L’Irpef è l’imposta dovuta dalle persone fisiche. È un’imposta che aumenta progressivamente con il crescere del reddito imponibile e si calcola applicando determinate aliquote, diverse a seconda dello scaglione in cui si colloca lo stesso reddito.
L’Irpef non è dovuta dai contribuenti il cui reddito complessivo è composto da:
• redditi di pensione fino a 7.500 euro (7.750 euro per i contribuenti di età pari o superiore a 75 anni), se goduti per l’intero anno;
• redditi di lavoro dipendente o assimilato fino a 8.000 euro (per un periodo di lavoro non inferiore a 365 giorni);
• redditi di pensione fino a 7.500 euro, goduti per l’intero anno, redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze;
• redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro;
• rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze;
• redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati per un importo complessivo non superiore a 500 euro;
• compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche fino 28.158,28 euro;
• assegni periodici corrisposti dal coniuge fino a 7.500 euro;
• redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, o altri redditi per i quali la detrazione prevista non è rapportata al periodo di lavoro, fino a 4.800 euro.

REDDITO IMPONIBILE - ALIQUOTA - IRPEF LORDA
fino a 15.000 euro 23% 23% del reddito
oltre 15.000 e fino a 28.000 euro 27% 3.450 + 27% sulla parte eccedente 15.000 euro
oltre 28.000 e fino a 55.000 euro 38% 6.960 + 38% sulla parte eccedente 28.000 euro
oltre 55.000 e fino a 75.000 euro 41% 17.220 + 41% sulla parte eccedente 55.000 euro
oltre 75.000 euro 43% 25.420 + 43% sulla parte eccedente 75.000 euro

Per determinare il reddito imponibile (prima colonna dello schema) è sufficiente sottrarre dal reddito complessivo gli oneri deducibili (vale a dire tutte le somme indicate nell’articolo 10 del Tuir) e la deduzione per l’abitazione principale (e sue pertinenze).

Una volta quantificato il reddito imponibile ai fini Irpef, si ottiene l’imposta (lorda) applicando a questo importo le aliquote (seconda colonna dello schema).
Si arriva al prelievo Irpef effettivo (imposta netta), diminuendo l’imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, di tutte le detrazioni riconosciute (per familiari a carico, per tipologia di reddito posseduto, per spese sostenute, eccetera).




L’imposta dovuta su arretrati di lavoro dipendente e trattamento di fine rapporto è calcolata in via preventiva dal datore di lavoro attraverso il sistema della “tassazione separata”.
È poi l’Agenzia delle Entrate ad effettuare il calcolo definitivo dell’imposta dovuta tenendo conto dei redditi posseduti dal contribuente negli anni precedenti.

Occorre anzitutto calcolare il reddito complessivo medio posseduto nei due anni precedenti a quello in cui sono percepiti gli arretrati; per far questo è necessario sommare i redditi complessivi dei due anni precedenti e dividere il risultato per 2. Sul reddito ottenuto si calcola l’Irpef in base alle aliquote in vigore e, quindi, la percentuale d’imposta (incidenza media) sul reddito medio.
Tale percentuale sarà l’aliquota da applicare alle somme percepite.
Se in uno dei 2 anni precedenti il lavoratore non ha avuto alcun reddito, il calcolo si effettua sul 50% del reddito dell’unico anno. Se in tutti e due gli anni precedenti non si ha reddito, si applica l’aliquota minima Irpef (23%).
Il calcolo descritto viene comunque effettuato dal sostituto d’imposta.
Sarà poi l’Agenzia delle Entrate a controllare e “riliquidare” l’imposta in maniera definitiva, verificando se il sistema di tassazione separata è per il contribuente più favorevole; in caso contrario, applicherà quello della tassazione ordinaria, restituendo al contribuente le somme pagate in eccesso già trattenute dal sostituto d’imposta.

Anche l’imposta sul Tfr e sulle altre somme connesse alla cessazione del rapporto di lavoro è calcolata, in via provvisoria, dal datore di lavoro e, in maniera definitiva, dall’Agenzia delle Entrate.
Per la tassazione si tiene conto dell’aliquota media dei 5 anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione del Tfr.
Per la tassazione del Tfr il datore di lavoro applica le aliquote in vigore dal 1º gennaio 2007. È prevista, però, la possibilità di determinare l’imposta dovuta, laddove risulti più conveniente, utilizzando le aliquote in vigore al 31 dicembre 2006. Questo per evitare che il regime fiscale introdotto dal 2007 determini un carico fiscale più gravoso rispetto a quello che si otterrebbe applicando le vecchie aliquote.
Se le somme sono erogate da un sostituto d’imposta, la verifica del trattamento più favorevole è effettuata direttamente da questi. L’Agenzia delle Entrate, nel momento in cui controlla e riliquida l’imposta, effettua nuovamente la verifica della tassazione più favorevole, confrontando i risultati ottenuti applicando il sistema della tassazione separata e quello della tassazione ordinaria. In base alla verifica, sarà applicata la tassazione più favorevole per il contribuente.
Per le somme erogate da chi non riveste la carica di sostituto d’imposta, per le quali è previsto il versamento dell’imposta in acconto nella misura del 20%, la verifica del trattamento più favorevole è effettuata, in sede di riliquidazione, unicamente dall’Agenzia delle Entrate.

