La questione pregiudiziale ha preso le mosse da un ricorso presentato dalla Commissione europea nei confronti del Belgio per il trattamento fiscale riservato agli interessi bancari corrisposti dagli istituti di credito nazionali. Il regime controverso, infatti, prevede una imposizione discriminatoria degli interessi corrisposti dalle banche non residenti a vantaggio degli interessi corrisposti, invece, da quelle nazionali.

Il procedimento precontenzioso
Con apposita lettera, la Commissione diffidava le autorità belghe in merito alla disciplina tributaria riservata al trattamento fiscale degli interessi corrisposti da istituti di credito nazionali. Per tutta risposta il governo belga sottolineava che la normativa controversa era giustificata dalla circostanza che se il trattamento fosse esteso ai depositi al risparmio di banche straniere si verificherebbero discordanze di maggior impatto negativo per i contribuenti interessati. Inoltre, una siffatta misura, garantisce alle autorità nazionali una maggiore efficacia nei controlli fiscali e al contempo una migliore tutela dei piccoli risparmiatori. Non soddisfatta delle motivazioni, addotte in risposta alla lettera di diffida, la Commissione europea presentava ricorso alla Corte di giustizia secondo la procedura comunitaria.

Il ricorso della Commissione
Con il ricorso presentato la Commissione chiede ai giudici europei di dichiarare la normativa tributaria controversa non compatibile con il diritto dell’Unione. Al riguardo, inoltre, riconoscendo che la materia delle imposte dirette non sia competenza esclusiva degli Stati membri, ma che essa sia implicitamente e necessariamente inclusa nella competenza relativa al mercato interno e pertanto condivisa tra gli stessi Stati membri e l’Unione europea.

Il giudizio della Corte
Contro l’addebito della responsabilità di aver violato quanto stabilito nell’articolo 56 TFUE, il Belgio, in una delle sue argomentazioni a propria difesa, sottolinea che la differenza di trattamento tra i depositi a risparmio ubicati nel territorio nazionale rispetto a quelli oltre confine, trova giustificazione nell’impossibilità di applicare lo stesso regime a entrambe le tipologie di depositi e, per altro verso, nell’esigenza di una tutela contro la doppia imposizione nell’ipotesi in cui il contribuente disponga di depositi al risparmio sia in Belgio che all’estero. Inoltre, se, nel tentativo di rimediare alla disparità di trattamento nonché all’ostacolo alla libera circolazione di capitali e di prestazione di servizi, il governo belga eliminasse l’esenzione in oggetto per i redditi da deposito a risparmio nazionali, ci troveremmo di fronte a una nuova disparità e questa volta ad avere un trattamento meno favorevole sarebbero proprio i depositi a risparmio nazionale. In altri termini, i contribuenti belgi titolari di redditi da depositi di risparmio esteri usufruirebbero di un vantaggio finanziario rispetto ai pari aventi diritto ma con depositi di risparmio nazionali. Nel merito della questione pregiudiziale, i togati europei hanno sottolineato che, rientrando i servizi bancari nel novero dei servizi disciplinati dagli articoli 56 e 57 del TFUE, il loro libero esercizio non può essere assolutamente soggetto a limitazioni da parte di normative nazionali. Il vaglio degli eurogiudici verte nel verificare se la normativa nazionale controversa sia di ostacolo alla libera prestazione di servizi e alla libera circolazione di capitali. Da una ben consolidata giurisprudenza si evince che una limitazione dell’esercizio delle libertà fondamentali sia possibile esclusivamente laddove vi sia un interesse generale da tutelare. Ma le motivazioni apportate dalle autorità belghe non sembrano affatto rientrare in tale fattispecie. Infatti una giustificazione basata sulla lotta alla frode e all’evasione fiscale risulta ammissibile solamente qualora essa abbia ad oggetto costruzioni puramente artificiali, con lo scopo di aggirare la normativa tributaria. Come sottolineano i togati europei, nella fattispecie in esame, la paventata lotta all’evasione fiscale è puramente a carattere di una presunzione di frode. Pertanto la disparità di trattamento fiscale, attraverso il riconoscimento di una apposita esenzione per gli interessi corrisposti da banche nazionali, non trova giustificazione in una concreta lotta alle frodi e all’evasione fiscale. Ne consegue che la misura nazionale controversa è da considerare incompatibile con il diritto dell’Unione.

La pronuncia
Gli eurogiudici sono giunti alla dovuta conclusione, frutto delle argomentazioni esposte in sede di dibattimento, seguendo, in particolar modo, sia il punto di vista legato alla libera prestazione di servizi che alla libera circolazione di capitali. Pertanto una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, è da considerare come un regime fiscale di imposizione discriminatorio a vantaggio dei percettori degli interessi corrisposti dalle banche nazionali.


Fonte: Agenzia Entrate

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