L’obbligo di compilazione del modulo RW con l’indicazione degli investimenti all’estero ovvero delle attività estere di natura finanziaria, introdotto dall’articolo 4 del Dl 167/1990, solo negli ultimi anni ha iniziato a registrare un maggiore interesse grazie anche all’ultimo “scudo fiscale” (Dl 78/2009) e a un progressivo inasprimento delle sanzioni.

Il decreto “salva Italia” n. 201/2011 - prossimo alla definitiva conversione in legge - si appresta a incidere nuovamente sull’importanza del monitoraggio fiscale. Infatti, come gli immobili siti nel territorio nazionale saranno soggetti a Imu (la nuova imposta municipale che sostituirà l’Ici), anche per gli immobili d’oltralpe di proprietà di contribuenti fiscalmente residenti in Italia è prevista l’introduzione di un’imposta patrimoniale.

Questa tipologia di investimento estero è tra quelle che ha registrato più interventi normativi negli ultimi tre anni.
Prima dell’entrata in vigore del Dl 78/2009, gli investimenti all’estero di natura non finanziaria, tra cui gli immobili, dovevano essere indicati nel modulo RW soltanto nel periodo d’imposta in cui avevano prodotto redditi imponibili in Italia. Nel caso degli immobili situati all’estero, gli stessi dovevano essere indicati nel modulo RW relativo al periodo d’imposta in cui erano stati dati in locazione ovvero avevano formato oggetto di cessione imponibile in Italia, o, se assoggettati a imposte sui redditi nello Stato estero (come accade, ad esempio, in Spagna), anche se tenuti a disposizione.
Al contrario, non doveva essere indicato nel modulo RW l’immobile tenuto a disposizione in un Paese che non ne prevedesse la tassazione ai fini delle imposte sui redditi (come, ad esempio, in Francia). Infatti, in tal caso, l’immobile era considerato non produttivo di redditi imponibili neanche in Italia, ai sensi dell’articolo 70, comma 2, del Tuir. Pertanto, in linea generale, fino al periodo d’imposta 2008, gli investimenti all’estero dovevano essere indicati nel modulo RW soltanto nel caso in cui avessero prodotto, nel periodo d’imposta di riferimento, redditi imponibili in Italia.

Considerata la duplice finalità del modulo RW, ovvero quella di fornire un quadro delle attività detenute all’estero, ma soprattutto quella di supportare l’efficacia dell’azione di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, l’Agenzia delle Entrate, al fine di rendere più incisivi i presidi posti in ambito internazionale a tutela del corretto assolvimento degli obblighi tributari, con la circolare 45/2010, e già un anno prima con la circolare 43/2009, ha ritenuto che la previsione normativa contenuta nell’articolo 4 del Dl 167/1990, nella parte in cui definisce gli investimenti all’estero da indicare nel modulo RW come quelli “[…] attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia […]”, dovesse essere intesa come riferita non solo a fattispecie di effettiva produzione di redditi imponibili in Italia, ma anche a ipotesi in cui la produzione dei predetti redditi sia soltanto astratta o potenziale.

In sostanza, sulla base di tali indicazioni, sono soggetti all’obbligo di monitoraggio le consistenze e i flussi relativi a tutti gli investimenti all’estero, al fine di verificare che il contribuente possa conseguire, anche in futuro, redditi di fonte estera fiscalmente rilevanti in Italia, ricompresi in una delle categorie reddituali del Tuir. La capacità del bene di produrre un reddito ricorre, infatti, non soltanto nel caso in cui il bene produca effettivamente un reddito, ma anche nel caso in cui sussista una capacità produttiva di reddito meramente potenziale e quindi eventuale e lontana nel tempo, derivante dall’alienazione, dall’utilizzo nonché dallo sfruttamento del bene, anche senza organizzazione d’impresa.
Pertanto, a partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2009 (Unico 2010), i contribuenti sono in ogni caso tenuti a indicare nel modulo RW non soltanto le attività di natura finanziaria, ma anche gli investimenti di altra natura quali, ad esempio, gli immobili tenuti a disposizione, le imbarcazioni, gli oggetti preziosi e le opere d’arte, indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili nel periodo d’imposta.

Il prossimo intervento normativo in materia è il “decreto salva Italia”, che incide, fra l’altro, proprio sugli investimenti immobiliari d’oltralpe, in quanto è prevista l’introduzione di nuova imposta dello 0,76% sul valore degli immobili detenuti all’estero a titolo di proprietà (ovvero di altro diritto reale) da contribuenti residenti in Italia, in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali lo stesso si è protratto.
Il testo approvato dalla Camera, all’articolo 19, comma 15, prevede che il valore da considerare come base imponibile è rappresentato “dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile”. Sarà pertanto sufficiente rispolverare il vecchio rogito notarile per individuare l’importo su cui applicare l’aliquota dello 0,76 per cento.

Per evitare il fenomeno della doppia imposizione, nel caso di immobili già assoggettati a imposta patrimoniale nello Stato estero (come, ad esempio, in Francia), il successivo comma 16 offre la possibilità di dedurre “fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d'imposta pari all'ammontare dell'eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l'immobile”.

La ricaduta reddituale sui beni oggetto di monitoraggio fiscale è prevista già a partire dal periodo di imposta 2011. Prima dell’entrata in vigore degli interventi previsti dal Dl 201/2011, invece, l’investimento immobiliare, nonostante fosse sempre da indicare nel quadro RW dell’Unico, era rilevante in termini reddituali soltanto qualora risultasse effettivamente una fonte di reddito. Solo in tale ultima ipotesi era da indicare nel quadro RL dell’Unico, con il relativo trattamento fiscale.


Fonte: Agenzia Entrate

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