La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla interpretazione degli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112/CE ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società a responsabilità limitata alla amministrazione fiscale lettone in relazione alla mancata iscrizione di detta società nel registro dei soggetti passivi Iva.

La posizione dell’Amministrazione fiscale
La richiesta di iscrizione nel registro dei soggetti passivi Iva è stata negata sulla base del fatto che la società non disponeva delle capacità materiali, tecniche e finanziarie necessarie a svolgere la attività economica dichiarata, che consiste nell’offrire servizi di costruzione.
La questione è pervenuta dinanzi alla competente autorità giurisdizionale, che ha sollevato dinanzi alla corte UE le seguenti questioni pregiudiziali:
se le disposizioni della direttiva devono essere interpretate nel senso che non consentono di rifiutare un numero individuale  con cui si identifica un soggetto passivo, sulla base della circostanza che il titolare di quote di capitale del soggetto passivo ha previamente ottenuto svariate volte un numero individuale per altre società, che non hanno mai svolto una effettiva attività economica, e le cui quote di capitale sono state trasferite dal titolare ad altre persone poco tempo dopo l’assegnazione di un numero individuale;
se l’articolo 214 della direttiva, in combinato disposto con l’articolo 273 della medesima, debba essere interpretato nel senso che consente all’Amministrazione fiscale, prima di attribuire il numero individuale, di accertarsi della capacità del soggetto passivo di svolgere l’attività soggetta ad imposta, qualora detta verifica sia diretta a garantire la corretta  riscossione dell’Iva e ad evitare evasioni.
Le valutazioni della Corte
Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 213 della direttiva 2006/112, ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della attività in qualità di soggetto passivo; il successivo articolo 214 impone agli Stati di adottare i provvedimenti necessari ad identificare i soggetti passivi, tramite un numero individuale.
La Corte ha già precisato che l’attribuzione di un numero identificativo Iva fornisce la prova dello status fiscale del soggetto passivo ai fini della applicazione dell’Iva e agevola il controllo dei soggetti passivi per riscuotere correttamente l’Iva.
Il numero di identificazione Iva costituisce altresì un importante elemento di prova delle operazioni effettuate.
La Corte rileva che, benchè l’articolo 214 della direttiva 2006/112 elenchi le categorie di persone che devono essere identificate tramite un numero individuale, detta disposizione non prevede le condizioni cui può essere soggetta l’assegnazione del numero di identificazione Iva. In base al combinato disposto degli articoli 213 e 214, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nell’adozione di provvedimenti diretti a garantire l’identificazione dei soggetti passivi ai fini Iva.
Tuttavia, tale margine discrezionale non può essere illimitato; difatti, se uno Stato membro può rifiutare di attribuire ad un soggetto passivo un numero individuale, il rifiuto non può avvenire senza un motivo legittimo.
Come emerge dal dettato dell’articolo 213, sostiene la Corte, sono soggetti passivi abilitati a chiedere la attribuzione di un numero di identificazione Iva non soltanto persone che già esercitano un’attività economica ma anche coloro i quali intendono dar vita ad una attività e che, a tal fine, effettuano le prime spese di investimento.
Tali persone, pertanto, potrebbero trovarsi nella condizioni di non essere in grado di provare la disponibilità dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere tale attività.
Ne consegue che le disposizioni della direttiva risultano in linea generale ostative al rifiuto da parte di un’amministrazione fiscale di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione Iva ad un richiedente unicamente sulla base del fatto che questi non sia in grado di dimostrare di disporre dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere la attività economica dichiarata all’atto della presentazione della richiesta di iscrizione nel registro dei soggetti passivi.
Tuttavia, gli Stati membri vantano un interesse ad intraprendere azioni volte a proteggere i loro interessi finanziari, atteso che la lotta contro ogni possibile evasione costituisce obiettivo riconosciuto e promosso dalla Direttiva.
Gli Stati possono quindi legittimamente prevedere, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 273, misure idonee ad impedire l’uso indebito di numeri di identificazione, in particolar modo da parte di imprese la cui attività ( e di conseguenza la qualità di soggetto passivo) sarebbe puramente fittizia.
Con riferimento al caso di specie, si rileva che il fatto di non disporre dei mezzi materiali, tecnici  e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata non è di per sé sufficiente a dimostrare che sia probabile che quest’ultimo ponga in essere una condotta di natura evasiva. Non si può tuttavia escludere che tali circostanze, unitamente alla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano al sospetto di operazioni di evasione da parte del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione.

Conclusioni
Tutto ciò premesso, la Corte perviene alle seguenti conclusioni: gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’Amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione Iva ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il  titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’attribuzione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di  seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero di identificazione IVA attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’Amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione nella controversia principale.


Fonte: Agenzia Entrate

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