L’Irpef sul Tfr il cui diritto alla percezione è sorto a partire dal 1° aprile 2008 è ridotta di:
• 70 euro, se il reddito di riferimento non supera 7.500 euro;
• 50 euro, aumentato del prodotto fra 20 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito di riferimento, e 20.500 euro, se l’ammontare del reddito di riferimento è superiore a 7.500 euro ma non a 28.000 euro;
• 50 euro, se il reddito di riferimento è superiore a 28.000 euro ma non a 30.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 30.000 euro, diminuito del reddito di riferimento, e l’importo di 2.000 euro.
Nell’ipotesi di trasferimento integrale del Tfr al fondo pensione complementare, la riduzione del prelievo fiscale spetta sulle altre indennità e somme connesse alla cessazione del rapporto di lavoro.

Le addizionali Irpef sono imposte sul reddito che vanno versate a Regioni e Comuni da tutti i contribuenti (residenti e non), per i quali, nell’anno di riferimento, risulta dovuta l’Irpef.

Se il contribuente non deve pagare l’Irpef, anche se per effetto di detrazioni spettanti o crediti d’imposta per redditi prodotti all’estero (che hanno subito la ritenuta a titolo definitivo), non deve versare alcuna addizionale.
Inoltre, non sono obbligati al pagamento delle addizionali i contribuenti che possiedono soltanto:
• redditi esenti dall’Irpef;
• redditi soggetti ad imposta sostitutiva dell’Irpef;
• redditi soggetti a tassazione separata, salvo che, hanno facoltativamente scelto la tassazione ordinaria facendoli concorrere alla formazione del reddito complessivo.

La base imponibile per il calcolo delle addizionali è costituita dal reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef, al netto degli oneri deducibili e della rendita dell’abitazione principale (e delle relative pertinenze).
Per calcolare gli importi da versare occorre applicare al reddito imponibile l’aliquota fissata dalla Regione e dal Comune di residenza.
L’aliquota dell’addizionale regionale è stabilita nella misura dello 0,9%, ma le Regioni possono elevarla fino all’1,4%. Nelle Regioni che presentano in bilancio un disavanzo sanitario è obbligatoria l’applicazione dell’aliquota massima dell’1,4%.

L’aliquota dell’addizionale comunale può essere stabilita dai Comuni fino allo 0,8%. Ogni Comune può comunque prevedere, per i contribuenti in possesso di specifici requisiti reddituali, una soglia di esenzione.
Inoltre, per quei Comuni che non hanno rispettato il “Patto di stabilità” l’aliquota applicabile deve essere maggiorata dello 0,3%, anche se nel Comune è stata deliberata l’aliquota massima dello 0,8%. Per ulteriori informazioni ci si può rivolgere alla Direzione federalismo fiscale del Dipartimento delle Finanze.

L’addizionale regionale all’Irpef è dovuta alla Regione nella quale il contribuente ha il domicilio fiscale al 31 dicembre dell’anno cui si riferisce l’addizionale stessa.
L’addizionale comunale all’Irpef è dovuta al Comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale al 1º gennaio dell’anno cui si riferisce l’addizionale stessa.
Per l’addizionale comunale è dovuto anche un acconto per l’anno successivo nella misura del 30%, che si calcola sull’addizionale dovuta sull’imponibile dell’anno precedente, in base alle aliquote stabilite dal Comune.

Lavoratori dipendenti e pensionati
Per i titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati, e di pensioni, le addizionali regionale e comunale all’Irpef vengono determinate dai sostituti d’imposta (datore di lavoro o ente pensionistico) all’atto dell’effettuazione delle operazioni di conguaglio relative a tali redditi.
Il saldo delle imposte dovute è trattenuto in un numero massimo di 11 rate mensili entro il mese di novembre, oppure in un’unica soluzione alla cessazione del rapporto di lavoro, se antecedente alla fine del periodo d’imposta.
L’acconto dell’addizionale comunale è trattenuto a partire dal mese di marzo in un numero massimo di 9 rate mensili.

