Fari puntati sull’imposta di registro. Il focus è arrivato con la circolare n. 27/E del 21 giugno, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha, tra i diversi casi presi in esame, approfondito la fiscalità “indiretta, relativa alle disposizioni contenute in accordi di separazione e divorzio, oppure conseguenti a questi. Analizziamo le diverse indicazioni, arrivate con il documento di prassi

Decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, che possono avere un ampio oggetto, sono caratterizzati da una prima fase a carattere stragiudiziale, in cui debitore e creditore concludono un accordo sul risanamento dell’impresa, e una seconda di natura giudiziale, in cui si procede all’omologazione dell’accordo raggiunto.
Ai decreti in esame è applicabile l’imposta di registro in misura fissa di 168 euro (articolo 8, lettera g), della Tariffa, parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro), nel rispetto del criterio di carattere nominalistico valorizzato dal consolidato orientamento giurisprudenziale (Corte di cassazione, sentenza n. 19141/2010) e recepito dalla recente risoluzione n. 27/2012, che ha previsto l’applicazione del medesimo trattamento fiscale per i decreti di omologazione del concordato preventivo.

Decreto di omologazione del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore
La circolare fornisce chiarimenti in ordine al trattamento fiscale applicabile al decreto di omologa del concordato fallimentare nel caso di concordato con intervento del terzo assuntore, laddove quest’ultimo si accolli tutti i debiti della procedura concorsuale, con liberazione integrale della società insolvente e contestuale assunzione a proprio favore dell’attivo della procedura.
Al riguardo viene precisato (in tal senso si era già espressa la già citata risoluzione n. 27/2012) che le conclusioni cui si è pervenuti con riferimento ai decreti di omologazione del concordato preventivo non sono applicabili all’ipotesi di concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore.

Tramite tale concordato, l’assuntore si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, in ossequio alle norme civilistiche sull’accollo dietro corrispettivo della cessione delle attività fallimentari.
Il decreto di omologa del concordato con intervento del terzo assuntore, in quanto atto traslativo della proprietà di beni in favore del terzo assuntore, deve essere assoggettato a imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 8, lettera a), della Tariffa, parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro.

L’accollo delle obbligazioni che scaturiscono dal concordato da parte del terzo assuntore costituisce, inoltre, una disposizione intrinsecamente connessa a quella relativa al trasferimento dell’attivo fallimentare, essendo entrambe finalizzate a realizzare una vicenda giuridica unitaria e inscindibile. Tale connessione non consente di ritenere le disposizioni giuridiche espressione di una autonoma capacità contributiva.
Da ciò deriva l’applicazione della disposizione recata dall’articolo 21, secondo comma, del Testo unico dell’imposta di registro, in base al quale l’imposta di registro si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa, da determinare sia con riferimento all’aliquota, sia con riferimento alla base imponibile.

Disposizioni patrimoniali a favore dei figli contenute in accordi di separazione e divorzio
L’articolo 19 della legge n. 74/1987 prevede, tra l’altro, che tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.
Tale disposizione esentativa deve ritenersi applicabile non soltanto agli accordi di natura patrimoniale direttamente riferibili ai coniugi, ma agli accordi aventi ad oggetto disposizioni negoziali in favore dei figli.

La conclusione è coerente con l’orientamento giurisprudenziale (cfr Corte costituzionale, sentenza n. 202/2003, e Corte di cassazione, sentenza n. 11458/2005), secondo il quale la norma esentativa garantisce l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici, anche tramite atti che producono effetti favorevoli nei confronti dei figli.
Difatti, gli accordi stipulati in favore dei figli, che garantiscono la tutela obbligatoria nei confronti della prole, costituiscono spesso l’unica soluzione per dirimere controversie di carattere patrimoniale.

Pertanto, l’esenzione in parola deve ritenersi applicabile anche alle disposizioni patrimoniali in favore dei figli disposte in accordi di separazione e divorzio, a condizione che il testo dell’accordo omologato dal tribunale preveda esplicitamente, per garantire la certezza del diritto, che l’accordo patrimoniale a beneficio dei figli sia funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale.

