In tema deducibilità dei costi documentati da fatture relative ad operazioni asseritamene inesistenti, l’onere di fornire la prova che l’operazione rappresentata dalla fattura non è stata mai posta in essere incombe all’Amministrazione finanziaria e può essere adempiuto, ai sensi del DPR n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, non ostandovi il divieto della doppia presunzione, il quale attiene esclusivamente alla correlazione tra una presunzione semplice con altra presunzione semplice, e non può quindi ritenersi violato nel caso in cui da un fatto noto si risalga ad un fatto ignorato, che a sua volta costituisce la base di una presunzione legale (Cass. n. 1023 del 2008; n. 10157 del 2010). Ne consegue, ai fini della corretta applicazione della regola del riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., che, una volta forniti dall’Amministrazione finanziaria elementi indiziari – dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza – della discordanza tra l’operazione rappresentata in fattura e quella diversa effettivamente realizzata ovvero non affatto realizzata dalle parti, passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. n. 9108 del 2012).
 
Sentenza n. 25467 del 13 novembre 2013 (udienza 23 settembre 2013)
Cassazione civile, sezione V - Pres. Cirillo Ettore – Est. Olivieri Stefano
Operazioni inesistenti – Indeducibilità costi – Onere esistenza operazioni sul contribuente

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