Con l'ordinanza 20323 del 20 novembre, le sezioni unite della Corte di cassazione, decidendo su una domanda di regolamento di giurisdizione promossa da un contribuente, hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento del danno con cui il ricorrente del giudizio principale lamentava il mancato tempestivo adeguamento della legge interna alla normativa comunitaria.

La vicenda processuale
Nell'ambito di un giudizio instaurato innanzi alla Ctp di Roma, avente come oggetto un silenzio rifiuto opposto dall'Agenzia delle Entrate a un'istanza di rimborso della metà delle ritenute operate, a titolo di Irpef, dal datore di lavoro, in qualità di sostituto d'imposta, sulle somme erogategli a titolo di incentivo all'esodo, un contribuente proponeva istanza di regolamento di giurisdizione.

Nel giudizio principale, l'interessato chiedeva, in primo luogo, il riconoscimento del diritto al rimborso, sostenendo la non operatività, nella fattispecie, del termine di decadenza quadriennale stabilito dall'articolo 38 del Dpr 602/ 1973. In via subordinata, proponeva domanda di risarcimento del danno per il mancato adeguamento della legge nazionale alla disciplina comunitaria.

La domanda di rimborso si basava, infatti, sulla circostanza che l'allora vigente articolo 17, comma 4-bis, del Dpr 917/1986, con il quale era stabilito che il beneficio della riduzione a metà dell'aliquota Irpef sulle somme erogate a titolo di incentivo all'esodo spettava alle donne con più di 50 anni di età e agli uomini che avevano superato i 55 anni, era stato dichiarato in contrasto con il diritto comunitario (Corte di giustizia, sentenza della del 21 luglio 2005, causa C-207/04, seguita dall'ordinanza del 16 gennaio 2008, cause C-128/07 ed altre), in quanto introduceva una disparità di trattamento, fondata sul sesso dei lavoratori e, perciò, vietata dalla direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/Cee.
La norma in questione è stata poi abrogata dall'articolo 36, comma 23, del Dl 223/2006, con effetto dal 4 luglio 2006.

Con il ricorso in Cassazione il contribuente chiedeva alle sezioni unite di dichiarare la giurisdizione del giudice tributario su entrambe le domande proposte. L'Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso, chiedendo in particolare la devoluzione alla giurisdizione ordinaria della domanda di risarcimento del danno.

La pronuncia della Cassazione
La Corte suprema, a sezioni unite, con l'ordinanza in commento, ha respinto la tesi del contribuente, regolando la giurisdizione con la separazione delle domande, ossia dichiarando la giurisdizione del giudice tributario in relazione alla richiesta di rimborso e quella del giudice ordinario per la domanda di ristoro del danno patrimoniale.

Con l'ultima domanda, infatti, il contribuente, lamentando il mancato tempestivo adeguamento della legge interna alla normativa comunitaria, faceva valere "una situazione giuridica avente natura e consistenza di diritto soggettivo, da ricondurre allo schema della responsabilità per inadempimento dell'obbligazione ex lege dello Stato" (di adeguamento della normativa interna a quella comunitaria), "di natura indennitaria, inquadrabile nell'area della responsabilità contrattuale" (Cassazione, sezioni unite, sentenze 13909/2011 e 9147/2009).
La richiesta in questione si basa su un rapporto giuridico autonomo e del tutto avulso rispetto al rapporto tributario, non presentando alcun elemento di accessorietà (come, invece, sostenuto dal contribuente, che a tal fine richiama l'articolo 2 del Dlgs 546/1992) rispetto alla domanda principale di rimborso.

Ulteriori osservazioni
Ai sensi dell'articolo 2 del Dlgs 546/1992 "appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati… nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio".
Proprio richiamando tale disposizione, il ricorrente, premessa la pacifica configurabilità della giurisdizione tributaria in ordine alla domanda di rimborso, ha sostenuto l'opportunità di devolvere allo stesso giudice anche la domanda di risarcimento del danno per mancato tempestivo adeguamento della legge tributaria interna alla normativa comunitaria: ciò in virtù del principio di concentrazione della tutela (sancito, per la prima volta, dalla Corte costituzionale con la storica sentenza 204/2004 relativa al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo) che impone di devolvere al giudice del rapporto principale - nella specie di natura tributaria - anche la competenza sui rapporti consequenziali, primo fra tutti quello relativo al risarcimento del danno che costituisca effetto diretto dell'operato dell'Amministrazione finanziaria e, come tale, da considerarsi "accessorio" al rapporto principale, ai sensi del suindicato articolo 2.

La tesi del contribuente non è stata accolta dalla Corte suprema secondo la quale, in armonia con altri autorevoli precedenti sul punto (Cassazione, sezioni unite, sentenze 722/1999, 15/2007 e 10826/2008) per "accessori" si intendono gli aggi dovuti all'esattore, le spese di notifica, gli interessi moratori e il maggior danno da svalutazione monetaria, ovvero "elementi aventi natura strettamente complementare ed aggiuntiva" rispetto alla domanda principale (di rimborso della maggiore imposta versata).
Appare evidente, invece, la completa autonomia, rispetto al rapporto giuridico tributario, della domanda di risarcimento del danno da mancato tempestivo adeguamento, da parte dello Stato italiano, della normativa interna rispetto a quella comunitaria, domanda che si presenta "alternativa, piuttosto che subordinata, a quella concernente il rimborso dell'imposta".

Richiamando, poi, quanto più volte ribadito dalla Corte costituzionale, il Collegio supremo ha affermato che la giurisdizione tributaria deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto e che l'attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi tale natura comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali.

In relazione alla tutela risarcitoria da mancato adeguamento della normativa interna a quella comunitaria, va detto che essa rappresenta il modo con cui la Corte di giustizia ha cercato di porre rimedio ai limiti propri della procedura di infrazione (attivata nei confronti degli Stati membri dell'Ue) dovuti alla inidoneità della stessa a soddisfare le aspettative dei singoli individui. Per questo motivo, a partire dalla sentenza del 19 novembre 1991, nota come sentenza Francovich, la Corte ha delineato il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario, derivanti dalla mancata attuazione delle direttive (ma il principio è stato esteso anche al caso in cui l'inadempimento riguardi obblighi posti da disposizioni dei trattati), in particolare, ma non solo, di quelle inidonee a produrre effetti diretti.


Fonte: Agenzia Entrate

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