In vista del rush finale per la chiusura agevolata delle controversie “minori”, ovvero quelle di valore non superiore a 20mila euro, l’Agenzia delle Entrate interviene nuovamente, con la circolare n. 7/E del 15 marzo, per fornire chiarimenti e illustrare le novità apportate all’istituto (disciplinato dall’articolo 39, comma 12, del Dl 98/2011) dall’articolo 29, comma 16-bis, del Dl 216/2011 (decreto “milleproroghe”).

Ampliamento dell’ambito di applicazione della definizione
Per effetto della modifica normativa, sono ora ammesse alla sanatoria le liti fiscali che risultavano pendenti alla data del 31 dicembre 2011. Si tratta di tutte quelle controversie instaurate per la prima volta, mediante proposizione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, nel periodo compreso tra il 2 maggio e il 31 dicembre 2011.
Bisogna, tuttavia, fare attenzione che su tali liti non sia già intervenuta una pronuncia giurisdizionale definitiva prima dell’entrata in vigore della legge 14/2012 (di conversione del “milleproroghe”), vale a dire prima del 28 febbraio. In tali casi, infatti, la definizione non è ammessa.
Altra ipotesi con accesso sbarrato alla definizione è quella in cui, al momento della presentazione della domanda, sia già stata depositata una sentenza o un’ordinanza decisoria della Corte di cassazione, la quale assume natura di giudicato intangibile per le parti.
Le controversie definibili in base alla nuova disciplina beneficiano della sospensione dei giudizi fino al 30 giugno 2012, ma solo in relazione a tutti gli atti e le attività compiute successivamente al 28 febbraio. Se il giorno dell’udienza era stato già fissato nel periodo compreso tra tale data e il 15 luglio 2012, il contribuente può chiedere comunque la sospensione del giudizio, qualora desideri avvalersi della sanatoria.

Riapertura dei termini anche per il versamento
La seconda novità di rilievo riguarda l’unificazione, al 2 aprile 2012, del termine ultimo per provvedere al versamento degli importi dovuti e per presentare la domanda di definizione. Ciò vale sia per le controversie già pendenti alla data del 1° maggio 2011 sia per quelle ricomprese a seguito della modifica normativa, sempreché alla data di entrata in vigore della norma non sia intervenuta una pronuncia giurisdizionale definitiva.
Questo consentirà di beneficiare della definizione agevolata anche agli eventuali “ritardatari”, che non avevano eseguito il versamento per tempo, ma anche a coloro che, pur essendo decisi, fino a qualche mese fa, a proseguire nel giudizio, nel frattempo ci abbiano ripensato.

Ricorsi tardivi: possibile la definizione solo se la controversia è “reale”
La circolare si preoccupa di risolvere anche alcune questioni di carattere interpretativo, concernenti i profili applicativi della nuova disciplina.

Non può avvalersi della definizione agevolata il contribuente che abbia impugnato un avviso di accertamento oltre i termini di decadenza prescritti dalla legge, al solo scopo di precostituire artificiosamente una controversia pendente, che rispetti i requisiti previsti dalla norma agevolativa, e poter, così, pagare un’imposta inferiore rispetto a quella effettivamente accertata.
Lo stabilisce sia la circolare n. 48/2011 (“…sono ammesse … alla definizione anche le liti instaurate mediante ricorsi – in sé inammissibili – proposti oltre i termini prescritti dalla legge …, purché prima del 6 luglio 2011 non sia intervenuta pronuncia definitiva di inammissibilità”) sia la giurisprudenza di legittimità, la quale, con la sentenza n. 19693/2011, ha statuito che “…una lite può considerarsi "pendente" (anche ove si possa prospettare inammissibile il ricorso introduttivo di quella) allorché essa possa considerarsi "reale", e sia, cioè, provvista di un margine di incertezza, tanto che permanga l’interesse, non solo del contribuente ma anche dell’amministrazione, a definirla”.

Ruoli emessi ai fini della liquidazione di redditi soggetti a tassazione separata
La circolare esclude la definibilità dei ruoli emessi a seguito dell’attività di liquidazione automatizzata (ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973), delle imposte dovute sui redditi soggetti a tassazione separata, ai sensi dell’articolo 1, comma 412, della legge 311/2004. Ciò in quanto, come precisato anche dalla circolare 48/2011, ci troviamo di fronte a un’attività di mera liquidazione, che non conduce all’emanazione di un atto impositivo, come tale definibile.

Sì alla definizione per gli avvisi di liquidazione se viene impugnato anche l’atto di classamento
E’ possibile porre fine a controversie concernenti l’impugnazione di avvisi di liquidazione, emessi ai sensi dell’articolo 12 del Dl 70/1988, finalizzati al recupero delle maggiori imposte sui trasferimenti degli immobili non censiti, qualora con essi venga portata per la prima volta a conoscenza del destinatario “… una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, in via provvisoria, al momento della richiesta di registrazione…”. Ciò a condizione che sia stato impugnato anche il provvedimento di attribuzione della rendita catastale emesso dal competente ufficio dell’Agenzia del Territorio.
Quest’ultima controversia segue, invece, una strada autonoma, in quanto nella stessa mancano due presupposti indefettibili richiesti dall’articolo 39, comma 12, del Dl 98/2011 per la definizione, ossia la natura fiscale della lite e la legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate.

E se la Cassazione dispone il rinvio? Si applica il 30%
L’Agenzia delle Entrate ribadisce il principio secondo cui un’eventuale pronuncia con cui la Corte di cassazione dispone il rinvio fa venire meno tutte le precedenti pronunce, come già espresso nella circolare 48/2011.
Tale ipotesi è assimilabile a quella in cui “…non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio”, ipotesi nella quale trova, appunto, applicazione l’aliquota del 30% sul valore della controversia.


Fonte: Agenzia Entrate

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