L'ammissibilita` nelle societa` consortili delle clausole statutarie che obbligano i soci a contributi in denaro successivi al conferimento iniziale si spiega con la funzione mutualistica a cui il tipo societario viene piegato.
Si cerca di stabilire entro quali termini tali clausole possono ritenersi compatibili con il tipo societario utilizzato e i conseguenti limiti che puo` incontrare l'autonomia privata nel disciplinarle.
La L. 10 maggio 1976, n. 377 ha inserito nel codice civile l’art. 2615 ter legittimando definitivamente la creazione di societa` a fini consortili e ha dettato per tale fattispecie una sola regola specifica, per di piu` affidandone l’introduzione all’autonomia dei soci.

Infatti, il secondo comma dell’art. 2615 ter stabilisce che nelle societa` consortili «l’atto costitutivo puo` stabilire l’obbligo dei soci di versare contributi in denaro».

Poiche´ e` pacifico che nelle societa` consortili il problema della formazione iniziale del patrimonio comune deve essere risolto secondo la disciplina propria del tipo societario utilizzato, cioe` secondo le regole dettate per i conferimenti , i contributi a cui si riferisce l’art. 2615 ter, comma 2, sono quelle somme di denaro che l’atto costitutivo, al verificarsi di determinate situazioni, puo` imporre ai soci di versare alla societa`, in aggiunta al conferimento iniziale e, dunque, successivamente alla costituzione della societa`.


Fonte: IPSOA

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