È assoggettabile a sequestro preventivo per equivalente un immobile in comunione ereditaria tra l’indagato e terzi estranei al reato. Sempre che il giudice di merito indichi le ragioni per le quali la misura non deve essere limitata alla sola quota dell’indagato, ma può estendersi, in presenza di determinate condizioni, all’intero bene.
Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 218 del 7 gennaio.

I fatti
Il Tribunale di Cuneo, con ordinanza 29 febbraio 2012, ha rigettato il riesame proposto dal “signor X”, indagato per emissione di fatture inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (articolo 81, codice penale, e articoli 2 e 8, Dlgs 74/2000).
L’impugnazione riguardava il decreto di sequestro per equivalente emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Mondovì, riguardante beni anche di sua proprietà sino all’ammontare di 1.645.739,33 euro. Il Tribunale, condividendo le argomentazioni contenute nel decreto di sequestro, ha rilevato che la comproprietà degli immobili nella disponibilità dell’indagato non ne avrebbe impedito l’assoggettabilità alla confisca.

Per l’annullamento del provvedimento, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, rilevando, tra l’altro, la violazione degli articoli 321 e seguenti cpp e 322-ter cp, in quanto il provvedimento cautelare era stato esteso ai beni immobili in comproprietà con parenti e con terzi estranei ai reati per i quali si stava procedendo.
A tale riguardo, la Corte ha affermato che, “… in tema di sequestro finalizzato alla successiva confisca per equivalente, avente ad oggetto un bene dell’indagato in comproprietà con terzi estranei al reato, la misura reale può riguardare il bene nella sua interezza quando risulti dimostrato che lo stesso sia comunque nella disponibilità dell’indagato ovvero quando si tratti di cose indivisibili o sussistano comprovate esigenze di conservazione del bene medesimo, tanto per impedirne la dispersione quanto per assicurane l’integrità del valore. Negli altri casi la misura reale può invece essere contenuta entro la quota di proprietà di pertinenza dell’indagato sulla quale opererà poi la successiva confisca…”.

Osservazioni
La Corte affronta il problema dell’applicabilità di misure cautelari reali, finalizzate alla confisca per equivalente, su beni di cui l’indagato ha la proprietà congiuntamente con persone (i coeredi) estranee al procedimento penale in corso nei suoi confronti.
Nel caso in esame, trattandosi di un immobile in comunione ereditaria, il giudice avrebbe dovuto disporre il sequestro preventivo esclusivamente sulle quote del bene di spettanza dell’indagato, e non già sull’intero bene. E tale conclusione, a parere del ricorrente, sarebbe stata giustificata anche dalla disposizione del terzo comma dell’articolo 240 cp, secondo il quale può essere confiscata la sola quota appartenente al soggetto coinvolto nell’illecito (Cassazione, sentenza 6894/2011). Se, quindi, il sequestro, proprio perché finalizzato alla successiva confisca, incontra lo stesso limite applicativo.
La Corte, però, non ha condiviso tali argomentazioni.

Diversamente dalla confisca che, avendo carattere sanzionatorio non può pregiudicare i terzi estranei al reato (articolo 240, comma 3, cp) e quindi può riguardare solo beni appartenenti alla persona nei cui confronti è pronunciata la condanna, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il sequestro può essere relativo a beni in comproprietà, in via eccezionale e solo quando ciò sia assolutamente necessario.
Tali circostanze, secondo la Corte, si verificano:
quando il bene è indivisibile (ad esempio, è stato ritenuto legittimo, anche a pena di svalutazione, il sequestro con riferimento alle somme giacenti su conti correnti bancari e postali, su libretti di risparmio e su ogni altro rapporto in corso con saldo positivo cointestato al coniuge dell’imputato – Cassazione, sentenza 26000/2011)
quando il bene è comunque nella disponibilità dell’indagato: il sequestro per l’intero è finalizzato alla conservazione del valore economico (se, infatti, il bene fosse sottoposto in parte a un vincolo reale, sarebbe compromessa la possibilità di realizzarne l’intero valore di mercato)
per esigenze di conservazione (sia per evitarne la dispersione, sia per conservarne l’integrità del valore). E a prescindere da eventuali “vincoli” posti dal codice civile in materia di contratti, volti a regolare i rapporti “interni” tra l’indagato e altri soggetti (Cassazione, sentenza 26438/2009). La Corte, in una fattispecie relativa al sequestro di un bene appartenente al fondo patrimoniale, ha chiarito che il sequestro preventivo può avere a oggetto beni cointestati con terzi estranei ma comunque nella disponibilità dell’indagato, in quanto la confisca è ammessa anche per i beni dei quali il reo abbia la disponibilità, senza che assumano rilevanza eventuali presunzioni o vincoli regolanti i rapporti interni tra creditori e debitori solidali (Cassazione, sentenza 18527/2011) e, inoltre, non sussistono incompatibilità tra il sequestro e i regimi di particolare favore assicurati dalle leggi civili a taluni beni in ragione della loro natura o destinazione (Cassazione, sentenza 40364/2012), essendo scopo dell’articolo 322-ter cp evitare che tali beni possano essere definitivamente dispersi (Cassazione, sentenze 45353/2011, 40175/2007 e 24633/2006).

La Corte, cioè, ritiene legittima l’applicazione di una misura cautelare reale, prodromica all’ablazione per equivalente, anche su quote di patrimonio appartenenti a persone estranee all’illecito che ha generato il valore da confiscare, ma con un onere a carico del giudice del merito. L’ordinanza del Tribunale, quindi, avrebbe dovuto costatare l’impossibilità di limitare il sequestro alla quota di bene di pertinenza dell’indagato e, di conseguenza, motivare la necessità di procedere all’applicazione del vincolo reale sull’intero bene.

Ma così non è stato. Proprio sotto questo profilo, i giudici di legittimità hanno rinvenuto un difetto di motivazione nel provvedimento di merito. Nella fattispecie sottoposta al suo esame, infatti, la Cassazione ha rilevato che il Tribunale di Cuneo, attraverso un mero rinvio al provvedimento dei Gip, dava per scontata la disponibilità degli immobili da parte dell’indagato, senza fornire alcuna spiegazione del rapporto tra tale affermazione e l’esistenza della comunione ereditaria e, di conseguenza, senza indicare né i motivi per escludere la limitazione della misura reale entro la quota di pertinenza dell’indagato, né le ragioni per estendere la misura all’intero bene. Spetterà, quindi, al giudice del rinvio una nuova valutazione della fattispecie.


Fonte: Agenzia Entrate

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