La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia fra una società spagnola di diritto privato e l’Amministrazione generale dello Stato. Il diverbio è sorto in merito alla richiesta della società ricorrente di portare in detrazione, dall’imposta sulle società, nel regime del reddito mondiale, l’imposta dovuta in Belgio e calcolata sugli interessi là conseguiti. L’Amministrazione generale, per suo conto, negava la possibilità asserendo che l’imposta è effettivamente dovuta ma non è stata mai versata in quanto compensata per effetto di un meccanismo di esenzione previsto dalla legislazione nazionale.

La causa principale
A seguito di accertamenti fiscali relativi agli adempimenti tributari per il 1991, e relativi all’imposta sulle società, in considerazione che la legge 61/1978 consente la possibilità di detrazione di imposte soltanto se versate, era riconosciuta una maggiore base imponibile e conseguentemente una maggiore imposta da pagare. La società proponeva ricorso al Tribunale amministrativo che si pronunciava negativamente respingendo la richiesta della ricorrente. Rivendicando la possibilità di detrarre un’imposta non pagata per effetto di una esenzione, la società ricorrente adiva il Tribunale Supremo. Quest’ultimo, nell’analizzare la questione, argomentava come da una parte, secondo la normativa spagnola, si consente la detraibilità delle imposte non pagate, mentre dall’altra non riconoscere tale possibilità rischierebbe di compromettere la libera circolazione dei capitali. E questo in quanto verrebbe annullato il vantaggio fiscale di società di diritto spagnolo che investono in altro Stato membro, il Belgio, e pagano in quest’ultimo Stato imposte sugli utili. Imposte che, altrimenti, non verrebbero pagate se compensabili da agevolazioni fiscali nelle vesti di esenzioni. Nel dubbio normativo sollevato dai giudici del Tribunale Supremo il procedimento veniva sospeso per sottoporre alla Corte europea la questione pregiudiziale.

La questione pregiudiziale
I giudici della Corte sono stati chiamati a stabilire se gli articoli 63 e 67 del TFUE, debbano essere interpretati nel senso di vietare una normativa nazionale che contempla la possibilità di detrarre l’imposta dovuta per i redditi prodotti in altri Stati membri nel caso in cui l’imposta dovuta non sia effettivamente pagata per effetto di esenzioni, sgravi o altre agevolazioni di carattere fiscale.

Nel merito della questione
La direttiva n. 88/361 ha imposto agli Stati membri l’eliminazione di qualsivoglia restrizione alla libera circolazione dei capitali. Tuttavia la normativa, in una disposizione di deroga, consentiva alla Spagna talune restrizioni ai movimenti di capitali fino al 31 dicembre 1992. Pertanto, soltanto una volta accertata la restrizione alla libera circolazione di capitali, da parte della normativa controversa di cui alla fattispecie principale, il giudice del rinvio può interrogarsi sulla applicabilità o meno al caso di specie del ricordato regime derogatorio. Gli interessi versati da un soggetto passivo a uno Stato membro, in cui svolge solamente un’attività, rischia di subire una doppia imposizione nel caso in cui gli stessi interessi siano tassati sia nel Paese di origine, attraverso una ritenuta alla fonte, sia nel Paese di maturazione degli interessi assoggettati al regime impositivo di quest’ultimo Stato. Per prevenire tale ingiusta doppia tassazione sono state introdotte, nel diritto tributario internazionale, degli istituti quali le Convenzioni contro le doppie imposizioni. La Convenzione tra Spagna e Belgio, prevedeva all’articolo 23, n. 3, che la Spagna accordi, sull’imposta dovuta sugli interessi prodotti in Belgio, una detrazione sull’importo degli interessi. Nell’ambito della causa principale, la società ricorrente chiede proprio che l’imposta dovuta in Belgio, ma non pagata in virtù di esenzione, sia detratta dall’imposta sulle società spagnola. Ma alla stregua della richiamata normativa nazionale e comunitaria il giudice del rinvio sottolinea come sia detraibile soltanto un’imposta effettivamente pagata. Infatti, se i singoli Stati membri non sono tenuti ad adattare il loro sistema tributario a quello degli altri Stati, questo è a maggior ragione plausibile se tale adattamento sia richiesto per tutelare una fiscalità di vantaggio. Nella fattispecie in esame, la parte ricorrente non ha lamentato il trattamento discriminatorio degli interessi percepiti in virtù dello Stato di maturazione degli stessi. Nel contesto di diritto illustrato dal giudice del rinvio, non sembra possibile, nella fattispecie di cui alla causa principale, richiamarsi alle disposizioni contenute alla legge 230/1963, all’art. 57, n. 1 che concerne la possibilità di detrarre integralmente le imposte dovute all’estero, anche se non pagate per effetto di esenzione, qualora non sia rivendicato il carattere discriminatorio della mancata detrazione.

La pronuncia della Corte
I giudici giungono alla formulazione della pronuncia risolutoria affermando l’ammissibilità di una normativa nazionale, come quella di cui alla questione pregiudiziale, che non consenta la detrazione di un imposta dovuta in altri Stati membri per redditi prodotti in tali Stati, nella fattispecie in cui tale imposta, seppur dovuta, non sia versata per effetto di esenzioni, sgravi o vantaggi fiscali. Tale asserzione, in limine, deve essere letta pur sempre nel rispetto del trattamento riservato dalla normativa tributaria nazionale ai redditi che costituiscono la base imponibile dell’imposta non detratta.

Fonte: sentenza Corte UE del 8.12.2011 procedimento C-157/10

0 commenti:

 
Top