È inammissibile l'appello del contribuente che non ha depositato copia dell'atto, non notificato tramite ufficiale giudiziario, presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale. Tale inadempimento non può essere sanato invocando l'omessa comunicazione allo stesso contribuente, da parte della segreteria della Commissione tributaria regionale, degli adempimenti processuali necessari per evitare la grave sanzione processuale.
Lo ha precisato la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 13121 del 27 maggio 2013.

I fatti
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale che dichiarava inammissibile l'appello dallo stesso proposto per mancato adempimento dell'onere di cui all'articolo 3-bis, comma 7, del Dl 203/2005.
La Corte, condividendo la proposta del relatore di rigetto del ricorso, ha affermato che "Nessun onere si può … configurare a carico delle segreterie delle commissioni tributarie di comunicare alle parti (nel caso di specie, professionista della materia tributaria) quali adempimenti siano necessari per l'ammissibilità dell'appello …".

Osservazioni
Nella fattispecie sottoposta all'esame della Corte, il contribuente non ha posto in essere gli adempimenti previsti dal decreto legislativo 546/1992, con riferimento alla "forma dell'appello".
In particolare, ha violato l'articolo 53, comma 2, del predetto decreto nel periodo aggiunto dall'articolo 3-bis, del Dl 203/2005, secondo il quale "Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l'appellante deve, a pena d'inammissibilità, depositare copia dell'appello presso l'ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata".

L'ordinanza evidenzia le conseguenze che subisce l'atto di appello, nel caso in cui l'appellante principale, che opti per la forma notificatoria dell'impugnazione non affidata all'ufficiale giudiziario, non depositi copia dell'atto di appello presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale.
Questo adempimento, prescritto per il perfezionamento dell'impugnazione notificata sia per posta sia tramite consegna diretta in epoca successiva al 3 dicembre 2005 (data di entrata in vigore del Dl 203/2005), presenta le stesse finalità dell'articolo 123, disposizioni attuative del codice di procedura civile (circolare 10/E del 13 marzo 2006), secondo cui l'ufficiale giudiziario che ha notificato un atto d'impugnazione, in forza dei suoi doveri di ufficio e della responsabilità disciplinare, civile o penale che sorgerebbe a suo carico in caso di inadempimento, ha l'obbligo di fornire "immediato avviso scritto" di tale notificazione alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; il cancelliere deve fare annotazione dell'impugnazione sull'originale della sentenza.

Per l'appello notificato senza il tramite dell'ufficiale giudiziario, invece, è la parte ricorrente a essere obbligata a informare tempestivamente la segreteria del giudice di primo grado, impedendo l'erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza della Commissione provinciale comunque gravata da appello del quale il primo giudice non sia venuto a conoscenza.
Ciò per il duplice obiettivo perseguito dal legislatore, da un lato, di non gravare la segreteria del giudice di appello di compiti informativi necessariamente intempestivi (perché successivi alla costituzione in giudizio dell'appellante) e organizzativamente onerosi e, dall'altro, di assicurare la tempestività e la completezza della comunicazione dell'impugnazione, proprio ponendola a carico dell'appellante (cfr Corte costituzionale, sentenza 321/2010).
Obbligo che, nella fattispecie esaminata dalla Corte, risultava a carico del contribuente e non a impulso delle segreterie delle commissioni tributarie.
Nessuna norma in materia di contenzioso tributario né del processo civile (eventualmente applicabile, in virtù del richiamo dell'articolo 1, Dlgs 546/1992), infatti, pone a carico delle segreterie un onere di comunicazione alle parti del processo degli adempimenti necessari a evitare la sanzione dell'inammissibilità dell'atto introduttivo del grado di giudizio.

Le uniche comunicazioni dovute dalle segreterie tributarie sono quelle previste dagli articoli 31 e 37 del Dlgs 546/1992.
In forza dell'articolo 31, la segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione della controversia sia, di solito, almeno trenta giorni liberi (ridotti a 10 per il recupero di aiuti di Stato) prima dell'udienza fissata, sia che la stessa trattazione fosse stata rinviata dal presidente in caso di giustificato impedimento del relatore che non possa essere sostituito, o di alcuna delle parti o per esigenze del servizio.
A sua volta, l'articolo 37, comma 2, prevede che il dispositivo della sentenza sia comunicato alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito della stessa in segreteria.

Il "duplice affidamento" di informazione previsto dal legislatore per le segreterie nei confronti del ricorrente (o dell'appellante) assume rilevanza solo per tali aspetti poiché, una volta introdotto il giudizio a istanza di parte, il procedimento innanzi alle Commissioni tributarie si caratterizza per svolgersi a impulso d'ufficio, senza che sia prevista una fase istruttoria o di trattazione su istanza di parte.
Diversamente per le ordinarie norme processuali relative agli adempimenti delle parti. Le regole del giudizio, infatti, non devono essere comunicate dalla segreteria ma devono essere conosciute dal contribuente o dal suo difensore e, di certo, dal contribuente professionista della materia.


Fonte: Agenzia Entrate

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