Gli interessi dovuti per il ritardo nel rimborso delle imposte dirette vengono a maturare, per ogni semestre intero, escluso il primo, con decorrenza dalla data di versamento e fino a quella dell’ordinativo di pagamento, a differenza degli ordinari interessi che, in quanto frutti civili, si acquistano di giorno in giorno. Lo ha chiarito la Cassazione, con la sentenza 15246 del 12 settembre.

I fatti
La vicenda trae origine dal giudizio di ottemperanza (ex articolo 70, comma 7, Dlgs 546/1992) con il quale una società per azioni chiedeva l’ulteriore esecuzione del giudicato nascente dalla sentenza 21/7/03, emessa dalla Commissione tributaria regionale del Lazio. In particolare, la stessa Commissione accoglieva il ricorso della contribuente e disponeva, con ordinanza, che doveva essere ancora corrisposta dall'Agenzia delle Entrate alla società “la differenza di interessi fra il 2,50% e l’1,375%, già liquidata, dal 21 gennaio 2003 al 30 giugno 2003”.
L’ordinanza, quindi, modificava quanto disposto dal commissario ad acta, negli ordinativi di pagamento emessi a favore della contribuente, in relazione al tasso degli interessi sulla sorte capitale spettante a titolo di restituzione delle maggiori imposte Irpeg e Ilor versate per l’anno 1997, rispetto agli importi effettivamente dovuti. E cioè, a parere della Commissione, il saggio degli interessi spettanti alla Spa (ex articolo 44, Dpr 602/1973), per ciascuno dei semestri, escluso il primo, compresi dalla data del versamento della maggiore imposta e quella dell’ordinativo emesso a suo favore, doveva essere correlato ai mutamenti del tasso di interesse sul debito dell’amministrazione, via via intervenuti nel corso di ciascun semestre.

Di diverso avviso l’Agenzia delle Entrate che ha impugnato l’ordinanza per cassazione, lamentando, tra l’altro, violazione e falsa applicazione degli articoli 44, Dpr 602/1973, e 1, Dm 27 giugno 2003, in relazione all’articolo 360, n. 3, c.p.c.. A parere dell’Amministrazione, infatti, gli interessi dovuti per il ritardo nel rimborso delle imposte dirette, a differenza degli ordinari interessi che, in quanto frutti civili, si acquistano di giorno in giorno, verrebbero a maturare, invece, per ogni semestre intero, escluso il primo, con decorrenza dalla data del versamento e fino a quella dell’ordinativo di pagamento. Di conseguenza, nel caso concreto, il tasso di interessi applicabile sarebbe stato quello previsto dall’articolo 1, Dm 27 giugno 2003 (1,375%, entrato in vigore il 1° luglio 2003, e non quello del 2.50% vigente all’inizio del semestre in discussione (21 gennaio-21 luglio 2003).

La Cassazione ha accolto il ricorso e precisato che il riferimento letterale dell’articolo 44, Dpr 602/1973, ai “semestri interi” conduce a ritenere che “… il tasso legale al quale occorre fare riferimento per la liquidazione degli interessi sulla restituzione della maggiore imposta pagata, è quello vigente - in forza dei decreti ministeriali emessi in materia - al momento in cui viene a scadenza ciascun singolo semestre, giacchè è solo in tale momento che il diritto alla percezione di detti interessi viene a maturare a favore del contribuente”.

Osservazioni
La Corte, dopo aver precisato quale sia l’oggetto del giudizio di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle commissioni tributarie (articolo 70, Dlgs 546/1992), fornisce chiarimenti con riferimento alla misura degli interessi relativi alle imposte che l’Amministrazione deve restituire al contribuente in quanto non dovute.
Tale giudizio presenta connotati diversi dal corrispondente e concorrente giudizio esecutivo civile, in quanto il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, bensì quello di rendere effettivo tale comando, delimitando la reale portata precettiva della sentenza di cui si chiede l’esecuzione (Cassazione, nn. 20202/2010 e 646/2012).

Nel caso in esame, quindi, il giudice dell’ottemperanza ha enucleato e precisato il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato e da eseguire (Cassazione, sentenza 22188/2004), ricomprendendovi anche gli interessi sul credito chiesti dalla società contribuente e definiti nel decisum proprio per la loro natura di obbligazione accessoria a quella di restituzione del capitale (Cassazione, sentenza 3555/2005).
Ma ha errato nel calcolo degli stessi interessi.

A tale riguardo, i giudici di legittimità, correggendo l’ordinanza, individuano la disposizione normativa, ne forniscono un’interpretazione letterale, la inquadrano nel sistema generale.
L’articolo 44, Dpr 602/1973, nel prevedere il tasso di interesse (modificato di volta in volta da successivi e periodici decreti ministeriali) sulla restituzione di somme versate, a titolo di imposte dirette, in eccedenza a quanto effettivamente dovuto per il periodo in considerazione, stabilisce che il contribuente ha diritto alla corresponsione di tale interesse “per ognuno dei semestri interi, escluso il primo” ricompresi tra la data del versamento e quella dell'ordinativo con il quale venga, in concreto, effettuata la restituzione della maggiore imposta versata.
A tale riguardo, proprio dalla lettera della norma emerge che il diritto agli interessi matura al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, e al tasso vigente a tale momento. Oltre che dal dato letterale, tale conclusione appare avvalorata anche dall’articolo 1, legge 29/1961. Tale disposizione, sebbene dettata in tema di imposte indirette, può essere considerata una norma contenente una previsione generale in materia di interessi da corrispondersi nell'ambito dei rapporti tributari (Cassazione, sentenza 15222/2004), stabilisce che sulla sorte capitale dovuta dall’Erario al contribuente, a titolo di restituzione di imposte e tasse, spettano al medesimo gli interessi moratori “da computarsi per ogni semestre compiuto”.

Il richiamo a tale disposizione è servito alla Corte a evidenziare e confermare la tendenza della normativa in materia, secondo la quale il diritto alla percezione degli interessi sulle somme dovute dall’Amministrazione finanziaria a titolo di rimborso di imposta, e la loro misura, è ancorato a quanto normativamente stabilito, al riguardo, al momento della scadenza di ciascun singolo semestre.
Di conseguenza, nell’ipotesi sottoposta al suo esame, la Cassazione ha affermato che, con riferimento al semestre 21 gennaio-21 luglio 2003, non può essere applicato sulla sorte capitale a carico dell’Erario, il tasso di interesse del 2,50% in vigore (dal 21 gennaio 2003) all’inizio del semestre in questione, bensì quello dell’1,375% vigente (dal 1° luglio 2003) alla data di scadenza del semestre. E cioè gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate e non dovute decorrono dal secondo semestre successivo alla data del versamento (Cassazione, sentenza 22217/2008).


Fonte: Agenzia Entrate

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