 19 luglio 2007, n. 46/E e successivo paragrafo 10.3).  
Per quanto concerne il prezzo di vendita a cui è possibile “collocare” l’energia prodotta, si precisa che lo stesso dipende dalle condizioni di vendita dell’energia prescelte dal produttore in quanto la vendita può avvenire con due diverse modalità: quella “indiretta”, stipulando una convenzione di ritiro dedicato con il Gestore dei Servizi Energetici (di seguito GSE), ai sensi della delibera dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (di seguito AEEG) n. 280/07, e quella “diretta”, attraverso la vendita in borsa o a un grossista (contratto 
bilaterale). 
Con la modalità di vendita “indiretta”, il produttore s’impegna a vendere l’energia direttamente al GSE ad un determinato prezzo che può essere diverso a seconda della potenza dell’impianto. In particolare, per gli impianti fino a 1 MW di potenza, il produttore può scegliere tra due prezzi, il prezzo minimo garantito (PMG) fissato dall’AEEG o il prezzo orario (PO) che corrisponde al prezzo effettivo di mercato; per gli impianti di potenza superiore a 1 MW il produttore può avere un unico prezzo rappresentato dal prezzo orario.   
Questo tipo di vendita “indiretta” dell’energia prodotta dall’impianto e immessa in rete è, di norma, quello più utilizzato dai possessori di impianti fotovoltaici, sia per la semplicità gestionale, sia perché assicura una maggiore stabilità di prezzo rispetto a quello praticato sul libero mercato. 
In alternativa alla vendita “indiretta” il produttore può scegliere di vendere “direttamente” l’energia in borsa oppure ad un trader/grossista di energia elettrica a un prezzo di cessione direttamente negoziato con quest’ultimo. Nel caso in cui il produttore decida di vendere l’energia in borsa, lo stesso deve presentare al Gestore dei Mercati Energetici (GME) una domanda di ammissione, sottoscrivere un contratto di adesione redatto secondo modelli predefiniti ed impegnarsi, tra l'altro, a pagare un corrispettivo di accesso, un corrispettivo fisso annuo e un corrispettivo per ogni MWh di energia scambiato. 
L’entità dei corrispettivi fissi e variabili richiesti per l’accesso diretto al mercato suggerisce che questo tipo di vendita “diretta” è, di norma, utilizzato per collocare sul mercato le produzioni di energia provenienti da impianti di “grande taglia”. 
Sulla base delle considerazioni sopra esposte emerge, dunque, che il mercato relativo alla produzione e vendita dell’energia elettrica derivante da fonte fotovoltaica si configura in genere come un mercato vincolato in cui gli operatori non godono di piena autonomia, in quanto, generalmente, la vendita di energia avviene da parte degli operatori a prezzi imposti, sulla base di specifici contratti stipulati con il GSE. 
Si ritiene, pertanto, che ai fini della verifica della sussistenza dei presupposti necessari per concedere la disapplicazione della disciplina delle società c.d. di comodo, non si possa prescindere dal particolare funzionamento di tale mercato. In tal senso, deve quindi essere valutata favorevolmente la richiesta presentata dalla società produttrice che dimostri, con motivazioni e relativa idonea documentazione, che i ricavi conseguiti, ancorché inferiori a quelli minimi calcolati ai sensi dell’articolo 30 della Legge n. 724/1994, siano stati determinati esclusivamente da fattori “esogeni”.  
In altri termini, in caso di mancato superamento del test di operatività da parte di un contribuente che scelga la vendita “indiretta”, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di disapplicazione lo stesso può addurre come giustificazione la circostanza che la vendita dell’energia avviene sulla base di specifici contratti stipulati con il GSE, che impone al produttore i prezzi di vendita.  
Nell’ipotesi in cui il contribuente opti per la vendita “diretta”, il mancato superamento del test di operatività impone al contribuente medesimo di dimostrare - ai fini dell’accoglimento dell’istanza di disapplicazione - di volta in volta, l’esistenza di quelle situazioni oggettive che non hanno permesso il conseguimento di ricavi almeno pari a quelli presunti per legge. 
