In caso di irrituale notifica dell’atto “presupposto”, il vizio deve essere fatto valere impugnando l’atto “successivo” (ex articolo 19, comma 3, decreto legislativo n. 546/1992). Di conseguenza, deve essere rigettato il ricorso del contribuente che, in luogo dell’autonoma impugnazione della cartella di pagamento, impugna solo l’avviso di accertamento fuori termine, affermandone la nullità per inesistenza della notifica.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 6721 del 4 maggio.

I fatti
L’Agenzia delle Entrate ha notificato un avviso di accertamento per Ilor 1995 al legale rappresentante di una società in nome collettivo e all’altro socio, resosi definitivo per mancata impugnazione, cui ha fatto seguito la cartella di pagamento delle somme dovute, non impugnata. Solo nel 2005 la società, avendo avuto conoscenza per caso dell’avviso di accertamento, ha proposto ricorso avverso tale atto.

Sia in primo grado che in appello, i giudici tributari hanno ritenuto che la notifica dell’avviso non era avvenuta in modo conforme alle disposizioni del codice di procedura civile, omettendo però di decidere sull’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso proposto oltre i termini (ex articolo 21 del Dlgs n. 546/1992).

In particolare, la sentenza della Commissione tributaria regionale di Palermo ha ritenuto che la procedura di notifica dell’avviso di accertamento fosse stata eseguita in violazione delle prescrizioni dell’articolo 145 cpc (non essendosi verificata l’impossibilità di eseguire la consegna né per irreperibilità, né per incapacità, né per rifiuto) e, in ogni caso, con omessa indicazione nella relata di notifica degli elementi imposti dagli articoli 145, 138 e 139 del codice di procedura civile.
Inoltre, a parere dei giudici di appello, l’inidoneità della procedura di notifica dell’avviso non si sarebbe potuta rilevare “in occasione della notifica della cartella … in quanto i vizi di notifica dell’atto presupposto ne avrebbero comunque inficiato la validità”.

L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro, violazione e falsa applicazione degli articoli 19, comma 3, e 21, del Dlgs n. 546/1992, non avendo il giudice di appello rilevato che, pur ritenendo inidonea la procedura di notifica dell’avviso di accertamento, quest’ultimo avrebbe dovuto essere comunque impugnato unitamente alla consequenziale cartella di pagamento.
La Corte, dopo aver richiamato il suo costante indirizzo, sia pure dettato in materia di avviso di mora, ma estensibile a ogni fattispecie di correlazione tra atto presupposto e atto consequenziale, ha affermato che “… il contribuente il quale lamenti che la notificazione dell'avviso di mora non sia stata preceduta dalla regolare notificazione degli atti di imposizione, ha l'onere di impugnare congiuntamente sia l’avviso di mora, sia gli atti da questo presupposti e non notificatigli. In difetto, egli decade … dal potere di impugnare i suddetti provvedimenti…”.

Osservazioni
Nella fattispecie sottoposta all'esame della Cassazione, la società ha avuto conoscenza della pendenza tributaria solo con la notifica (correttamente eseguita) della successiva cartella di pagamento, ma ha proposto ricorso contro l'avviso di accertamento, ormai definitivo, domandando la rimessione in termini per impugnare e la nullità dell'atto impositivo per vizio della sua notifica.
Ma tale rimedio non è corretto perché:
contrasta con l'articolo 19, comma 3, Dlgs n. 546/92
la remissione in termini non può essere invocata nel caso di vizio di notifica
comunque la cartella di pagamento non è stata impugnata.
L'articolo 19, comma 3, del Dlgs n. 546/92 prevede, infatti, che "Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo".

Per ottenere la dichiarazione di nullità dell'atto successivo (cartella di pagamento) a seguito dell'omessa notifica dell'atto presupposto (avviso di accertamento), al contribuente è consentito scegliere se impugnare:
- solo l'atto consequenziale notificatogli, facendo valere il vizio derivante dall'omessa notifica dell'atto presupposto
- oppure, cumulativamente, anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest'ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria (Cassazione, n. 14361/2011).

Nel primo caso, dal vizio di notifica dell'atto presupposto deriverà la nullità dell'atto consequenziale per vizio procedurale proprio dell'atto successivo (Cassazione, sentenza n. 16412/2007, ordinanza n. 12223/2010). Ciò in quanto l'irrituale od omessa notifica dell'atto presupposto, incidendo sulla correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria, non assicura il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, al fine di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario (Cassazione, sentenze n. 5791/2008, n. 16050/2011, n. 14361/2011 e n. 9902/2011).
Nel secondo caso, invece, "il giudizio riguarderà… sia i vizi del primo atto non notificato sia quelli del secondo atto notificato" (circolare n. 98/1996).

Di conseguenza, la società avrebbe potuto impugnare o la sola cartella (domandando al giudice di accertare la sussistenza del vizio di notifica e, inoltre, in caso di riscontro positivo all'esito dell'istruttoria processuale, sollecitando l'annullamento dell'atto consequenziale per invalidità derivata) o, insieme, cartella e avviso (chiedendo al giudice di verificare l'esistenza della pretesa tributaria).
Ma così non è stato: la società, infatti, lamentando il vizio di notifica dell'atto impositivo, che può determinare la tardività del ricorso, ha impropriamente chiesto la remissione in termini pur in assenza di situazioni eccezionali (ad esempio, la forza maggiore) che avrebbero reso impossibile il rispetto del termine per l'impugnazione.

Infine, deve osservarsi che, comunque, la contribuente avrebbe visto dichiarare inammissibile il suo ricorso, anche se avesse seguito la corretta interpretazione dell'articolo 19 del Dlgs 546/92 (e, cioè, se avesse impugnato o la sola cartella di pagamento o entrambi gli atti), in quanto la sua impugnazione sarebbe stata tardiva (ex articolo 21 del Dlgs 546/92), essendo stata presentata ben oltre i 60 giorni dalla notifica (correttamente effettuata) della cartella di pagamento.


Fonte: Agenzia Entrate

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