Con sentenza 109 del 26 aprile, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, con ordinanza 236 del 24 maggio 2011, dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia in ordine all’articolo 49 del Dlgs 546/1992, con riferimento agli articoli 3, 24, 53, 111 e 113 della Costituzione.

La questione di legittimità costituzionale
Secondo il giudice di merito, l’articolo 49 del Dlgs 546/1992, contrariamente a quanto prospettato dalla Corte costituzionale con sentenza 217/2010, risulterebbe incostituzionale, nella parte in cui non prevede la possibilità di sospensione dell’esecutività della sentenza di appello, impugnata con ricorso per cassazione, qualora dalla sua esecuzione possa derivare un danno grave e irreparabile.
Si consentirebbe, infatti, “all’amministrazione finanziaria di procedere alla riscossione del tributo e degli accessori durante la pendenza del giudizio, senza prevedere in favore del contribuente, dal grado di appello in poi, alcuno strumento di tutela cautelare”.
Ciò alla luce di un’interpretazione:
letterale, in quanto, mentre con riferimento all’atto impugnato, l’articolo 47 del Dlgs 546/1992 prevede la possibilità di sospensione, nessuna disposizione normativa sembrerebbe legittimare la sospensione delle sentenze di secondo grado
sistematica, in quanto il divieto di sospensione delle sentenze tributarie di secondo grado potrebbe desumersi dal combinato disposto dell’articolo 47, il quale, come poc’anzi detto, prevede la sospensione soltanto dell’atto impugnato, del successivo articolo 61, secondo il quale, nel procedimento di appello si osserva la normativa prevista per quello di primo grado (compresa quella cautelare) “in quanto compatibile”, dello stesso articolo 49 che, nel dettare una disciplina specifica sulla questione in esame, esclude la possibilità di applicare le norme previste per il procedimento di primo grado, e dell’articolo 19 del Dlgs 472/1997 che disciplina espressamente la sospensione dell’esecuzione delle sanzioni tributarie in grado di appello
autoritativa, in quanto il divieto di sospensione delle sentenze tributarie di secondo grado sembrerebbe potersi desumere dagli orientamenti giurisprudenziali (Corte costituzionale 165/2000 e Cassazione 21121/2010 e 7815/2010) e amministrativi (circolari 98/2006 e 73/2001).

La motivazione della Corte costituzionale
Con sentenza 109/2012, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Ctr Lombardia, ritenendo che l’articolo 49 del Dlgs 546/1992 può essere interpretato “in modo da superare i prospettati dubbi di legittimità costituzionale”.
Più precisamente, i giudici della Consulta, dopo aver richiamato la sentenza 217/2010, con cui la Corte costituzionale si era già espressa nello stesso senso, hanno elaborato il seguente ragionamento:
l’articolo 49 del Dlgs 546/1992 stabilisce che alle impugnazioni delle sentenze delle Commissioni tributarie “si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del c.p.c., escluso l'art. 337”, prevede, quindi, l’inapplicabilità al processo tributario dell’articolo 337 cpc
l’articolo 337, primo comma, cpc prevede che “L’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione di essa, salve le disposizioni degli articoli… 373…”, fissa, pertanto, una regola (l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione della stessa) e una eccezione alla stessa (l’articolo 373 cpc)
l’articolo 373, primo comma, cpc, stabilisce, a sua volta, che “Il ricorso per cassazione non sospende l'esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione”. Qui si legge, quindi, una regola identica a quella sancita dall’articolo 337 cpc (il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza) e una eccezione alla stessa (il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può disporre la sospensione dell’esecuzione della medesima sentenza).

In considerazione di tale quadro normativo, i giudici costituzionali hanno ritenuto che l’inapplicabilità al processo tributario della regola della “non sospendibilità della sentenza per effetto dell’impugnazione della sentenza” sancita dagli articoli 337 e 373 del codice di procedura civile non comporta necessariamente l’inapplicabilità anche dell’eccezione alla regola e, conseguentemente, non esclude di per sé la sospendibilità ope iudicis dell’esecuzione della sentenza di appello impugnata per cassazione.

Più precisamente, affermano che “una siffatta concatenazione di norme può essere intesa anche nel senso che è «esclusa» l'applicazione al processo tributario della regola (fissata dal primo comma dell'art. 337 cod. proc. civ.) secondo cui le impugnazioni delle sentenze non hanno effetto sospensivo dell'esecuzione di queste. In tal modo si renderebbero applicabili, proprio perché non piú "eccezionali", le ipotesi di sospensione cautelare dell'esecuzione della sentenza impugnata previste dagli «artt. 283, 373 [...] e 407» cod. proc. civ. e fatte salve dallo stesso art. 337 del medesimo codice”.
È, dunque, questa l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, capace di salvare da censure di incostituzionalità l’articolo 49 del Dlgs 546/1992.

Peraltro, tale interpretazione è stata recentemente confermata dalla Corte di cassazione, la quale, con la sentenza 2845/2012, ha enucleato il seguente principio di diritto: “Al ricorso per cassazione avverso una sentenza delle Commissioni Tributarie Regionali si applica la disposizione di cui all'art. 373 c.p.c., comma 1, secondo periodo, giusta la quale il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione…”.


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top