Si precisa che ai fini del calcolo del “test di operatività” il contribuente deve applicare agli impianti fotovoltaici il coefficiente del 6 % previsto per i beni immobili, a prescindere dalla circostanza che gli stessi siano inquadrati come beni mobili o immobili,  nella considerazione che tali beni producono gli stessi ricavi indipendentemente dalla natura attribuita all’investimento per finalità tributarie. Analogamente ai fini del calcolo del reddito presunto ai suddetti impianti deve essere applicata la percentuale del 4,75 per cento prevista per tali asset.  
Come precisato nella circolare n. 48/E del 26/02/1997 e ribadito nella successiva circolare n. 25/E del 04/05/2007, nel calcolo dei ricavi presunti vanno escluse le immobilizzazioni materiali e immateriali “in corso”, in quanto ancora non suscettibili di utilizzazione e, quindi, non idonee a recare contributo alla produzione dei proventi. 
Ai fini del calcolo dei ricavi presunti, come chiarito dalla citata circolare n. 25/E del 2007, il valore dei beni e delle immobilizzazioni eventualmente acquistate o cedute nel corso di ciascun esercizio (ivi compreso il primo periodo d'imposta) dovrà essere ragguagliato al periodo di possesso espresso in giorni su base annuale. Nel caso in cui l'esercizio abbia durata inferiore o superiore all'anno il risultato ottenuto dovrà essere ragguagliato all'anno espresso in giorni. 
Il medesimo principio può essere esteso anche alle immobilizzazioni in corso. 
Ne consegue, dunque, che, qualora durante il periodo di imposta le immobilizzazioni in corso vengano completate e divengano idonee a produrre ricavi/proventi, il loro valore, ai fini del calcolo dei ricavi presunti, deve essere assunto  pro-rata temporis tramite il meccanismo del “ragguaglio a periodo”. 
A tal riguardo, sarà cura del contribuente dimostrare, con idonea documentazione contabile ovvero extracontabile, il momento preciso da cui le citate immobilizzazioni risultano idonee a produrre i componenti di reddito 
positivi. 
In ultimo, si evidenzia che, in linea generale, le suddette riflessioni non rilevano ai fini della disapplicazione della disciplina sulle “società in perdita sistematica”, introdotta dall’art. 2, commi da 36-decies a 36-duodecies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148. 
Ciò in quanto, gli elementi ritenuti apprezzabili ai fini della disapplicazione della disciplina sulle società in perdita sistematica potrebbero non interessare esclusivamente quelli valutati favorevolmente, in questa sede, ai fini della disapplicazione della disciplina sulle società non operative.  
 
7.2 Holding e disciplina società di comodo 
Qualora l’istanza di disapplicazione fosse presentata da una holding che partecipa una o più SPV, come chiarito nella circolare del 2 febbraio 2007, n 5/E, è necessario trasferire, in linea di massima, l’indagine sull’operatività in capo alle singole società partecipate.  
Con la circolare del 4 maggio 2007, n. 25/E  l’Amministrazione finanziaria ha precisato che non è possibile procedere all’emanazione del provvedimento disapplicativo a beneficio di una Holding, qualora sia stata rigettata l’istanza presentata da una (o più) delle società da essa partecipate. Ciò nondimeno, a seguito della emanazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 23681 del 14 febbraio 2008, che reca ulteriori cause di disapplicazione automatica della disciplina, la disapplicazione nei confronti delle Holding opera in tutti i casi in cui la stessa detenga partecipazioni in:  
1) società considerate non di comodo ai sensi dell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994;  
2) società escluse dall’applicazione della disciplina di cui al citato articolo 30 anche in conseguenza di accoglimento dell’istanza di disapplicazione;  3) società collegate residenti all’estero cui si applica il regime dell’articolo 168 del TUIR, limitatamente alle predette partecipazioni. 
La scrivente ha chiarito, con circolare del 14 febbraio 2008, n. 9/E che si è inteso valorizzare il meccanismo di “disapplicazione parziale”, in presenza della quale il contribuente è esonerato dall’applicazione della disciplina in commento, limitatamente alla medesima fattispecie.  