Trasferimento, nell’ambito degli accordi di separazione o divorzio, dell’immobile acquistato fruendo delle agevolazioni prima casa anteriormente al decorso del quinquennio
La circolare fornisce anche chiarimenti sul verificarsi o meno della decadenza dalle agevolazioni prima casa nel caso in cui, nell’ambito dell’accordo di omologazione della separazione o del divorzio, sia previsto che uno dei coniugi trasferisca, prima del decorso dei cinque anni dall’acquisto, il 50% della casa acquistata con le agevolazioni prima casa, ovvero nell’ipotesi in cui entrambi i coniugi vendano, nel quinquennio, a terzi la propria casa coniugale, con rinuncia effettuata, da parte di uno dei due a favore dell’altro, all’incasso del ricavato della vendita.

Con riferimento alla prima ipotesi, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il trasferimento al coniuge prima che decorra il termine quinquennale concretizza un atto relativo al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, che beneficia dell’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa disposta dall’articolo 19 della legge n. 74/1987.

Pertanto, tale regime di favore trova applicazione anche al fine di escludere il verificarsi della decadenza dalle agevolazioni prima casa, qualora, in adempimento di un obbligo assunto in sede di separazione o divorzio, uno dei coniugi ceda all’altro la propria quota di immobile, prima del decorso del quinquennio; la decadenza non ha luogo, a prescindere dalla circostanza che il coniuge cedente provveda all’acquisto di un nuovo immobile.

Non si verifica inoltre decadenza nell’ipotesi in cui, in base all’accordo omologato dal tribunale, entrambi i coniugi alienino a terzi la proprietà dell’immobile, con rinuncia da parte di uno dei coniugi a favore dell’altro, all’incasso del ricavato derivante dalla vendita. La decadenza può essere esclusa solo nel caso in cui il coniuge, al quale viene assegnato l’intero corrispettivo derivante dalla vendita, riacquisti entro un anno dall’alienazione un altro immobile da adibire ad abitazione principale. Difatti, benché in tale ipotesi non trovi applicazione l’esenzione disposta dal citato articolo 19 della legge n. 74/1987, va considerato che il coniuge tenuto a riversare le somme percepite dalla vendita all’altro coniuge non beneficia di alcun arricchimento dalla vendita dell’immobile. Il ricavato della vendita è infatti percepito interamente dall’altro, in capo al quale resta fermo l’onere, al fine di evitare la decadenza, di procedere all’acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale. Pertanto, il coniuge che cedendo l’immobile a terzi riversi il ricavato della vendita all’altro coniuge non è tenuto ad acquistare un nuovo immobile per evitare la decadenza.

Cessione di area gravata da vincolo di inedificabilità assoluta alla quale risulta connesso un diritto di cubatura
L’ipotesi in questione riguarda un atto di cessione tra società non avente ad oggetto esclusivamente l’area gravata da vincolo di inedificabilità, ma l’aspettativa connessa alla futura compensazione edificatoria, sulla base della quale la società proprietaria, a fronte della successiva cessione dell’area non edificabile in favore del Comune, riceverà dall’ente locale una cubatura di valore corrispondente, collocata su un’area ubicata in altri comprensori urbani.

Nell’ipotesi in cui sia possibile distinguere nel contratto di compravendita la parte di corrispettivo ascrivibile alla cessione del terreno non edificabile da quella riconducibile alla cessione della futura cubatura, la prima va assoggettata a imposta di registro nella misura dell’8 per cento, mentre il residuo importo del corrispettivo relativo alla cessione dei diritti edificatori nella nuova localizzazione sconta l’Iva al 21 per cento; nel caso in cui le parti non operino una distinzione nell’ambito del corrispettivo dovuto, l’intera operazione deve essere soggetta ad imposta di registro nella misura dell’8 per cento.


Fonte: Agenzia Entrate

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