In tema di rimborso o sgravio dei dazi relativi a un’obbligazione doganale ritenuta inesistente, l’articolo 236, paragrafo 1, del codice doganale comunitario, istituito dal regolamento (Cee) n. 2913/92, del 12 ottobre 1992, consente di procedere al rimborso dei dazi all’importazione “quando si constati che al momento del pagamento il loro importo non era legalmente dovuto o che l’importo è stato contabilizzato contrariamente all’articolo 220, paragrafo 2”, aggiungendo al riguardo che “non vengono accordati né rimborso né sgravio qualora i fatti che hanno dato luogo al pagamento o alla contabilizzazione di un importo che non era legalmente dovuto risultano da una frode dell’interessato”.

In deroga alla norma soprarichiamata, l’articolo 889, paragrafo 1, del regolamento (Cee) n. 2454/93, del 2 luglio 1993, recante le disposizioni di applicazione del codice doganale comunitario, prevede che “quando la domanda di rimborso o di sgravio si fondi sull’esistenza, alla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica delle merci, di un dazio all’importazione ridotto o nullo applicabile nel quadro di un … regime tariffario preferenziale, il rimborso o lo sgravio è concesso se, alla data della presentazione della domanda, corredata dei documenti necessari …, non sia stato ripristinato il dazio normalmente da pagare. Tuttavia, il rimborso o lo sgravio è concesso anche se non sono soddisfatte le condizioni di cui al comma precedente, quando, per un errore commesso dalla stessa autorità doganale, il dazio ridotto o nullo non sia stato applicato a merci la cui dichiarazione per la libera pratica comportava tutti gli elementi stabiliti ed era accompagnata da tutti i documenti necessari per l’applicazione di tale dazio ridotto o nullo”.

Con la sentenza in rassegna, la Corte di giustizia si è pronunciata sulla corretta applicazione della riportata previsione dell’articolo 889, nell’ambito di una controversia relativa a taluni avvisi di accertamento per la riscossione di dazi all’importazione emessi a seguito di un controllo a posteriori a causa della non conformità di timbri figuranti su certificati di circolazione delle merci Eur.1.

In particolare, la fattispecie riguarda partite di fibre sintetiche immesse in libera pratica in virtù dell’origine dichiarata (nel caso di specie, la Nigeria), con la concessione del dazio doganale preferenziale “zero” previsto dall’Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Stati Acp), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000; nella circostanza, le Autorità doganali avevano rinunciato alla presentazione e all’esame dei certificati Eur.1 indicati nelle dichiarazioni doganali.

Successivamente, in occasione di un controllo a posteriori, le Autorità avevano riscontrato la difformità dei timbri apposti dai competenti organi dello Stato di esportazione sui certificati Eur.1 rispetto al facsimile trasmesso alla Commissione dagli organi medesimi; per tale motivo, i certificati Eur.1 non venivano accettati e veniva imposto il pagamento dei dazi doganali all’importazione, con l’avvertenza che, previa presentazione di un nuovo certificato Eur.1, sarebbe stato possibile il rimborso dei dazi riscossi.
Presentati i certificati Eur.1 muniti di timbri conformi, la società importatrice chiedeva il rimborso dei dazi doganali versati a seguito degli avvisi di accertamento. Tuttavia, l’Autorità doganale respingeva la domanda di rimborso, in quanto, in virtù dell’articolo 889 del regolamento n. 2454/93, un rimborso può essere accordato solo se la tariffa preferenziale che era in vigore al momento in cui le merci sono state immesse in libera pratica sia ancora applicabile al momento del deposito della domanda di rimborso.

Al riguardo, la Corte di giustizia ha osservato che la deroga all’applicazione del citato articolo 236 del codice doganale comunitario, prevista all’articolo 889, paragrafo 1, primo comma, secondo trattino, del regolamento n. 2454/93 riguarda, secondo la lettera di quest’ultima disposizione, solo i casi in cui una merce venga immessa in libera pratica in applicazione del dazio doganale normalmente dovuto, ma risulti successivamente che avrebbero potuto essere invocati un dazio doganale ridotto, o addirittura un’esenzione doganale, in virtù, ad esempio, di un regime preferenziale.

Conseguentemente, in una situazione come quella oggetto del presente giudizio, in cui un regime tariffario preferenziale è stato chiesto e concesso all’atto dell’immissione in libera pratica delle merci e solo successivamente, nel quadro di una verifica a posteriori intervenuta dopo la scadenza del regime tariffario preferenziale e il ripristino del dazio normalmente dovuto, le Autorità dello Stato di importazione hanno proceduto alla riscossione della differenza rispetto al dazio doganale applicabile alle merci originarie di paesi terzi, l’articolo 889, paragrafo 1, primo comma, secondo trattino, del regolamento n. 2454/93 non può ostacolare una domanda di rimborso di detta differenza.


Fonte: Agenzia Entrate

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