Altri contribuenti
Per i possessori di redditi diversi da quelli di lavoro dipendente e assimilati, la determinazione e il pagamento delle addizionali avvengono in sede di dichiarazione dei redditi. In questo caso, il contribuente deve individuare la Regione e il Comune a cui effettuare il versamento (dopo aver controllato, nel caso dei Comuni, se questo è dovuto), in base al proprio domicilio fiscale.
Il versamento deve essere effettuato direttamente all’ente interessato (individuato da appositi codici) mediante il modello F24, che si può pagare in via telematica oppure recandosi ad uno sportello bancario o postale.
Il termine per effettuare il versamento è lo stesso di quello previsto per il pagamento dell’Irpef.

I contribuenti che hanno familiari a carico, in possesso di un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, hanno diritto a detrazioni dall’Irpef annualmente dovuta.

Possono essere considerati a carico i seguenti familiari:
• il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
• i figli, compresi quelli naturali, riconosciuti, gli adottivi, gli affidati e affiliati;
• altri familiari, se conviventi con il contribuente o ricevono da quest’ultimo un assegno alimentare non risultante da provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Rientrano tra gli altri familiari a carico i genitori (anche adottivi) –- fratelli e sorelle – discendenti dei figli – coniuge separato – generi, nuore, suoceri – ascendenti prossimi (anche naturali).

Le detrazioni vanno rapportate a mese e competono dal mese dell’anno in cui si verificano a quello in cui cessano le condizioni previste, indipendentemente dal numero dei giorni.
Le detrazioni per il coniuge e per i figli a carico spettano anche se questi non convivono con il contribuente o non risiedono in Italia.
La detrazione per i figli compete indipendentemente dalla circostanza che gli stessi abbiano o meno superato determinati limiti di età o che siano o non siano dediti agli studi o a tirocinio gratuito.
Spetta per intero ad uno solo dei genitori nei seguenti casi:
• quando l’altro genitore è a carico;
• per i figli del contribuente rimasto vedovo/a che, risposatosi, non si sia poi legalmente ed effettivamente separato;
• per i figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente, se questi è coniugato e non è legalmente ed effettivamente separato.
Nei seguenti casi, invece, per il primo figlio si può richiedere, se più conveniente, la detrazione prevista per il coniuge a carico:
• quando l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato;
• quando ci sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato.
Anche i contribuenti non residenti hanno diritto alle detrazioni per carichi di famiglia se dimostrano di non godere, nel Paese in cui risiedono, di un beneficio fiscale assimilabile a quello per carichi di famiglia concesso in Italia, e che le persone a carico non possiedono un reddito complessivo superiore al limite di 2.840,51 euro.

La condizione principale per usufruire della detrazione è che il familiare per il quale si chiede abbia un reddito complessivo annuo fino ad un massimo di 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

In detto importo si devono considerare anche la rendita dell’abitazione principale e le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa Cattolica.
Ai fini del calcolo del tetto di 2.840,51 euro, i lavoratori dipendenti che prestano l’attività in Paesi limitrofi o di frontiera (cosiddetti frontalieri) come, ad esempio, Montecarlo e San Marino, devono considerare i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa, e come oggetto esclusivo del rapporto.

Per avere le detrazioni per carichi di famiglia in busta paga, i lavoratori dipendenti devono dichiarare “annualmente” al datore di lavoro di averne diritto e indicare il codice fiscale delle persone per le quali intendono usufruire delle detrazioni stesse.
In sostanza, la dichiarazione non ha più effetto, come in passato, anche per i periodi d’imposta successivi, ma deve essere presentata anno per anno, anche quando non sono intervenute variazioni nei presupposti del diritto.

L’ammontare della detrazione spettante non è fisso ma varia in funzione del reddito complessivo posseduto nel periodo d’imposta.
In sostanza, sono state stabilite detrazioni di base (o teoriche), ma l’importo effettivo diminuisce man mano che aumenta il reddito, fino ad annullarsi quando il reddito complessivo arriva a 95.000 euro per le detrazioni dei figli e a 80.000 euro per quelle del coniuge e degli altri familiari.

La detrazione base per i figli è di 800 euro (900 euro per i figli di età inferiore a tre anni), importo che aumenta di:
• 220 euro, per il figlio disabile, riconosciuto tale ai sensi della legge 104/92;
• 200 euro, per tutti i figli, quando sono più di tre.

Per determinare la detrazione effettiva è necessario moltiplicare la detrazione teorica per il coefficiente che si ottiene dal rapporto tra 95.000, diminuito del reddito complessivo (al netto dell’abitazione principale e delle sue pertinenze), e 95.000. Tale coefficiente va assunto nelle prime quattro cifre decimali e arrotondato con il sistema del troncamento.

