La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla interpretazione dell’articolo 199, par. 1, lettera g), della direttiva 2006/112/CEE sull’IVA, ed è stata presentata nell’ambito di un procedimento di insolvenza volontaria di una società, nel corso della quale la vendita di due immobili appartenenti a tale società ha costituito il fatto generatore dell’imposta.

La normativa comunitaria
Il citato articolo 199 della direttiva 2006/112 dispone che gli Stati membri possono stabilire che il debitore di imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate operazioni di cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.
In seguito alla autorizzazione alla conclusione della vendita, concessa dall’autorità preposta che ne ha dichiarato l’opportunità ai fini degli interessi della massa creditoria, il giudice adito ha sollevato dubbi in ordine alla identità del destinatario dell’obbligo fiscale, in particolar modo se tale obbligo gravi sulla società soggetta a procedura concorsuale o sull’acquirente degli immobili.

Le questioni pregiudiziali
Il giudice solleva pertanto dinanzi alla Corte Ue alcune questioni pregiudiziali chiedendo in sostanza se l’articolo 199, par 1, lettera g) della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di vendita giudiziale al pubblico incanto ogni vendita di beni immobili effettuata dal debitore nel corso di una procedura di insolvenza, inclusa la fase che non  riveste natura di liquidazione e nella quale la vendita è effettuata in base ad un accordo tra le parti.

Le valutazioni della Corte
Secondo l’articolo 199, par. 1, lettera g), della direttiva 2006/112, gli Stati membri possono stabilire che il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate  operazioni di cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.
Il sistema delineato da questa ultima norma costituisce una eccezione al principio in base al quale l’Iva è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazioni di servizi imponibile. In base a tale norma, difatti, gli Stati membri possono ricorrere, nelle situazioni indicate al par 1, lettere da a) a g), al meccanismo della autoliquidazione, in base al quale il debitore dell’Iva è il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate operazioni assoggettate ad Iva.
Le deroghe individuate nel riportato articolo 199 sono giustificate dal fatto che il soggetto debitore non è spesso in grado di far fronte al pagamento dell’Iva fatturata  per le difficoltà finanziarie in cui versa.
Inoltre, l’intento del legislatore non era quello di limitare l’applicazione del meccanismo di autoliquidazione alle procedure di liquidazione degli attivi del debitore ‘stricto sensu’, ma di ampliarne l’ambito applicativo.
Pertanto, il ricorso al meccanismo della autoliquidazione è utile in alcuni settori o in relazione ad alcuni tipi di operazioni, al fine di semplificare le regole e contrastare l’elusione o l’evasione fiscale. In tal modo, le autorità tributarie possono riscuotere l’Iva applicata alle operazioni indicate quando viene compromessa la capacità del debitore di pagarla.
Posto che la capacità di un debitore di pagare alle autorità tributarie l’Iva fatturata sulla vendita di un bene immobile è compromessa dalla apertura di una procedura concorsuale, essendo quest’ultima stata avviata dalla dichiarazione di insolvenza pronunciata nei confronti del debitore, il regime di autoliquidazione non può essere limitato alle cessioni di beni immobili effettuate nell’ambito di un procedimento di liquidazione del patrimonio del debitore insolvente.
La circostanza che, come nel caso di specie, questi sia costretto a vendere beni nell’ambito di una procedura di insolvenza che non produce effetti di  liquidazione, al fine di soddisfare i creditori o di recuperare l’attività economica o professionale del debitore, è sufficiente per potere ricorrere al regime di autoliquidazione.
Pertanto, il meccanismo di autoliquidazione può essere applicato alla vendita di beni immobili realizzata da un debitore giudiziario nell’ambito di qualsiasi procedura di insolvenza, sia che quest’ultima rivesta o meno natura liquidatoria, nei limiti in cui tale vendita sia necessaria a soddisfare i creditori o a recuperare l’attività economica o professionale del debitore.
L’interpretazione restrittiva dell’articolo 199 della direttiva non può arrivare al punto da privare questa disposizione dei suoi effetti. Pertanto, limitare l’applicazione del meccanismo di autoliquidazione alla vendita di beni immobili effettuata nell’ambito di una procedura di liquidazione degli attivi del debitore, non contribuirebbe alla piena realizzazione dell’obiettivo perseguito, posto che il rischio di evasione e di frode fiscale esiste dal momento in cui il debitore sia stato dichiarato insolvente.

Le conclusioni della Corte Ue
Secondo i giudici comunitari l’articolo 199, paragrafo 1, lett. g) della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di vendita giudiziale al pubblico incanto ogni vendita di beni immobili effettuata da un debitore giudiziario non solo nell’ambito di una procedura di liquidazione del suo patrimonio, ma anche nell’ambito di una procedura di insolvenza che intervenga prima della procedura liquidazione, qualora tale vendita sia necessaria a soddisfare i creditori o a recuperare l’attività economica o professionale di tale debitore.


Fonte: Agenzia Entrate

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