Con la sentenza 21763 del 20 ottobre, la Corte di cassazione ha stabilito, in materia di accertamento e riscossione, che la cartella di pagamento, dopo il controllo della dichiarazione, può contenere anche la liquidazione degli interessi dovuti dal contribuente senza previa notifica dell’accertamento.

Il fatto
La vicenda riguarda una cartella di pagamento contenente una richiesta di interessi che l’Agenzia delle Entrate aveva liquidato per ritardato versamento dell’Irpef a carico di una società, quale sostituto d’imposta, in base alla dichiarazione dell’anno.
L’atto riscossivo veniva impugnato ottenendo esito favorevole dalla Commissione tributaria provinciale adita. Stesso esito in appello, ove la Ctr condivideva le motivazioni del primo giudicato, che si era espressamente attenuto al precedente conforme costituito dalla sentenza 10934/1999, con la quale la Corte di cassazione, interpretando restrittivamente l’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, assumeva che, non essendo contemplato dalla norma il potere di liquidazione, all’esito del controllo formale della dichiarazione, anche dell’importo dovuto dal contribuente per interessi, doveva ritenersi illegittima l’iscrizione a ruolo della somma a essi relativa non preceduta dalla notifica del presupposto atto impositivo.

La Commissione regionale, una volta premesso che la liquidazione degli interessi e delle soprattasse non è espressamente contemplata dalla tassativa casistica contenuta nell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, riteneva non applicabile alla specie la richiesta di tali importi, per i quali occorreva un apposito atto di rettifica con la specifica analitica della causale e degli elementi di calcolo di quanto dovuto dal contribuente.

L'Amministrazione finanziaria ricorre, quindi, per Cassazione rilevando – nel denunciare violazione di legge e vizi di motivazione – che era invece l’articolo 9 del Dpr 602/1973 ad autorizzare l’ufficio, in sede di controllo della dichiarazione, all’iscrizione a ruolo degli interessi maturati sulle imposte versate in ritardo, non costituendo ostacolo all’esercizio del relativo potere la mancata previsione nell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973 della liquidazione degli interessi.

La decisone
La Suprema corte ritiene la censura della ricorrente manifestamente fondata e argomenta che i giudici di merito, con il richiamo all’interpretazione dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973 dato dalla sentenza 10394/1999, hanno basato la loro conclusione su un presupposto errato, in quanto inteso a circoscrivere il procedimento di liquidazione e di iscrizione a ruolo delle somme pretese dal fisco alle ipotesi di controllo formale mediante procedure automatizzate previste dallo stesso articolo.

Dopo aver esaminato le riforme legislative concernenti, fra l’altro, l’articolo 36-bis, la Sezione tributaria ha spiegato che proprio in considerazione della evidente analogia dei poteri attribuiti agli uffici finanziari in sede di controllo formale delle dichiarazioni, con successive modifiche normative, le procedure sono state unificate e anche la “rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo, e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto di imposta” è stata ricondotta nell’ambito delle procedure automatizzate di liquidazione. Da ciò ne deriva la maturazione di interessi (dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte) anche sulle imposte e le maggiori imposte dovute in base alla liquidazione e al controllo formale della dichiarazione.
E, infatti, nella pronuncia del 1999, la Suprema corte, diversamente dall’interpretazione data dai giudici di merito, aveva argomentato che per gli interessi trovano applicazione norme di legge diverse dall’articolo 36-bis, le quali danno luogo a una specifica procedura caratterizzata dall’accertamento del ritardo dei versamenti dovuti, quale l’articolo 9 nonché l’articolo 20 del Dpr 602/1973.

La norma che qui interessa è, quindi, l’articolo 9, il quale, prima della sua abrogazione disponeva, al comma 2, che “qualora l'interesse non sia stato versato dal contribuente contestualmente all’imposta esso viene calcolato dall’ufficio ed iscritto a ruolo”, senza necessità di procedere, quindi, alla notifica di alcun avviso di accertamento.

Peraltro, occorre ricordare che di recente è stato stabilito che (Cassazione 10412/2011), ai sensi del comma 2, lettera f), dell’articolo 36-bis, del Dpr 600/1973, l’Amministrazione, procedendo al controllo formale delle dichiarazioni e alla tempestività dei versamenti, può addebitare gli interessi maturati, il cui computo deriva direttamente dalla legge e non necessita di alcuna attività discrezionale di accertamento.


Fonte: Agenzia Entrate

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