Nell’ipotesi di dichiarazione congiunta, i coniugi sono obbligati in solido per le maggiori imposte accertate con riferimento ai redditi denunciati in conseguenza di attività che fanno capo esclusivo a uno solo dei coniugi (i redditi di impresa del marito, nella fattispecie esaminata dalla Corte).
Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza del 7 marzo 2012, n. 3526.

I fatti
Nel 2001 una contribuente veneta ha proposto ricorso avverso gli avvisi di accertamento per Irpef e Ilor relativi agli anni 1994, 1995 e 1996. Gli atti erano stati notificati al marito, coniuge codichiarante, ed erano stati comunicati alla signora unitamente a un’istanza di misure cautelari avanzate anche nei suoi confronti.
La contribuente, separata legalmente dal marito nel 1997, ha proposto ricorso sostenendo, tra l’altro, l’inapplicabilità nei suoi confronti della responsabilità solidale prevista dall’articolo 17 della legge 114/1977, in quanto gli accertamenti riguardavano unicamente l’attività imprenditoriale del marito, alla quale la signora era rimasta estranea.

Nonostante vittoriosa in primo grado, la contribuente, poi soccombente in appello, ha impugnato in Cassazione la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, deducendo, tra l’altro, violazione dell’articolo 17, quinto comma, della legge 114/1997, in quanto il vincolo di responsabilità solidale doveva intendersi limitato al reddito esposto nella dichiarazione, senza possibilità di estensione a obbligazioni derivanti da un successivo accertamento di maggiori redditi operato nei confronti dell’altro coniuge. A parere della signora, una diversa interpretazione della norma avrebbe, di fatto, tradotto la solidarietà in responsabilità oggettiva, con violazione del principio costituzionale di capacità contributiva.

La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che “... qualora i coniugi non legalmente ed effettivamente separati presentino, a norma della L. 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, su un unico modello la dichiarazione dei redditi di ciascuno di essi, i relativi accertamenti in rettifica, aventi ad oggetto, perciò, ‘i redditi di ciascuno di essi’, sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati nei confronti del marito …” (Cassazione, n. 3526/2012).

Osservazioni
La Corte precisa la portata della responsabilità solidale dei coniugi codichiaranti.
In particolare, chiarisce che moglie e marito rispondono in solido dei “redditi di ciascuno di essi” accertati dall’Amministrazione finanziaria e del pagamento di imposte, soprattasse, pene pecuniarie e interessi successivamente iscritti a ruolo a nome del marito.

L’articolo 17, comma 1, della legge 114/1977 (soppresso dall’articolo 9, comma 6, Dpr 322/1998) consente ai “coniugi non legalmente ed effettivamente separati” la presentazione di un unico modello di dichiarazione dei redditi e all’ufficio l’effettuazione degli accertamenti in rettifica a nome di entrambi i coniugi e la notifica al solo marito “nell’ipotesi prevista dal primo comma”, quando cioè al momento della dichiarazione i coniugi non sono separati.
Con la precisazione che la moglie risponde del debito riferibile al reddito prodotto soltanto dall’altro coniuge per un vincolo di solidarietà dipendente (Cassazione, sentenza 19056/2006) ed è, quindi, responsabile, in rettifica, della dichiarazione congiunta, per il maggior reddito d’impresa prodotto dal marito (Cassazione, sentenza 3526/2012).

A tale riguardo, deve osservarsi che la solidarietà tributaria si presenta, allo stesso modo di quella civilistica, come un modo di attuazione del rapporto obbligatorio che può manifestarsi sia come contitolarità di una posizione debitoria fra più soggetti, caratterizzata dall’esistenza di un interesse comune a tutti (solidarietà paritetica), sia come una situazione di presenza di più obbligati, con un interesse unisoggettivo, riferibile cioè a uno solo (solidarietà dipendente).
Di conseguenza, nonostante sia soggetto autonomo d’imposta, la donna coniugata che scelga di avvalersi della dichiarazione congiunta (ex articolo 17, legge 114/1977) fa propri i conseguenti vantaggi e oneri comunque conseguiti, “introducendo volontariamente l’obbligo di solidarietà con la responsabilità tributaria del marito, per ogni tributo … carico di quest’ultimo” (Cassazione, sentenza 22692/2007).

E tale scelta non contrasta:
né con i principi di eguaglianza e di capacità contributiva, poiché l’accertamento riguarda un reddito omesso o infedelmente indicato nella dichiarazione congiunta, frutto di libera scelta del contribuente (Cassazione, ordinanza 15570/2011)
né con il diritto di difesa della moglie, che comunque può tutelare i propri diritti; può impugnare l’atto conseguente all’avviso di accertamento notificato al marito, “ancorché questo sia divenuto definitivo per mancata impugnazione” da parte dello stesso (Cassazione, sentenza 20856/2010). La moglie codichiarante, infatti, è legittimata a proporre autonoma impugnazione dell’accertamento a carico del marito in quanto è corresponsabile delle maggiori imposte e degli accessori relativi all’accertamento. Tale diritto ha la sua ratio nella circostanza che al marito non è attribuita ex lege la legittimazione ad agire anche per la moglie, ed è rafforzato dalla possibilità per la moglie, cui l’avviso non viene notificato, di impugnare cumulativamente l’atto conseguente (a lei diretto e il primo notificatole personalmente) e lo stesso accertamento, notificato solo nei confronti marito (Cassazione, sentenza 29709/2007), facendo valere tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, e non solo i vizi dell’atto conseguente (Cassazione, sentenze 9521/2011 e 20856/2010).

Tale scelta, inoltre, non risente delle vicende del matrimonio successive alla dichiarazione (Cassazione, sentenza 3526/2012). A tale riguardo, infatti, sono irrilevanti, al fine di riconoscere la sussistenza della responsabilità solidale della moglie codichiarante, sia la sopravvenuta separazione giudiziale, sia la cessazione degli effetti civili del matrimonio (Cassazione, sentenze 21959/2010 e 25486/2009).


Fonte: Agenzia Entrate

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