Al verificarsi di una o più delle fattispecie suddette, infatti, è consentito al contribuente (holding) di non tenere conto dei relativi asset (partecipazioni) in sede di determinazione del “test di operatività” e di calcolo del reddito minimo presunto. In altri termini, compete al contribuente “neutralizzare” l’effetto delle predette fattispecie, non applicando i coefficienti di redditività sul valore degli asset interessati dalla disapplicazione e non considerando gli eventuali ricavi iscritti a conto economico e direttamente correlabili agli asset medesimi.  
Resta fermo che in relazione ad eventuali altri asset, la holding resta assoggettata alla disciplina di cui all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994, ivi inclusa la possibilità di presentare apposita istanza di disapplicazione qualora ricorrano situazioni oggettive che abbiano reso impossibile il conseguimento dei ricavi e del reddito minimo previsto dalla normativa.  

8 Diritto di superficie su terreni destinati alla realizzazione di impianti fotovoltaici – 
La costruzione di un parco fotovoltaico o eolico può avvenire su un terreno detenuto a titolo di proprietà, ovvero a seguito della costituzione di un diritto reale di godimento, oppure per effetto di un contratto di locazione. 
Nello specifico caso in cui l’investimento viene realizzato su un terreno acquisito a seguito della costituzione di un diritto di superficie, si ritiene necessario esaminare i relativi effetti civili e fiscali. 
 Come noto, in base alla disposizione recata dall’articolo 952 del Codice Civile, il proprietario del fondo può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Pertanto, la peculiarità del diritto di superficie è quella di mantenere distinta la proprietà della costruzione dalla proprietà del suolo. 
 Con specifico riferimento all’oggetto costituente il diritto di superficie, si osserva che il termine “costruzione” utilizzato nel citato articolo 952 del codice civile non è esclusivamente riferibile ad opere infisse al suolo, in quanto non è incompatibile con la natura del diritto di superficie il fatto che le costruzioni possano essere abbattute o smontate con facilità per poi essere eventualmente 
ricostruite.  
Il diritto di superficie attribuisce, infatti, la facoltà di costruire e mantenere sul suolo altrui una costruzione, a prescindere dai suoi caratteri di stabilità o meno. Compete, quindi, al superficiario decidere che tipo di costruzione realizzare, se demolirla, ed eventualmente ricostruirla. A titolo esemplificativo, può ritenersi idonea alla costituzione del diritto di superficie anche una costruzione prefabbricata utilizzata in via transitoria, purché saldamente ancorata al suolo. 
Da quanto sopra delineato consegue pertanto che il termine “costruzione” utilizzato dall’articolo 952 del codice civile deve essere interpretato in base ad un criterio funzionalistico, per cui devono essere considerati alla stregua di immobili anche i beni suscettibili di utilizzazione permanente o quantomeno duratura nel luogo in cui si trovano, prescindendo dal sistema di unione o incorporazione al suolo concretamente utilizzato.  
Peraltro, le considerazioni sopra svolte sono direttamente avvalorate dalla disposizione di cui all’articolo 812 del codice civile che qualifica come beni immobili, fra gli altri, “i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all’alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione”.  
Ciò posto si ritiene che i parchi eolici e gli impianti fotovoltaici che costituiscono beni immobili, in quanto beni che presuppongono un collegamento con il luogo in cui sono impiantati e che comportano una duratura utilizzazione del bene in quel particolare luogo, possano senz’altro essere oggetto della costituzione di un diritto di superficie.  
Per quanto riguarda il trattamento fiscale da applicare al corrispettivo conseguito a seguito della cessione del diritto di superficie, si fa presente che l’articolo 9, comma 5, del TUIR prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento.    
Di conseguenza, ai fini della qualificazione tributaria da attribuire al corrispettivo conseguito dalla cessione del diritto di superficie, occorre applicare le norme fiscali che disciplinano la cessione a titolo oneroso dei beni immobili. Al riguardo si ricorda che, l’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR include tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni.  
