Il procedimento di pubblicazione della sentenza si compie con la certificazione del deposito mediante firma e data che il cancelliere appone in calce al documento-sentenza quando l’originale completo gli viene consegnato ufficialmente nella cancelleria del giudice che lo ha pronunciato.
Solo in tal modo il documento-sentenza è reso pubblico per effetto di legge.
Lo hanno chiarito le sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 13794 del 2 agosto.

I fatti
Il titolare di una ditta di fitofarmaci ha chiesto, a un giudice di pace, la condanna di alcuni acquirenti, coobbligati nei confronti del comune dante causa, al pagamento di una somma corrispondente al prezzo di acquisto dei prodotti. Respinta la domanda, lo tesso titolare ha proposto appello al Tribunale dopo oltre un anno dal deposito della sentenza di primo grado. Quest’ultima riportava due date distinte, apposte con il datario e con sottoscrizione del cancelliere per indicare, una il deposito (16 marzo 2004), l’altra la pubblicazione (22 luglio 2004). Di conseguenza, l’appello è stato dichiarato inammissibile (ex articolo 327, comma 1, c.p.c. – nella formulazione anteriore alla modifica apportata dall’articolo 46, comma 17, legge 69/2009) in quanto era decorso il termine di un anno (e quarantasei giorni – ex articolo 1, comma 1, legge 742/1969) dalla pubblicazione della sentenza, con conseguente scadenza del termine lungo di impugnazione (2 maggio 2005), e tardiva consegna dell’appello all’ufficiale giudiziario (10 giugno 2005).

Il titolare della ditta non si è dato per vinto e ha proposto ricorso in Cassazione, chiedendo che lo stesso venisse assegnato alle sezioni unite per dirimere il contrasto sull’interpretazione dell’articolo 133 c.p.c., con riferimento all’individuazione della data di pubblicazione della sentenza ai fini del decorso del termine di impugnazione. Tale problema assumeva particolare rilevanza in presenza di una scissione temporale tra data di deposito e data di pubblicazione, secondo una duplice attestazione del cancelliere.

I nove giudici di legittimità, respinto il ricorso, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “A norma dell’art. 133 cod. proc. civ. la consegna dell’originale completo del documento - sentenza al cancelliere… avvia il procedimento di pubblicazione della sentenza che si compie, senza soluzione di continuità, con la certificazione del deposito mediante l’apposizione, in calce alla sentenza, della firma e della data del cancelliere che devono essere contemporanee alla data della consegna ufficiale della sentenza, in tal modo resa pubblica per effetto di legge. È pertanto da escludere che il cancelliere, nell’espletamento di tale attività preposto alla tutela della fede pubblica (art. 2699 cod. civ.), possa attestare che la sentenza, già pubblicata per effetto dell’art. 133 cod. civ. alla data del suo deposito, è pubblicata in data successiva, e se sulla sentenza sono state apposte due date… tutti gli effetti giuridici derivanti dalla pubblicazione della sentenza decorrono dalla data del suo deposito”.

Osservazioni
La contemporanea presenza della data di deposito della sentenza diversa da quella della sua pubblicazione ha dato origine al contrasto tra due diversi orientamenti di legittimità. Per il primo, maggioritario, la sentenza è resa pubblica mediante il deposito risultante dall’annotazione apposta dal cancelliere in calce alla sentenza, con conseguente irrilevanza della diversa attestazione dello stesso cancelliere “sentenza pubblicata”, in data successiva (Cassazione, sentenze 17290/2009, 2740 e 24178 entrambe del 2011), proprio perché non può essere attestato un evento che si è già verificato legalmente.

Per il secondo orientamento, minoritario, se sulla sentenza pubblicata appaiano due date, una di deposito in cancelleria da parte del giudice e l’altra, successiva, di “pubblicazione”, da parte del cancelliere, è solo a quest’ultima che bisogna aver riguardo ai fini della decorrenza del termine lungo per l’impugnazione, dovendosi considerare la prima data corrispondente al deposito della minuta della sentenza (Cassazione, sentenze 12681/2008, 14862/2009 e 13179/2011).

Con la pronuncia in esame, la Corte, aderendo al primo indirizzo, sottolinea che il procedimento di pubblicazione di una sentenza, coincidente con il suo deposito, è unitario nonostante vi concorrano sia l’attività del giudice (di deposito in cancelleria del documento), sia quella del cancelliere (di pubblicazione mediante il compimento di determinate formalità che rendono “certificato” tale deposito), e garantisce, quale effetto legale, la conoscibilità del provvedimento giurisdizionale erga omnes anche ai fini della decorrenza del termine di impugnazione.

Nel processo civile il principio secondo cui la sentenza è pubblicata con il deposito resta valido tanto se la decisione del giudice monocratico o collegiale avviene a seguito di trattazione scritta o mista, quanto se ha luogo a seguito di discussione orale. Il giudice, infatti, può:
- consegnare la minuta al cancelliere o per la redazione dell’originale (previa specificazione sul documento che esso contiene la minuta del documento) o per il completamento di alcune parti della sentenza (articolo 132, numeri 1, 2 e 3 c.p.c. – ad esempio, perché ancora da integrare con “l’intestazione” e cioè con l’epigrafe e le conclusioni delle parti) o perché ancora da “controfirmare” dal presidente
- provvedere direttamente alla redazione integrale della sentenza e consegnare il documento, completo in ogni sua parte e conforme al modello normativo (articoli 132 c.p.c. e 118 delle disposizioni di attuazione del c.p.c.), ufficialmente in cancelleria, o trasmetterlo in formato elettronico per via telematica mediante Pec (articolo 48, Dlgs 82/2005).

In relazione all’una o all’altra attività del giudice, il cancelliere non ha facoltà di scindere il procedimento unitario di pubblicazione della sentenza, segmentando in fasi successive l’attività di deposito (della minuta e dell’originale) e di pubblicazione; né ha margine di discrezionalità sulla data in cui rendere pubblica la stessa sentenza, poiché le norme che ne disciplinano il deposito attribuiscono solo al giudice la responsabilità di stabilire il momento nel quale l’attività giurisdizionale di decisione della causa deve essere compiuta.

L’attività del cancelliere è, quindi, ricognitiva della completezza del documento, in originale, che gli viene consegnato, oltre che vincolata nel quomodo – mediante apposizione di data e firma in calce – e nel quando, dovendo dare atto del deposito, nel luogo e nella data in cui avviene la consegna (attestazione assistita dalla presunzione di veridicità fino a querela di falso: articolo 2700 c.c.; cfr Cassazione, sentenze 9622 e 17290 del 2009).

Va detto, infine, che anche per le impugnazioni delle sentenze dei giudici tributari, il meccanismo è omologo al processo ordinario e quindi, in caso di omessa notifica della sentenza a istanza di parte, il termine lungo per impugnarla decorre dalla sua pubblicazione (articoli 38 e 51, Dlgs 546/1992) che avviene mediante deposito in segreteria, attestato dalla firma e dalla data apposte sulla sentenza dal segretario (articolo 37, Dlgs 546/1992, analogo all’articolo 133 c.p.c. – Cassazione, sentenza 25356/2007).


Fonte: Agenzia Entrate

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