La compiuta giacenza della raccomandata inviata dall’ufficio tributario e non ritirata dal contribuente non è ipotesi equiparabile al mancato ricevimento della raccomandata stessa. Si tratta, infatti, di una situazione che produce effetti giuridici nella sfera del destinatario e, a differenza del mancato ricevimento dell’atto, costituisce circostanza in positivo ai fini della regolare notifica dell’atto.
Così ha concluso la Commissione tributaria regionale di Firenze, con la sentenza 69 del 17 ottobre 2011, in una fattispecie in cui si discuteva degli effetti riconducibili al mancato ritiro della raccomandata con la quale l’ufficio aveva invitato il contribuente a comparire, ai fini dell’attivazione della procedura di accertamento con adesione.

Il giudizio della Ctp di Firenze
Un contribuente ricorreva in Commissione tributaria provinciale avverso l’avviso con il quale venivano accertate a suo carico maggiori imposte, sul presupposto di un rilevante scostamento dagli studi di settore per l’anno di imposta 2004.
L’ufficio dell’Agenzia delle Entrate precisava che il contribuente, pur formalmente invitato a comparire per prospettare le proprie ragioni, non si era presentato e che l’invito in questione, inviato all’interessato a mezzo raccomandata del 5 aprile 2008, era stato restituito al mittente a seguito della “compiuta giacenza” che si era realizzata il successivo 10 maggio.
Di conseguenza, il 14 luglio 2008 era stato notificato l’atto di accertamento, impugnato con ricorso del 22 dicembre dello stesso anno, quando cioè era ormai spirato il termine utile di sessanta giorni dalla notificazione fissato, a pena di decadenza, dall’articolo 21 del decreto legislativo 546/1992.
La Commissione dichiarava inammissibile l’impugnazione, per tardività.

Il giudizio della Ctr della Toscana
A questo punto, l’interessato proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale sostenendo di aver presentato istanza di accertamento con adesione il 14 ottobre 2008, che peraltro era stata respinta dall’ufficio, e denunciando l’illegittimità delle modalità attraverso le quali l’ufficio aveva tentato di portare a sua conoscenza l’invito a comparire.
Nello specifico, l’appellante affermava che l’avviso in questione avrebbe dovuto essere notificato secondo le ordinarie modalità di notificazione e, in particolare che, stante la sua momentanea assenza al momento del tentativo di recapito dell’atto, si sarebbe dovuto applicare il procedimento di cui all’articolo 140 del codice di procedura civile.
Dal mancato rispetto di tali modalità, asseritamente indispensabili nella fattispecie, l’istante faceva discendere la nullità dell’invito a comparire, con conseguente invalidità derivata di qualsiasi atto discendente e connesso, ivi compresa la respinta istanza di accertamento con adesione.

L’ufficio controdeduceva difendendo il proprio operato e, in particolare, eccepiva che l’invio della raccomandata, restituita per compiuta giacenza, doveva far ritenere perfezionata la procedura di invito a comparire e quindi legittima l’emanazione dell’accertamento, poi tardivamente impugnato e dunque dichiarato inammissibile.

La Commissione regionale di Firenze, con sentenza 69 del 17 ottobre, ha confermato la pronuncia di primo grado, ribadendo la già riconosciuta tardività dell’originaria impugnazione.
Il giudice d’appello – dopo aver ricordato, in generale, che il mancato ricevimento da parte del contribuente dell’invito a comparire comporta un pregiudizio al diritto di questi di avvalersi della procedura di accertamento con adesione – si pone l’interrogativo se la compiuta giacenza della raccomandata inviata dall’ufficio, a tali fini, possa configurare una ipotesi di mancato ricevimento dell’invito.