E’ il caso di precisare, tuttavia, che l’equiparazione prevista dal citato articolo 9, comma 5, del TUIR, può operare esclusivamente qualora vengano posti a confronto due valori omogenei. In altri termini, il corrispettivo percepito a seguito della concessione del diritto di superficie può essere correttamente inquadrato nella fattispecie delineata all’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, esclusivamente nell’ipotesi in cui il medesimo diritto reale sia stato, in precedenza, acquistato a titolo oneroso.  
Si fa presente, al riguardo, che, posta l’esplicita equiparazione effettuata dal citato articolo 9, comma 5, del TUIR, nell’ipotesi in cui il corrispettivo percepito costituisca effettivamente un reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, risultano applicabili alla plusvalenza conseguita tutte le disposizioni dettate ai fini della cessione della piena proprietà. Pertanto, ad esempio, qualora fra la cessione e l’acquisto (a titolo oneroso) del diritto reale di godimento siano trascorsi più di cinque anni, la plusvalenza conseguita non può essere assoggettata a tassazione.  
Con riferimento alla determinazione della plusvalenza, il successivo articolo 68 del TUIR, al primo comma, stabilisce che la stessa è costituita dalla differenza fra i corrispettivi percepiti e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. 
Ne consegue che le considerazioni precedentemente svolte non valgono qualora il diritto reale di godimento sia concesso in mancanza di un precedente acquisto dello stesso a titolo oneroso. In tal caso, infatti, non si ritiene corretto scomputare dai compensi percepiti il costo sostenuto per l’acquisto della piena proprietà dell’immobile, in quanto, così facendo, si confronterebbero due valori non omogenei (corrispettivo percepito per la concessione di un diritto reale di godimento a fronte di un costo sostenuto per l’acquisto della piena proprietà).    
In tali ipotesi, pertanto, i compensi percepiti dal titolare del fondo per la costituzione del diritto di superficie non possono essere inclusi fra i redditi diversi di cui al comma 1, lettera b, dell’articolo 67 del TUIR, posto che il diritto ceduto non è stato acquisito a titolo derivativo (vale a dire non è stato acquistato a titolo oneroso presso un precedente titolare). Al riguardo, la risoluzione 31 marzo 2003, n. 78, ha precisato che la cessione di beni immobili acquistati a titolo originario non può essere ricondotta fra le fattispecie ricomprese nell’attuale articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR. 
Tale soluzione interpretativa trova riscontro nella ratio della disposizione in commento, la quale ha la finalità di sottoporre a tassazione le cessioni di beni immobili che, effettuate entro un quinquennio dall’acquisto o costruzione, possono dare luogo ad operazioni di carattere speculativo. Solo a tal fine, la medesima disposizione reca la presunzione per cui, laddove sia decorso più di un quinquennio dall’acquisto o dalla costruzione del bene immobile, la successiva cessione da parte del proprietario del bene non determina alcun fenomeno speculativo da assoggettare a tassazione. 
Tale presunzione è giustificata dalla circostanza che la fattispecie normativa riguarda l’acquisto e la definitiva cessione del bene, vicenda quest’ultima che,  ad avviso del legislatore, pone comunque termine alle possibili operazioni speculative da parte del titolare del bene. Una volta ceduto il bene immobile, infatti, il proprietario non può più effettuare atti di disposizione sul bene medesimo che, di conseguenza, non può più costituire fonte di reddito da assoggettare eventualmente a tassazione. 
La costituzione a favore di terzi di un diritto reale di godimento (quale il diritto di superficie), non determina invece alcun effetto estintivo della titolarità del diritto di proprietà in capo all’originario proprietario, e, pertanto, non estingue ulteriori (seppure, naturalmente, eventuali) vicende speculative sul bene.  
Il concedente il diritto reale di godimento, infatti, una volta riacquisita la piena proprietà del bene, avrebbe, ad esempio, la facoltà di costituire nuovamente diritti reali sullo stesso, seguitando così a sfruttarne la potenzialità reddituale, ovvero a cederne l’intera proprietà, incassando corrispettivi che sarebbero sempre ed in ogni caso esenti da tassazione, in quanto detentore del bene da oltre un quinquennio. 
