La Commissione europea, con una decisione adottata nel settembre 2011, ha stabilito che non è possibile accogliere, nel caso di specie, la richiesta di rimborso di un dazio versato sull’importazione di conserve alimentari. A motivazione di tale diniego, la mancata presentazione del certificato di origine agricola che doveva necessariamente essere presentato nel momento in cui la merce era immessa in libera pratica.

La decisione impugnata
Con la decisione REM02/09 del 16 settembre 2011 la Commissione europea ha accertato che non è giustificato lo sgravio di dazi all’importazione riferiti ad un operazione di compravendita di conserve alimentari provenienti dalla Cina.

Il ricorso della società
La parte ricorrente, una società di diritto tedesco, ha chiesto l’annullamento della decisione controversa adottata dalla Commissione europea ricorrendo al Tribunale dell’Unione europea. A sostegno di tale richiesta, la società ha fatto valere sostanzialmente tre motivi. In primis, il principale motivo del ricorso si fonda su fatto che viene contestato alla stessa Commissione la valutazione in base alla quale avrebbe riscontrato un clamoroso errore da parte delle autorità doganali tedesche. In secondo luogo, la Commissione non ha tenuto in considerazione la situazione particolare rappresentata dalla importazione di conserve alimentari dalla Repubblica cinese che non può essere trattata alla stregua di una normale operazione di importazione di prodotti. Si palesa, pertanto, la sussistenza di un errore di diritto di natura sostanziale in quanto non è stato effettuato alcun distinto controllo. Per finire, un ultimo motivo a sostegno del ricorso verte sulla violazione dei principi generali del diritto.

L’analisi del tribunale europeo
Come abbiamo visto il primo motivo del ricorso è costituito dal dubbio circa il paventato errore che sarebbe stato commesso dalle autorità doganali tedesche. Al riguardo, a propria difesa, la società proponente il ricorso sottolinea che pur ammettendo la sussistenza dell’errore non ha e non avrebbe potuto accorgersi dell’asserito errore. Proprio a detta ragione, in considerazione della buona fede, non può addebitarsi una mancanza di diligenza. Inoltre, in considerazione della complessità della situazione giuridica e della pluriennale esperienza doganale, la società ricorrente avrebbe potuto invocare la sussistenza del legittimo affidamento.  Da costante giurisprudenza sulle controversie legate alle dichiarazioni in dogana, emerge come il soggetto dichiarante è tenuto a fornire alle autorità doganali competenti tutte le informazioni sulla legislazione nazionale e comunitaria in vigore e relative allo specifico caso di dichiarazione. La Commissione, al riguardo, ha riconosciuto come ai fini della tassazione del caso la società dichiarante ha espletato correttamente la procedura in dogana eccetto la mancata presentazione del certificato di origine agricola dei prodotti importati. Ma la mancata presentazione di detto certificato è legato ad una mancata richiesta da parte delle autorità doganali tedesche. Mancata richiesta legata alla prassi operativa adottata dalle autorità in questione.  Appurato il fatto che la ricorrente ha comunque rispettato le pratiche per la dichiarazione in dogana, resta fermo il fatto che è stato commesso, un errore, consistente nella mancata richiesta del certificato di origine dei prodotti, dalle autorità doganali tedesche. In tale ottica, se da una parte occorre considerare l’esperienza delle autorità doganali dall’altra assume rilevanza la natura stessa dell’errore. Le considerazioni che hanno portato i membri della Commissione quasi come ad autorizzare il comportamento delle autorità doganali che, a difetto, non hanno richiesto il certificato di origine sono dettate da motivi giustificati dalla necessità di incoraggiare i singoli operatori economici a denunciare gli errori commessi dalle autorità doganali. Ne consegue che il comportamento della società ricorrente non è stato propriamente diligente, in quanto non ha fornito informazioni sul certificato di origine. In conclusione, il principale motivo del ricorso deve considerarsi interamente non fondato.

Il giudizio finale
Con la decisione impugnata, il Tribunale dell’Unione europea ha concluso che non è possibile accogliere, nel caso di specie, la richiesta di rimborso di un dazio versato sull’importazione di conserve alimentari in quanto per errore non è stato presentato il certificato di origine agricola al momento di messa in libera pratica della merce. Non potendo giustificare la concessione del rimborso, sulla base dell’errore commesso in dogana, il Tribunale dell’Unione europea si è pronunciato respingendo il ricorso. Come da procedura, la decisione dei giudici del Tribunale dell’Unione europea può essere oggetto, entro il  termine di due mesi, di una impugnazione su questioni di diritto dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Il tribunale dell’Unione europea costituisce, insieme alla Corte di giustizia e al Tribunale della funzione pubblica, il trio di organi giurisdizionali europei.


Fonte: Agenzia Entrate

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