Con la sentenza 34399 del 21 settembre, la Corte di cassazione ha stabilito che sussiste responsabilità penale per il cittadino che attesti falsamente con dichiarazione sostitutiva di notorietà di avere un reddito tale da giustificare il gratuito patrocinio. La Corte precisa che l'illecito, in tal caso, sarebbe stato ravvisabile anche se il privato ne avesse avuto realmente diritto.

Il fatto
L'oggetto della controversia riguarda la responsabilità penale di una signora che aveva prodotto dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ex articolo 46 del Dpr 445/2000 (contenente disposizioni in materia di documentazione amministrativa), attestando di trovarsi nelle condizioni reddituali per essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato, mentre veniva accertato che al momento della domanda, le affermazioni certificate non erano veritiere, visto che i familiari sono risultati percettori di reddito che, complessivamente, superava la soglia di ammissione. Sicché la richiedente veniva imputata del reato di cui all'articolo 483 codice penale (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) e condannata dal Tribunale alla reclusione ivi prevista.

Anche l'impugnazione della sentenza di primo grado veniva però rigettata dalla Corte d'appello, previa riqualificazione del fatto come reato previsto dall'articolo 95 del Testo unico delle disposizioni in materia di spese di giustizia (Dpr 115/2002), il quale dispone che sono punite con la reclusione la falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva di certificazione (la condanna importa la revoca, con efficacia retroattiva, e il recupero a carico del responsabile delle somme corrisposte dallo Stato).
L'imputata ricorreva, quindi, in Cassazione per violazione di legge, ritenendo che, diversamente da quanto affermato in sede di appello, nella specie non poteva configurarsi il reato ascrittole, in quanto il reddito realmente percepito avrebbe comunque consentito l'ammissione al gratuito patrocinio.

Premesso che ai fini della determinazione dei limiti di reddito si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'Irpef o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero a imposta sostitutiva (cfr Cassazione 22299/2008), occorre ricordare al riguardo che in base all'articolo 76 del Dpr 115/2002, può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16 (fino al 2008 il limite ammontava a euro 9.296,22).
Se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso il richiedente.

Si aggiunge inoltre che il valore probatorio dell'istanza viene vagliato dal giudice procedente, il quale ammette l'interessato al patrocinio gratuito se, alla stregua della dichiarazione sostitutiva, ricorrono le condizioni di reddito cui l'ammissione al beneficio è subordinata. L'istanza viene respinta se vi sono fondati motivi per ritenere che l'interessato non versa nelle condizioni dichiarate, tenuto conto delle risultanze, tra l'altro, del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte.

La decisione
Nulla da eccepire, sostiene la Cassazione, sull'operato della Corte territoriale, la quale ha ampiamente indicato in motivazione le ragioni per le quali era pervenuta a una decisione di conferma della sentenza di primo grado.
Inutile, quindi, la difesa della contribuente che aveva sostenuto di non essere personalmente titolare di alcun reddito, perché la Corte di legittimità, rispolverando un principio già affermato dalle sezioni unite penali (sentenza 6591/2009) ha confermato che in tema di reato previsto dall'articolo 95 del Dpr 115/2002, il reato di pericolo delle false indicazioni o delle omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si ravvisa se non rispondono al vero o sono omessi in tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva, ed in qualsiasi dovuta comunicazione contestuale o consecutiva, che implichino un provvedimento del magistrato, secondo parametri dettati dalla legge, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni previste per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Ne deriva, quindi, secondo la riconfermata sentenza 6591/2009, che ha così risolto un sussistente contrasto di giurisprudenza, che risponde penalmente chi ha dichiarato falsamente reddito zero anche quando tale reddito è così basso da non superare la soglia richiesta per l'ammissione al beneficio.


Fonte: Agenzia Entrate

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