Pertanto, si ritiene che, con specifico riguardo ai compensi percepiti dal titolare del fondo a seguito della costituzione del diritto di superficie acquisito a titolo originario (senza, vale a dire, aver sostenuto un costo oggettivamente determinabile e direttamente riferibile al diritto ceduto), gli stessi debbano essere inclusi nella fattispecie recata dall’articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR, vale a dire fra i redditi diversi derivanti dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.  
Conseguentemente, ai fini della determinazione della plusvalenza da assoggettare a tassazione, trova applicazione la disposizione recata dall’articolo 71, comma 2, del TUIR. In particolare, il reddito da sottoporre a tassazione è costituito dalla differenza fra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le 
spese specificamente inerenti alla sua produzione.  

Con specifico riferimento all’imposizione indiretta, si fa presente che ai fini IVA l’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce che costituiscono cessione di beni “gli atti che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”. Conseguentemente, qualora l’oggetto della concessione del diritto di superficie sia un terreno, sulla stessa deve applicarsi l’aliquota IVA ordinaria. 
Tuttavia, in base a quanto disposto dal terzo comma, lettera c), del predetto articolo 2, non sono considerate cessioni di beni quelle che hanno per oggetto terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria. A tali fini, la medesima disposizione prevede che non costituisce utilizzazione edificatoria la costruzione di opere da realizzare in zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale. Pertanto, le ipotesi sopra descritte sono da considerarsi fuori dal campo dell’applicazione dell’IVA anche a seguito di costituzione o trasferimento 
di diritti reali.  
Con riferimento all’applicazione dell’imposta di registro, si fa presente che in base al disposto dell’articolo 1 della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (TUR), gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento sono assoggettati all’imposta nella misura dell’8 per cento. Tuttavia, nell’ipotesi in cui oggetto della concessione del diritto di superficie sia un terreno agricolo, l’imposta è applicata nella misura del 15 per cento. 
Come ricordato al paragrafo 3.3.2, cui si rinvia, si precisa che per effetto delle modifiche introdotte con l’articolo 10 del D. LGS. 14 marzo 2011, n. 23, all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, gli atti aventi ad oggetto la concessione del diritto di superficie di cui si tratta, stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2014, saranno soggetti ad imposta di registro nella misura proporzionale del 9% . 

9 Locazione di terreni destinati alla realizzazione di impianti fotovoltaici 
Per individuare il trattamento applicabile, ai fini IVA, alla locazione del terreno sul quale s’intende realizzare un impianto fotovoltaico occorre stabilire se la costruzione dell’impianto fotovoltaico comporti una variazione della destinazione urbanistica del terreno.  
Al riguardo, l’art. 12 del D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, (concernente l’attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) dispone che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati, tra l’altro, da energia solare, sono soggetti ad una autorizzazione unica rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione. Detta autorizzazione, accordata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le Amministrazioni interessate, costituisce titolo a costruire gli impianti in esame e, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. 
Il predetto art. 12 stabilisce, altresì, al comma 7, che gli impianti di produzione di energia elettrica di cui trattasi possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, con l’obbligo di tenere conto delle norme in tema di sostegno nel settore agricolo (valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, tutela della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale). 
L’art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, secondo cui “Ai fini dell’applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile  1986, n. 131, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.”.  
In base alle disposizioni vigenti, quindi, ai fini fiscali, la costruzione dell’impianto fotovoltaico non comporta l’automatica classificazione del terreno sul quale lo stesso sorge quale “area edificabile”. Ciò, in quanto, in base agli strumenti urbanistici vigenti nell’area interessata, gli impianti fotovoltaici, coerentemente al citato art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003, possono essere ubicati anche in aree classificate come zone agricole dai vigenti piani urbanistici (in tal senso cfr. Risoluzione n. 112/E del 2009). 
Tanto premesso, si evidenzia che al contratto di locazione del terreno sul quale sarà realizzato l’impianto fotovoltaico sarà applicabile, alternativamente, il seguente trattamento: 
- esente da IVA, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 8) ove il terreno oggetto di locazione è da qualificare come terreno non suscettibile di utilizzazione edificatoria; 
- imponibile IVA ad aliquota ordinaria, ove il terreno oggetto di locazione è da qualificare come terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria. 
