L’utilizzo di internet finalizzato alla vendita on line deve essere in linea di principio consentito a qualsiasi distributore. Il divieto generale e assoluto di vendere su Internet imposto da una società produttrice ai propri distributori autorizzati, che ecceda quanto necessario per distribuire i prodotti in maniera adeguata, è restrittivo della concorrenza e vietato dal trattato UE.

I limiti alla rivendita ed alla distribuzione dei prodotti on line hanno di recente costituito oggetto di grande interesse nell’ambito dell’evoluzione delle norme sulla tutela della concorrenza, in particolare a partire dall’1 giugno 2011.

L’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, TFUE (ex art. 81 CE) vieta “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune”; e le intese vietate sono nulle di diritto.

Tuttavia secondo l’art. 101.3 TFUE tale divieto può essere dichiarato inapplicabile a qualsiasi accordo che contribuisca “a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva”.

Nuova disciplina delle vendite on line: il Regolamento UE 330/2010

Il Reg. UE 330/2010 della Commissione europea sull’applicazione dell’art. 101.3 TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (ossia agli accordi tra imprese operanti a diversi livelli della catena produttiva e/o distributiva), è entrato in vigore l’1 giugno 2010 ed è applicabile a tutti gli accordi a partire dal termine del periodo transitorio, ossia dal 1 giugno 2011.

Il nuovo regolamento si pone in sostanziale continuità con la precedente disciplina dettata dal Reg. CE 2790/99, ma introduce alcune novità importanti, tra le quali una disciplina specifica sulle vendite di prodotti on line.

Sono esclusi dal campo di applicazione del regolamento, e dunque non possono essere esentati, gli accordi che hanno per oggetto alcune restrizioni fondamentali indicate all’articolo 4; tra queste sono le restrizioni delle vendite c.d. passive ove, per vendita passiva, si intende “la risposta ad ordini non sollecitati di singoli clienti, incluse la consegna di beni o la prestazione di servizi a tali clienti” (paragrafo 51 delle Linee direttrici della Commissione).

L’utilizzo di un sito web e di Internet ai fini della vendita, considerato un modo ragionevole di consentire ai clienti di raggiungere il distributore (e pertanto dal punto di vista del distributore una forma di vendita passiva), deve essere in linea di principio consentito a qualsiasi distributore e non limitato da parte del produttore. Alcune forme di limitazione delle vendite on line in quanto atte a limitare le possibilità del distributore di raggiungere clienti più numerosi e diversificati - rientrano dunque tra le restrizioni delle vendite passive (paragrafo 52 delle Linee direttrici).

La Commissione identifica comunque alcuni casi in cui il produttore può prevedere restrizioni alla rivendita on line dei propri prodotti.

Si tratta essenzialmente di casi in cui un determinato uso di Internet come strumento di promozione può dar luogo a vendite attive, e non passive, in territori affidati ad altri distributori.

Qualora gli accordi contengano restrizioni gravi della concorrenza, gli stessi possono eventualmente beneficiare anche di esenzioni individuali da parte della Commissione (paragrafo 64 Linee direttrici), a seguito di apposita istanza.

Il produttore può comunque esigere dal proprio distributore che intenda rivendere on line determinati standard qualitativi in relazione all’uso del sito internet, così come avviene per il punto-vendita fisico nell’ambito della c.d. “distribuzione selettiva” (ove il fornitore vende solo a distributori selezionati in un determinato territorio in base a criteri specifici).

Divieto di rivendita on line secondo la Corte di Giustizia UE (caso C-439/09)

Pur non essendo allora espressamente previsto dal precedente Reg. CE n. 2790/99 sugli accordi verticali, il divieto assoluto delle vendite on line è stato comunque considerato lesivo dei diritti di concorrenza on line a seguito della questione pregiudiziale sollevata dalla Corte d’appello di Parigi nella causa promossa dalla società Pierre Fabre Dermo-Cosmètique S.A.S. (“Pierre Fabre”) sanzionata dall’autorità francese a tutela della concorrenza per aver imposto ai propri distributori autorizzati un divieto generalizzato di rivendita on line.

La società Pierre Fabre ha concluso con i propri distributori selettivi accordi per la distribuzione dei prodotti cosmetici e di igiene personale nei quali si prevedeva che le vendite dovevano essere effettuate unicamente in uno spazio fisico e in presenza di un farmacista.

A seguito di un’indagine, il Consiglio della concorrenza francese aveva dichiarato che tali accordi, vietando di fatto tutte le vendite su Internet, costituivano accordi anticoncorrenziali in violazione del Codice del Commercio francese e del diritto della concorrenza dell’UE.

Pierre Fabre si è rivolta alla Corte di Appello di Parigi, la quale ha chiesto alla Corte di Giustizia UE di pronunziarsi in via pregiudiziale chiarendo se il divieto assoluto di vendite su Internet costituisca una grave restrizione della concorrenza, vietata dall’art. 101 TFUE e se l’accordo che prevede tale divieto possa beneficiare di un’esenzione per categoria ovvero di un’esenzione individuale a norma dell’art. 101, comma 3 TFUE.

Il 3 marzo 2011, l’Avvocato generale della Corte di Giustizia, Jan Màzàk, nelle proprie conclusioni, ha confermato che il divieto assoluto di vendite su internet deve ritenersi restrittivo della concorrenza ai sensi dell’art. 81 n. 1 CE (oggi articolo 101.1 TFUE) e che, dunque, non può beneficiare di un’esenzione per categoria. In particolare, un divieto generale e assoluto di vendere su Internet nel contesto di una rete di distribuzione selettiva, che ecceda quanto obiettivamente necessario per distribuire prodotti in maniera adeguata, tenendo conto delle loro caratteristiche materiali, della loro aura e della loro immagine, finisce per restringere la concorrenza e rientra nell’art. 81, n. 1, CE.

La normativa comunitaria relativa alla concorrenza, ammette i sistemi di “distribuzione selettiva”, a condizione, però, che i requisiti qualitativi imposti ai distributori in relazione alle modalità attraverso le quali deve avvenire la vendita dei prodotti, non eccedano determinati limiti oggettivi.

Nonostante Pierre Fabre affermasse che le restrizioni erano poste al fine di preservare la qualità della distribuzione, l’Avvocato generale ha ritenuto che il divieto assoluto di vendita su internet, non rispondendo direttamente all’esigenza obiettiva di garantire una più adeguata distribuzione dei prodotti, avesse un oggetto restrittivo della concorrenza.

In casi come questi, spetta al giudice nazionale esaminare se un divieto di vendere su Internet sia o meno proporzionato; il produttore può infatti imporre condizioni adeguate, ragionevoli e non discriminatorie sulle vendite via Internet tutelando in tal modo l’immagine dei suoi prodotti.

La normativa sulla concorrenza non poteva dunque che tenere conto dell’evoluzione delle forme distributive; pertanto, un divieto assoluto di vendita su Internet che restringa sia le vendite attive sia le vendite passive del rivenditore, impedendo a quest’ultimo di avvalersi di un moderno strumento di comunicazione e commercializzazione, costituisce secondo la Commissione e secondo l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE una restrizione grave della concorrenza e, in quanto tale, non può beneficiare dell’esenzione dal divieto di restrizioni dalla concorrenza.

L’apposizione di clausole limitative della facoltà di rivendita on line è dunque da considerarsi con estrema attenzione rientrando, in determinati casi, nell’ambito di clausole restrittive della concorrenza, potenzialmente nulle e sanzionabili dalle competenti autorità in materia di concorrenza.

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