Un soggetto residente in Italia che utilizza un aeromobile formalmente intestato a una società svizzera, alla scadenza del periodo di appuramento (sei mesi), è obbligato a presentare la dichiarazione per la definitiva importazione del mezzo nel territorio italiano e pagare l’Iva nazionale. Il mancato pagamento dell’imposta, infatti, configura il reato di evasione dell’Iva all’importazione, ai sensi dell’articolo 70 del Dpr 633/1972, punito a norma della legge doganale. In questi termini si è espressa la Cassazione penale nella sentenza n. 1863 del 15 gennaio, confermando uno stabile orientamento giurisprudenziale sulla concreta vigenza, in ambito nazionale, del reato di evasione dell’Iva all’importazione sugli scambi commerciali tra Italia e Paesi extra-comunitari con i quali l’Unione europea ha stipulato accordi che prevedono il divieto e la soppressione dei dazi doganali (Cassazione, sentenza 16860/2010).

I fatti di causa
La vicenda riguarda la revoca, da parte del tribunale del riesame, del decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip dello stesso tribunale avente a oggetto un aeromobile, in relazione al reato di evasione dell’Iva all’importazione, di cui agli articoli 70 del Dpr 633/1972 (secondo cui “l’imposta relativa alle importazioni è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione. Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine”) e 292 del Dpr 43/1973 (Testo unico doganale), secondo cui “Chiunque, fuori dei casi preveduti negli articoli precedenti, sottrae merci al pagamento dei diritti di confine dovuti, è punito con la multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti medesimi”. Secondo il tribunale, l’aeromobile in questione, di proprietà di una società svizzera, ma nella materiale disponibilità di un’associazione italiana con sede in una città toscana, era stato oggetto di un contratto di locazione tra le parti, circostanza, questa, che vale a escludere un’operazione d’importazione del mezzo in Italia. Inoltre, gli scambi tra Ue e Svizzera - in virtù di un’apposita convenzione - non sono soggetti a dazi doganali d’importazioni; pertanto, non ci sono i presupposti per la configurabilità del reato contestato.

La procura della Repubblica propone ricorso per cassazione contro tale provvedimento di revoca per violazione di legge, in quanto la condotta contestata è quella di evasione dell’Iva all’importazione e non quella di evasione di dazi d’importazione, come invece erroneamente ritenuto dal tribunale. La procura ricorrente, nello specifico, rileva che l’aeromobile in questione, pur essendo di proprietà di una società svizzera, era utilizzato in Italia, da un’associazione residente, per l’attività di trasporto e lancio di paracadutisti nel territorio italiano. Pertanto, considerato che il velivolo veniva adoperato in Italia, l’associazione avrebbe dovuto versare l’Iva, trattandosi di un’operazione d’importazione, a nulla rilevando la circostanza che era utilizzato in forza di un contratto di locazione.

Il procuratore ricorrente, infine, con riferimento ai rapporti Svizzera-Ue, fa presente che il presupposto economico-finanziario dell’Iva è diverso da quello dei dazi doganali – che non sono dovuti – tanto che l’Iva è, comunque, dovuta allo Stato al momento d’ingresso delle merci sul territorio, a meno che non si provi che il tributo è già stato assolto nel Paese di provenienza (ciò al fine di evitare la doppia imposizione).

La sentenza della Cassazione
La Corte suprema accoglie in toto le argomentazioni della procura. Il reato contestato - affermano i giudici di legittimità - è quello di evasione dell’Iva all’importazione, di cui all’articolo 70 del Dpr 633/1972, norma, quest’ultima, che rinvia, solo per la sanzione, al Dpr 43/1973 (Tud) che sanziona l’evasione dei dazi doganali, “…senza che vi sia alcuna assimilazione fra la fattispecie di evasione dell’IVA e quella di evasione dei dazi doganali, le quali restano distinte (ex multis, sez. 3, 12 luglio 2012, n. 34256)”. L’Iva all’importazione - continua la Corte - è dovuta, in linea generale, anche nelle importazioni dalla Svizzera, infatti, “…in base all’art. 4 dell’accordo del 19 dicembre 1992 tra la CEE e la Svizzera, sono stati aboliti i dazi doganali in senso proprio e le tasse ad effetto equivalente, categorie a cui non appartiene l’IVA, la quale ha natura di tributo interno, comunque dovuto…”, tranne nel caso in cui la merce introdotta abbia già scontato l’imposta svizzera (onere probatorio, quest’ultimo, a carico dell’importatore nazionale). In ordine poi all’esistenza di un contratto di locazione, la Cassazione afferma che “…l’importazione, ai fini fiscali, prescinde, in linea di principio, da una traslazione della proprietà, perché corrisponde semplicemente all’ingresso e alla permanenza in Italia di un bene al di là di limiti temporali determinati…”.

Tale interpretazione - conclude la Corte suprema - trova fondamento nelle norme comunitarie sull’Iva, che prevedono la determinazione dell’imposta “…in base alle disposizioni vigenti per i dazi doganali anche qualora tali dazi non siano dovuti”. Pertanto, trovano applicazione, nel caso di specie, “…le disposizioni di cui agli artt. 558 e 562 del regolamento comunitario n. 2454 del 1993, le quali prevedono le condizioni che devono sussistere affinché gli aeromobili possano godere dell’esonero dei dazi all’importazione e limitano, comunque, tale esonero ad un periodo di soli 6 mesi, dovendosi poi procedere necessariamente all’importazione definitiva del velivolo, con relativo pagamento dell’IVA”.


Fonte: Agenzia Entrate

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