Ai fini dell’imposta di registro, nell’ipotesi in cui l’affitto del terreno sul quale verrà realizzato l’impianto fotovoltaico rientri nel regime di esenzione dall’IVA di cui all’articolo 10, comma 1, n. 8) del DPR n. 633 del 1972, - in considerazione della deroga al principio di alternatività Iva-Registro prevista dall’articolo 40 del TUR - l’imposta di registro è dovuta nella misura dello 0,50 per cento, se l’affitto ha ad oggetto un fondo rustico, e nella misura del 2 per cento negli altri casi, ai sensi dell’articolo 5, lettere a) e b), della Tariffa, parte prima, allegata al TUR. 
Per gli affitti di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, imponibili ai fini IVA, l’imposta di registro è, invece, dovuta nella misura fissa di euro 67,00.  
Nel caso in cui l’affitto del terreno non rientri nel campo di applicazione dell’IVA, per la registrazione del contratto deve essere corrisposta, in linea generale, l’imposta di registro nella misura del 2 per cento, salvo che non si tratti di fondo rustico, per il quale trova, invece, applicazione l’imposta di registro nella misura dello 0,50%, ai sensi del richiamato articolo 5 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR. 
10 Trattamento fiscale V Conto Energia 
Con decreto 5 luglio 2012 emanato dal Ministero dello Sviluppo 
Economico, di concerto con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,  è stato introdotto per i produttori di energia da fonte fotovoltaica un nuovo sistema di incentivazione denominato “V Conto Energia”. 
Tale nuovo sistema consiste nella corresponsione, ai produttori di energia fotovoltaica, di due diversi incentivi: “tariffa premio” e “tariffa omnicomprensiva”,  erogati, rispettivamente, in relazione all’energia prodotta e auto consumata e all’energia prodotta e immessa in rete.  
Inoltre, per tutti gli impianti di potenza nominale superiore a 1 MW,  la cui  energia resta nella disponibilità del produttore che la vende a soggetti diversi dal Gestore dei Servizi Energetici (di seguito, GSE), il legislatore ha previsto a favore del produttore stesso, l’erogazione di un altro incentivo, commisurato all’energia ceduta, rappresentato da un importo pari alla differenza tra la tariffa omnicomprensiva e il prezzo zonale orario.  
Prima dell’introduzione del “V Conto Energia”, il meccanismo di incentivazione previsto per i produttori di energia fotovoltaica era rappresentato dalla c.d. “tariffa incentivante”. Tale tariffa, introdotta dall’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, consiste in una somma di denaro erogata in relazione alla quantità di energia prodotta (quindi a prescindere dall’uso che il proprietario fa dell’energia stessa) per un determinato periodo di tempo, pari a 20 anni, allo scopo di garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio. 
La suddetta tariffa, denominata anche “conto energia”, nel corso degli anni, pur mantenendo le stesse caratteristiche, ha subito delle modifiche che hanno portato alla nascita del  “Secondo Conto Energia”, del  “Terzo Conto Energia” e del “Quarto Conto Energia”, che si differenziano tra di essi in quanto prevedono la corresponsione di un diverso importo della tariffa incentivante a seconda del periodo in cui gli impianti entrano in funzione.  
In merito alla suddetta tariffa la scrivente ha fornito chiarimenti sul relativo trattamento fiscale, con circolare del 19 luglio 2007, 46/E.  
Tanto premesso, nel ricordare che le indicazioni rese con la citata circolare continuano ad esplicare effetti con riferimento a tutti i Conti energia fino al “Quarto”, si ritiene che per i principi in esso contenuti lo stesso costituisca un punto di riferimento anche per il “Quinto conto energia”, in relazione al quale si procede, tuttavia, a fornire qui di seguito ulteriori precisazioni posto che lo stesso presenta caratteristiche diverse rispetto ai precedenti conti energia. 
