L’esclusione del diritto di accesso agli atti amministrativi – previsto dagli articoli 24 della legge 241/1990 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, 8 del Dpr 352/1992 “Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi in attuazione del comma 2 dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241”, e 2 del Dm 603/1996 “Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso in attuazione dell’art. 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241” – riguarda anche i documenti acquisiti da Autorità di altro Stato, trattandosi di atti la cui inaccessibilità è fondata su ragioni di tutela della sicurezza, della difesa nazionale e delle relazioni internazionali.
In questi termini si è espresso il Consiglio di Stato nella pronuncia 6472 del 9 dicembre, con la quale, in riforma della sentenza del Tar Lazio, ha accolto l’appello dell’Amministrazione finanziaria nella questione divenuta nota, nell’ambito della cronaca finanziaria, come la “lista Falciani”.

I fatti di causa
Nell’ambito di un giudizio relativo al diritto di accesso agli atti amministrativi, l’Amministrazione finanziaria propone appello avverso una sentenza del Tar Lazio che, in accoglimento del ricorso proposto da un contribuente, aveva annullato il provvedimento di diniego di accesso opposto dall’Amministrazione stessa e ordinato, a quest’ultima, l’esibizione della documentazione richiesta dal ricorrente.

La richiesta di accesso in esame concerne un accertamento fiscale, anno di imposta 2005, fondato su un dossier acquisito dalla Guardia di finanza presso l’Amministrazione fiscale francese, contenente dati e notizie riguardanti alcuni contribuenti italiani (tra cui l’istante) inseriti in una lista di detentori di disponibilità finanziarie presso una banca svizzera.
La domanda, a suo tempo presentata dal contribuente accertato e rigettata dall’Amministrazione finanziaria, riguardava tutti i documenti e tutte le informazioni allo stesso relative, acquisite presso l’Amministrazione francese, posti a fondamento dell’attività di verifica fiscale effettuata nei suoi confronti, nonché la nota di trasmissione dell’Autorità fiscale francese e tutti i documenti e atti di informativa allegati, antecedenti e susseguenti a tale documentazione.

La decisione del Tar
La sentenza appellata aveva accolto la richiesta formulata dal contribuente, nella considerazione che l’articolo 2, comma 1, lettera b), del Dm 603/1996, nell’individuare, tra i documenti esclusi dal diritto di accesso, quelli “attinenti ad accordi di cooperazione, anche di carattere investigativo nei settori istituzionali sviluppati con l’apporto e la collaborazione di organismi di polizia, fiscali e doganali esteri”, sottrae all’accesso gli accordi strategici mediante cui, in fase investigativa, vengono pianificate e coordinate le attività di indagine per prevenire e contrastare comportamenti illeciti, al fine di evitare che, dalla conoscenza delle strategie investigative, terzi possano trarne vantaggio. Tale esclusione, quindi, non è diretta a limitare il diritto di difesa, sottraendo il materiale probatorio acquisito al controllo del soggetto sottoposto ad accertamento fiscale.

L’appello dell’Amministrazione finanziaria
Nel ricorso proposto, l’Amministrazione finanziaria precisa che l’unico documento non esibito consiste in una missiva trasmessa dall’Amministrazione francese, contenente un floppy disc (dal quale era stata estrapolata la posizione del contribuente, allegata al pvc), nel quale erano contenuti i dati fiscali relativi a contribuenti italiani detentori di disponibilità finanziarie presso una banca svizzera.
Ciò premesso, l’Amministrazione ritiene che il documento richiesto in visione e copia (la lettera di trasmissione francese) non costituisce atto di natura tributaria, ma attiene esclusivamente ai rapporti internazionali tra Amministrazioni, che potrebbero essere pregiudicati se venisse resa pubblica, in violazione degli articoli 2, 3, 4 e 5 del Dm 603/1996.

La sentenza del Consiglio di Stato
Per i giudici di palazzo Spada il ricorso deve essere accolto.
L’articolo 24, comma 1, della legge 241/1990, prevede, tra l’altro, l’esclusione dal diritto di accesso per “i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo”.
Il successivo comma 2 dispone che “le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1”.
Infine, l’articolo 10 del Dpr 184/2006 statuisce che “i casi di esclusione dell’accesso sono stabiliti con il regolamento di cui al comma 6 dell’articolo 24 della legge, nonché con gli atti adottati dalle singole amministrazioni ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 24”.
Il regolamento di cui al citato articolo è contenuto nel Dm 603/1996, il cui articolo 2, per quel che qui interessa, testualmente dispone che “…in relazione alla esigenza di salvaguardare la sicurezza, la difesa nazionale nonché l’esercizio della sovranità nazionale, la continuità e la correttezza delle relazioni internazionali, sono sottratte all’accesso le seguenti categorie di documenti, compresi quelli ad essi direttamente connessi:
a)….
b) documenti attinenti ad accordi di cooperazione, anche di carattere investigativo nei settori istituzionali sviluppati con l’apporto e la collaborazione di organismi di polizia, fiscali e doganali esteri…”.

Ne consegue che “…il regolamento ministeriale non individua singoli tipi di documenti, bensì loro ‘categorie’, di modo che l’ascrivibilità del singolo documento in queste ultime, ne esclude l’accessibilità, e ciò perché l’accesso, ove consentito, comprometterebbe,… ‘la sicurezza, la difesa nazionale nonché l'esercizio della sovranità nazionale, la continuità e la correttezza delle relazioni internazionali’”.
In altri termini, per il Consiglio di Stato, l’esigenza di salvaguardare l’ordine e la sicurezza pubblica, nonché di prevenire e reprimere la criminalità (articolo 4 del Dm 603/1996), è causa di sottrazione del documento al diritto di accesso quando l’esibizione dello stesso potrebbe oggettivamente mettere in pericolo gli interessi pubblici suindicati “…in ragione della sua natura, del suo contenuto, delle sue modalità di acquisizione e/o di formazione, ovvero della sua ulteriore utilizzazione da parte dell’amministrazione”.

Applicando tali principi al caso in esame, si deve concludere che gli atti cui il ricorrente intende accedere, in quanto acquisiti per il tramite della cooperazione del Governo francese, rientrano pienamente nelle “categorie generali” indicate dalle disposizioni sopra ricordate (individuate dall’Amministrazione come ostative all’accesso).
Oltretutto, “…la sottrazione di tali documenti all’accesso appare del tutto ragionevole, posto che, in quanto provenienti da altri soggetti di diritto internazionale, l’amministrazione nazionale ricevente non è di per sé in grado di valutare l’influenza che avrebbe la ostensione dei suddetti documenti sull’attività del soggetto di altro Stato che li ha forniti”.

Da ultimo, il Consiglio di Stato precisa che non è applicabile, al caso, il principio contenuto in precedenti pronunce amministrative, secondo cui l’inaccessibilità agli atti in questione è temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo (Consiglio di Stato, sentenze 925/2011 e 53/2010).

Infatti, nel caso in esame, “ciò che osta all’accesso è l’appartenenza del documento alla categoria degli atti acquisiti da Autorità di altro Stato, con le conseguenti limitazioni derivanti dalla cooperazione internazionale: il diritto di difesa (comunque in altre sedi garantito), non è, quindi, posto in correlazione con le sole esigenze dell’attività amministrativa di individuazione e repressione degli illeciti tributari, bensì con i valori, altrettanto garantiti, di cooperazione internazionale e di prevenzione e repressione delle frodi e della criminalità”.


Fonte: Agenzia Entrate

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