Una Spa proprietaria di alcune villette ubicate all’interno di un villaggio turistico, si è vista notificare due avvisi di accertamento con i quali gli uffici finanziari avevano provveduto a rettificare il minor reddito dichiarato, ai fini delle imposte relative ai redditi di persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi.
La società aveva considerato e dunque dichiarato come reddito fondiario ciò che in realtà era reddito d’impresa.
Contro i due avvisi di accertamento la contribuente ricorre in Commissione provinciale tributaria. La Ctp annulla i due provvedimenti, in quanto, secondo i giudici di merito, i redditi sono da considerare fondiari e non d’impresa.
L’ufficio propone appello in Commissione tributaria regionale che lo dichiara inammissibile. Essendo passata in giudicato la sentenza, l’Amministrazione finanziaria provvede a iscrivere a ruolo un terzo dell’imponibile, notificando le rispettive cartelle esattoriali.

Gli uffici finanziari, per attuare la sospensione della riscossione richiesta dalla società, visto l’ingente somma recuperata a tassazione, richiedono a garanzia del debito erariale l’iscrizione di ipoteca sui beni della società, con un considerevole costo per le casse della Spa.
La contribuente, vedendosi danneggiata dal comportamento del Fisco che le aveva fatto sostenere ingenti e ulteriori spese per l’accensione dell’ipoteca, si rivolge alla magistratura ordinaria per il soddisfacimento del danno subito.

In primo appello, la società si vede respingere il ricorso con sentenza che, poi, impugna nei termini previsti dalla legge dinanzi alla Corte d’appello. Quest’ultima riforma la sentenza di primo grado, condannando il ministero dell’Economia e delle Finanze al risarcimento del danno arrecato in aggiunta agli interessi legali.
Contro la decisione dei giudici di merito il ministero ricorre in Cassazione motivando la domanda su due punti:
difetto di giurisdizione del giudice ordinario
la Corte d’appello non aveva tenuto conto che l’iscrizione dell’ipoteca era da considerarsi come atto dovuto (articolo 15 del Dpr 602/1973).

Per quanto concerne il primo punto della motivazione, la Cassazione, con la sentenza in esame (19458 del 23 settembre), ribadisce quanto già disposto dalla precedente giurisprudenza della Corte suprema (sentenza 8958/2007), statuendo che la “giurisdizione sulla proposta azione di risarcimento del danno per comportamento illecito dell’amministrazione finanziaria appartiene al giudice ordinario”, rimettendo dunque la causa alla sezione semplice per la decisione.

Nel secondo motivo del ricorso, la Suprema corte evidenzia che è proprio l’allora vigente articolo 15 del Dpr 602/1973 (rubricato iscrizioni a ruolo in base ad accertamenti non definitivi) a imporre all’Amministrazione finanziaria un preciso obbligo di iscrizione a ruolo, dopo l’opportuna notifica, delle imposte corrispondenti agli imponibili accertati, ma non ancora definitivi, escludendo, dunque, la configurazione dell’ipotesi di colpa, perché non vi era alcun potere discrezionale dell’ufficio.
Diversamente, osserva il Collegio, “ogni volta che la controversia tra la PA. ed il privato non si sia risolta “stragiudizialmente" ed abbia comportato la instaurazione di un procedimento giudiziario conclusosi poi con la vittoria del contribuente, la colpa dell’amministrazione sia in re ipsa nel fatto che il giudice abbia dichiarato l’illegittimità dell’atto sul quale è fondata la richiesta di risarcimento ex art. 2043 c.c.”.

Dunque, alla luce di quanto su esposto, appare alquanto paradossale ravvisare la colpa nella richiesta della garanzia ipotecaria, fatta dal Fisco, per la sospensione della riscossione dell’imposta, considerando anche l’entità del debito erariale.
Il punto centrale della sentenza è ravvisabile nelle osservazioni effettuate dal Collegio sul fatto che “l’amministrazione finanziaria non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo della illegittimità dell’azione amministrativa, essendo necessario che la stessa, nell’adottare l’atto illegittimo, abbia anche violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno della sua azione”.

In definitiva, la Corte di cassazione, con la sentenza 19458/2011, afferma che l’iscrizione a ruolo della somma dovuta, non rientrando nell’ambito dei poteri discrezionali della P.A., costituiva un atto dovuto e, considerando anche la non esiguità della somma dovuta al Fisco, gli uffici finanziari, con l’iscrizione dell’ipoteca, non hanno assolutamente violato i principi di legalità, di imparzialità o di buona amministrazione (cosiddetto principio di buon andamento della pubblica amministrazione).


Fonte: Agenzia Entrate

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