 
 
10.1 Le tariffe incentivanti: tariffa premio,  tariffa omnicomprensiva e differenza tra tariffa omnicomprensiva e prezzo zonale 
Il decreto 5 luglio 2012, concernente  “Attuazione dell’art. 25 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici (c.d. Quinto Conto Energia)”, emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, all’articolo 5, comma 1, titolato “Tariffe incentivanti”, al primo periodo dispone che “Fermo restando le determinazioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas in materia di dispacciamento, per gli impianti di potenza nominale fino a 1 MW, il GSE eroga, in riferimento alla quota di produzione netta immessa in rete, una tariffa omnicomprensiva, determinata sulla base della potenza e della tipologia di impianto ed individuata, rispettivamente per gli impianti fotovoltaici, per gli impianti integrati con caratteristiche innovative e per gli impianti fotovoltaici a concentrazione negli Allegati 5, 6 e 7”. 
Lo stesso comma nel secondo periodo stabilisce che “Per tutti gli impianti di potenza nominale superiore ad 1 MW, il GSE eroga, in riferimento alla quota di produzione netta immessa in rete, la differenza, se positiva, fra la tariffa omnicomprensiva di cui agli Allegati 5,6 e 7, e il prezzo zonale orario; tale differenza non può essere superiore alle tariffe omnicomprensive di cui ai medesimi allegati; l’energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 1 MW resta nella disponibilità del produttore”.  In relazione all’energia prodotta e non immessa in rete perché auto consumata, la disposizione in parola nell’ultimo periodo precisa che “Sulla quota della produzione netta consumata in sito è attribuita, invece, una tariffa premio, individuata nei medesimi Allegati 5,6 e 7”. 
In sostanza, il “Quinto Conto Energia”, che sostituisce il meccanismo d’incentivazione finora basato sul riconoscimento di una tariffa incentivante su tutta l’energia prodotta dall’impianto, prevede l’erogazione di due diversi incentivi calcolati in base all’effettivo utilizzo dell’energia prodotta. Lo stesso risulta composto infatti: 
1. da una “tariffa omnicomprensiva”, per l’energia immessa in rete derivante da impianti di potenza fino a 1 MW, e da una “tariffa premio” per l’energia netta consumata in sito; 
oppure 
2. da un importo, pari alla differenza tra la tariffa omnicomprensiva e il prezzo orario zonale, per l’energia immessa in rete derivante da impianti di potenza superiore a 1 MW, e da una “tariffa premio” per l’energia netta consumata in sito. 
 
10.2 Soggetti beneficiari 
Ai sensi degli articoli 7, 8 e 9 del decreto i soggetti beneficiari delle tariffe incentivanti sono, a seconda delle caratteristiche degli impianti, le persone fisiche, le persone giuridiche, i soggetti pubblici e i condomini di unità immobiliari ovvero di edifici. 
Tali soggetti devono fare l’atto di richiesta degli incentivi al GSE seguendo le regole applicative emanate in data 7 agosto 2012 dallo stesso GSE, ai sensi dell’articolo 10, comma 5, del decreto in commento.  

10.3 Tariffa premio 
La “tariffa premio” per autoconsumo è così denominata perché viene erogata in relazione alla quantità di energia elettrica prodotta dall’impianto e  contemporaneamente auto consumata dal produttore.  
La stessa è corrisposta dal GSE in assenza di un rapporto sinallagmatico, non dovendo il produttore di energia  effettuare alcuna prestazione nei confronti del soggetto erogante.  
Lo scopo della tariffa premio è, dunque, quello di spingere il produttore ad utilizzare l’energia prodotta incrementando il risparmio che lo stesso già consegue non acquistando energia elettrica, con un ulteriore vantaggio economico che consente al titolare dell’impianto di recuperare i costi sostenuti per effettuare l’investimento.    
