Domanda
Il procedimento di VIA può legittimamente concludersi con il diniego di autorizzazione di un progetto privato diretto a realizzare un'attività produttiva destinata ad incrementare l'occupazione?

RispostaAndrea FacconAl fine di rispondere al quesito giova ricordare che il D.Lgs. 03-04-2006, n. 152, come integrato dall'art. 1, comma 2, D.Lgs. 16-01-2008, n. 4, ha recepito nella legislazione ambientale interna il principio del c.d. sviluppo sostenibile.
In base all'art. 3-quater, D.Lgs. 03-04-2006, n. 152 cit., infatti "1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.
2. Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.
3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro.
4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane".
La Giurisprudenza ha chiarito la portata della novella legislativa nel quadro della soluzione di controversie relative alla legittimità di provvedimenti di assoggettamento a VIA ovvero di diniego della VIA relativa a progetti aventi significativi impatti sull'ambiente. Il Consiglio di Stato ha osservato che nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale (ed a maggior ragione nell'effettuare la verifica preliminare), l'Amministrazione - che esercita una amplissima discrezionalità tecnica sebbene censurabile sia per macroscopici vizi logici, sia per errore di fatto, sia per travisamento dei presupposti - non deve limitarsi ad apprezzare solo i profili di ubicazione e dimensione del progetto, ma ha l'obbligo di accertarne la natura sostanziale (cfr. da ultimo Corte giustizia comunità Europee Sez. III, 25 luglio 2008, n. 142/07).
Secondo i Giudici amministrativi, il problema del punto di equilibrio tra realizzazione di infrastrutture e tutela dell'ambiente e del paesaggio e, dunque, del concreto atteggiarsi del principio dello sviluppo sostenibile (ora codificato dall'art. 3-quater, D.Lgs. 03-04-2006, n. 152), meglio si chiarisce anche in relazione alla valutazione dell'utilizzazione economica delle aree protette; per cui non dovrebbe parlarsi di sviluppo sostenibile ossia di sfruttamento economico dell'ecosistema compatibile con esigenza di protezione, ma, con prospettiva rovesciata, di protezione sostenibile, intendendosi con tale terminologia evocare i vantaggi economici che la protezione in sé assicura senza compromissione di equilibri economici essenziali per la collettività, ed ammettere il coordinamento fra interesse alla protezione integrale ed altri interessi solo negli stretti limiti in cui l'utilizzazione del territorio non alteri in modo significativo il complesso dei beni compresi nell'area protetta; si deve ammettere l'alterazione dei valori ambientali solo in quanto non vi siano alternative possibili da individuarsi proprio grazie alla procedura di VIA (Cons. Stato Sez. VI, 16 novembre 2004, n. 7472).
Detto altrimenti, alla stregua della disciplina comunitaria e nazionale (ed eventualmente regionale), la VIA non può essere intesa come limitata alla verifica della astratta compatibilità ambientale dell'opera ma si sostanzia in una analisi comparata tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio economica, tenuto conto delle alternative praticabili e dei riflessi della stessa "opzione zero"; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste (Cons. Stato Sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246).
Pertanto, alla luce della Giurisprudenza più recente, deve ritenersi conforme a legge che il procedimento di VIA si concluda con il diniego di autorizzazione di un progetto privato diretto a realizzare un'attività produttiva, ancorché destinata a incrementare l'occupazione.


Fonte: IPSOA

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