Quale dovrebbe essere lo status giuridico dei corrieri espressi? Appartenenza al genus degli spedizionieri(puri) oppure al genus degli spedizionieri/vettori se non addirittura vettori in senso stretto? Non si tratta semplicemente di mera accademia, perchè,a seconda del loro inquadramento,ne conseguirebbero obbligazioni e responsabilità diverse e nello specifico obbligazioni di mezzi e/o di risultato. Ed infine, a prescindere dal loro status giuridico, il mancato rispetto di una data espressamente convenuta con i rispettivi committenti per la riconsegna delle merci costituirebbe ovviamente un inadempimento contrattuale? In caso affermativo (i.e. inadempimento) quali gli eventuali limiti risarcitori che sarebbero certamente influenzati dalla loro appartenenza rispettivamente al genus degli spedizionieri e/o al genus dei vettori? Ci potrebbe essere anche una valutazione equitativa da parte del giudice in caso di un risarcimento irrisorio?

I corrieri espressi rappresentano la figura giuridica dello spedizioniere/vettore quando oltre al trasporto ne curano anche i servizi corollari, segnatamente le operazioni doganali (1741 C.C.). Qualora, invece, erogassero la sola prestazione di trasporto il loro inquadramento corrisponderebbe inevitabilmente a quello del vettore classico (1678 C.C.). In entrambe le condizioni, la responsabilità di spedizionieri/vettori e vettori è la stessa in quanto i primi assumono "(...) gli obblighi e i diritti del vettore" (1741 C.C.). E quindi per entrambi corre l'obbligo di dare un risultato e di rispondere dell'eventuale suo mancato raggiungimento. Perimento delle cose compreso, ovviamente. In merito al ritardo, invece, vero e proprio "tormentone" di tutti gli operatori di trasporti e spedizioni, indipendentemente dalla loro categoria di appartenenza, va precisato che per parlare di ritardo o ritardata (ri)consegna occorre che un termine di tempo sia stato concordato tra le parti e che lo stesso sia stato superato.

Oppure, come prudente e accorta giurisprudenza insegna, che la (ri)consegna avvenga in tempi soverchiamente eccessivi rispetto a quelli che un qualsiasi operatore di diligenza media avrebbe impiegato per lo stesso viaggio e itinerario. Il risarcimento per questo inadempimento non riguarda mai i danni conseguenziali ma, qualora un ristoro sia previsto in favore dell'avente diritto, esso si limiterebbe alla rifusione dei soli costi di trasporto sostenuti per le merci arrivate in ritardo. Così dicevano anche le Regole di Amburgo del 1980, uno sfortunato tentativo, questo, di sostituzione della vetusta Convenzione di Bruxelles (del 1929) che non approdò a niente non essendo nemmeno diventata Convenzione per mancanza di quorum (almeno 30 Paesi firmatari). Del resto sono anche le importanti e autorevoli assicurazioni Institute Cargo Clauses, che firmate anche dai Lloyds di Londra, che elencano tra le exclusions (alla copertura assicurativa) i danni da ritardo "(...) loss, damage or expense caused by delay, even though the delay be caused by a risck insured against (...)" ossia: "le perdite e danni e le spese causate da ritardo anche se il ritardo è causato da un rischio assicurato".

Con queste premesse, che a livello operativo non lasciano intravvedere alcuna possibilità di risarcimento assicurativo del danno da ritardo il nostro codice pur tuttavia, sostiene che: "il risarcimento del danno (...) per ritardo deve comprendere così la perdita (...) come il mancato guadagno in quanto ne siano conseguenza immediata" (1223 C.C.). Ma occorre adire alle vie legali per vedersi riconoscere dal giudice il lucro cessante che lo valuterà "(...) con equo apprezzamento delle circostanze del caso" (2056 C.C.). Ritornando all'eventuale riconoscimento di un risarcimento (o ristoro tariffario) per il ritardo rispetto ai termini concordati con gli operatori, va detto che non solo il vettore è qui chiamato a dare risultati, ma anche lo spedizioniere quando si trova impegnato in alcune operazioni accessorie.


Fonte: IPSOA

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