In tal senso la “tariffa premio” è allora assimilabile alla “tariffa incentivante” di cui al citato articolo 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003;  conseguentemente, in linea con quanto già chiarito dalla scrivente nella menzionata circolare n. 46/E del 2007, la stessa rappresenta un contributo a fondo perduto che: 
- ai fini IVA risulta escluso dal campo di applicazione, in quanto non vi è alcun rapporto sinallagmatico tra il soggetto erogante e il soggetto ricevente la tariffa anche nel caso in cui sia corrisposta a soggetti che realizzano l'impianto fotovoltaico nell'esercizio di un’attività di impresa, arte o professione; 
- ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP è imponibile se percepita nell’ambito di un’attività commerciale;  
- ai fini delle ritenute, è assoggettata alla ritenuta alla fonte a titolo di acconto del 4% ai sensi del comma 2, dell'articolo 28, del DPR n. 600 del 1973, qualora sia corrisposta ad imprese o ad enti non commerciali per gli impianti che attengono all'attività commerciale. 
 
10.4 Tariffa omnicomprensiva 
La “tariffa omnicomprensiva” è l’incentivo che viene erogato dal GSE al responsabile dell’impianto fotovoltaico, in relazione all’energia immessa in rete. 
La stessa è così denominata, in quanto, incorpora  una quota incentivante e il corrispettivo per la vendita dell’energia al GSE. 
Fiscalmente tale tariffa, ancorché si componga di due quote, si configura come corrispettivo in quanto è corrisposta unitariamente a fronte dell’immissione in rete dell’energia elettrica prodotta e non auto consumata . Pertanto, poiché è erogata in relazione alla cessione di un bene (energia), la stessa, se percepita da un soggetto che svolge attività commerciale o agricola ai sensi degli articoli 2195 e 2135 del codice civile, ovvero attività di lavoro autonomo, è rilevante ai fini dell’IVA, delle imposte dirette e dell’IRAP. 
 
10.5 Differenza tra tariffa omnicomprensiva e prezzo zonale orario 
Per gli impianti di potenza superiore a 1 MW i soggetti responsabili restano proprietari dell’energia prodotta, che possono vendere, anziché al GSE, direttamente sul mercato ad un prezzo orario zonale. 
  Tale prezzo zonale, com’è noto,  varia in base alla zona geografica e all’ora di immissione in rete dell’energia, pertanto lo stesso potrebbe essere maggiore, uguale o inferiore alla tariffa omnicomprensiva normalmente corrisposta dal GSE ai soggetti titolari di impianti di potenza inferiore a 1 MW che immettono energia in rete. 
Nel caso in cui la tariffa omnicomprensiva sia superiore al prezzo orario zonale, il legislatore, per garantire al produttore dell’energia un guadagno almeno pari al prezzo minimo garantito erogato dal GSE ai produttori di energia titolari di impianti di potenza inferiore a 1 MW, ha previsto che lo stesso GSE corrisponda ai titolari di impianti di potenza superiore a 1 MW l’eventuale differenza. 
La corresponsione di tale differenza deriva dunque dalla considerazione che poiché la tariffa omnicomprensiva (che risulta composta da due quote, una rappresentata dal prezzo e l’altra dall’incentivo), viene erogata con lo scopo di consentire al produttore di energia di recuperare anche i costi sostenuti per realizzare l’investimento, il legislatore per evitare disparità, ha voluto assicurare anche ai titolari di impianti di dimensioni maggiori a 1 MW, la cui energia viene venduta sul libero mercato, un corrispettivo che consente loro di coprire anche i costi d’investimento.   
Tale conclusione è suffragata dal tenore letterale dell’articolo 5, comma 1, del citato decreto 5 luglio 2012 secondo cui l’incentivo viene erogato al fine di compensare il divario di valore esistente tra la tariffa omnicomprensiva che il produttore percepirebbe qualora vendesse l’energia al GSE e il prezzo zonale orario che lo stesso produttore riceve qualora venda l’energia a terzi 
Da un punto di vista fiscale detta differenza si configura, quindi, come integrazione di prezzo ai sensi dell’articolo 13, primo comma, ultima parte, del DPR n. 633 del 26 ottobre 1972.  
Conseguentemente lo stesso assume rilevanza ai fini dell’IVA, delle imposte dirette e dell’IRAP. In particolare ai fini IVA l’aliquota applicabile all’importo erogato dal GSE è pari all’aliquota applicata dal produttore di energia alla cessione sul mercato. 


Fonte: Circolare Agenzia Entrate 36/E del 19 dicembre 2013

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