La risposta a tale domanda, secondo i giudici toscani, deve essere negativa in quanto, si legge nella pronuncia “L’ipotesi di mancato ricevimento non può…rinvenirsi nella compiuta giacenza che invece è situazione, anche di rilevanza processuale, in grado di produrre effetti giuridici nella sfera del destinatario (qui, il contribuente)”.
A sostegno di tale affermazione, la Ctr richiama la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza 3/2010 – vedi Fiscooggi del 22 gennaio 2010) che ha fissato il principio secondo il quale la notifica effettuata ai sensi dell’articolo 140 cpc (nei confronti, cioè di soggetti temporaneamente assenti al momento del tentativo di consegna dell’atto) si perfeziona, per il destinatario, o col ricevimento della raccomandata informativa della giacenza, se anteriore al suo maturarsi (Cassazione, 4748/2011), ovvero, in caso contrario, col decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione (e, quindi, con la compiuta giacenza dell’atto).
Ciò significa che “la compiuta giacenza non può aver supplenza del mancato ricevimento, ma deve, al contrario, considerarsi circostanza in positivo ai fini della regolare notifica nelle ridette ipotesi”.

Di conseguenza, rispetto al caso in esame – nel quale come detto la giacenza della raccomandata inviata dall’ufficio il 5 aprile 2008 si era compiuta il successivo 10 maggio – correttamente era stato dato seguito all’iter amministrativo che aveva portato alla successiva notificazione dell’atto di accertamento e alla reiezione dell’istanza di accertamento con adesione, dovendo considerarsi perfezionata l’attività con la quale l’ufficio aveva tentato di portare l’invito a comparire a conoscenza dell’interessato.

Osservazioni
La sentenza della Ctr ha espresso un importante principio di diritto, con riguardo a una ipotesi di notificazione di un atto del procedimento amministrativo tributario (l’invito a comparire) eseguita a mezzo del servizio postale, mediante invio di raccomandata.
Nel caso, l’atto era stato spedito a mezzo di raccomandata ordinaria, vale a dire, per meglio intendersi, la normale raccomandata “bianca” disciplinata dalla normativa postale di cui al Dpr 655/1982 e al decreto del ministro delle Comunicazioni del 9 aprile 2001; diversa, quindi, dalla raccomandata “verde”, cosiddetta “atti giudiziari”, di cui alla legge 890/1982.

Per quanto d’interesse, l’articolo 40 del Dpr 655/1982 prevede che il piego spedito a mezzo raccomandata ordinaria che non abbia potuto essere distribuito rimane in giacenza per un periodo di trenta giorni nell’ufficio postale di destinazione, ove può essere ritirato dall’interessato (al quale deve essere dato avviso della giacenza dell’atto).
A sua volta, il citato Dm del 9 aprile 2001 prevede per gli invii raccomandati che, in caso di assenza all’indirizzo indicato, “il destinatario e altre persone abilitate a ricevere l’invio possono ritirarli presso l’ufficio postale di distribuzione, entro i termini di giacenza previsti dall’art. 49” (articolo 32, secondo comma).
Detto articolo 49 fissa in trenta giorni “a decorrere dal mancato recapito” il termine di giacenza degli invii raccomandati.

Nel caso esaminato dalla sentenza, dunque, i giudici tributari hanno espresso il parere che, laddove l’atto spedito con raccomandata ordinaria sia pervenuto nella sfera di conoscibilità dell’interessato, nessun addebito può muoversi al notificante qualora l’atto stesso non venga ritirato dal destinatario.
In queste situazioni, piuttosto, una volta che siano inutilmente decorsi i termini di giacenza fissati dalla legge per il ritiro del piego presso l’ufficio postale, il procedimento notificatorio deve intendersi completato anche nei confronti del destinatario, che non potrà quindi dolersi della sua inerzia per non avere provveduto al ritiro.

La statuizione dei giudici toscani risulta coerente con quanto previsto in analoghe fattispecie – ad esempio, per le raccomandate “verdi”, dall’articolo 8 della legge 890/1982; per la raccomandata “informativa” del deposito dell’atto presso la casa comunale, dall’articolo 140 cpc – nelle quali la compiuta giacenza dell’atto non ritirato determina il perfezionamento della notificazione nei confronti dall’interessato.


Fonte: Agenzia Entrate

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