Se i figli sono più di uno, l’importo di 95.000 euro indicato nella formula va aumentato per tutti di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo.
Ad esempio, l’importo aumenta a 110.000 euro nel caso di due figli a carico, a 125.000 per tre figli, a 140.000 per quattro, e così via.

La detrazione per i figli non può essere ripartita liberamente tra i genitori. È prevista, infatti, la suddivisione al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati.
In alternativa, e se c’è accordo tra le parti, si può scegliere di attribuire tutta la detrazione al genitore che possiede il reddito più elevato, così da consentire a quest’ultimo, nel caso di incapienza dell’imposta del genitore con reddito più basso, il godimento per intero delle detrazioni.

Precise regole sono previste per i coniugi separati e divorziati. In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, è disposto per legge che:
• se non c’è accordo tra i genitori, la detrazione spetta al genitore affidatario o, se l’affidamento è congiunto o condiviso, va ripartita al 50%;
• quando il genitore affidatario (o uno dei genitori affidatari, in caso di affidamento congiunto) ha un reddito tale da non consentirgli di usufruire in tutto o in parte della detrazione (cioè nelle ipotesi di incapienza), questa è assegnata per intero all’altro genitore.
In questo caso, salvo diverso accordo tra le parti, il genitore che sfrutta per intero la detrazione ha l’obbligo di riversare all’altro genitore affidatario un importo pari alla maggiore detrazione fruita;
• se solo uno dei genitori è titolare di reddito, egli potrà beneficiare della detrazione nella misura del 100%, a condizione che sia raggiunto tra i due un accordo in merito alla titolarità della detrazione e al successivo riversamento dell’importo spettante al genitore che non può usufruire del beneficio.

La detrazione “teorica” per il coniuge a carico è pari a 800 euro. L’ammontare effettivamente spettante varia in funzione del reddito.
L’unico caso in cui si dispone di un importo fisso (690 euro) è quando il reddito complessivo del beneficiario (al netto dell’abitazione principale e delle sue pertinenze) è compreso tra 15.001 e 40.000 euro.
Inoltre, per i contribuenti che si collocano all’interno di questa fascia, e precisamente per coloro il cui reddito è compreso tra 29.001 e 35.200 euro, è previsto un leggero incremento della detrazione fissa, variabile tra 10 e 30 euro.

Tale detrazione fissa di 690 euro aumenta se il reddito complessivo (al netto dell’abitazione principale e delle sue pertinenze) è superiore a 29.000 euro ma non a 35.200 euro.
Questi gli incrementi:
REDDITO COMPLESSIVO - MAGGIORAZIONE
oltre 29.000 e fino a 29.200 euro 10 euro
oltre 29.200 e fino a 34.700 euro 20 euro
oltre 34.700 e fino a 35.000 euro 30 euro
oltre 35.000 e fino a 35.100 euro 20 euro
oltre 35.100 e fino a 35.200 euro 10 euro

Il coefficiente derivante dai rapporti indicati nelle formule va assunto nelle prime quattro cifre decimali arrotondate con il sistema del troncamento (ad esempio, se il risultato del rapporto è pari a 0,569487, il coefficiente da prendere in considerazione sarà 0,5694).
La detrazione per il coniuge a carico spetta anche se questi non convive con il contribuente o non risiede in Italia.

La detrazione base per gli altri familiari a carico è pari a 750 euro. Anche questo importo diminuisce man mano che cresce il reddito complessivo.
Per calcolare la detrazione effettivamente spettante occorre moltiplicare la detrazione base per il coefficiente che si ottiene dal rapporto tra 80.000, diminuito del reddito complessivo (considerato al netto dell’abitazione principale e delle sue pertinenze), e 80.000.

Per le famiglie numerose, in cui siano presenti almeno quattro figli a carico, è prevista, in aggiunta a quelle ordinarie, un’ulteriore detrazione di importo pari a 1.200 euro. Detto importo spetta in misura piena e non dipende dal livello di reddito del beneficiario, né va ragguagliato al periodo dell’anno in cui si verifica l’evento che dà diritto alla detrazione stessa.

La detrazione deve essere ripartita, nella misura del 50%, tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati.
In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta ai genitori in proporzione agli affidamenti stabiliti dal giudice.
Questi criteri di ripartizione non possono essere modificati sulla base di accordi intercorsi tra i genitori.
Ovviamente, se uno dei coniugi è fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione compete a quest’ultimo per l’intero importo.

Se l’ulteriore detrazione di 1.200 euro è superiore all’imposta lorda, diminuita delle altre detrazioni spettanti per altri motivi, il contribuente ha diritto a un credito di ammontare pari alla quota che non ha trovato capienza nell’imposta dovuta.
Tale credito:
• è determinato nella dichiarazione dei redditi (Modello 730 o Modello Unico);
• può essere utilizzato sia in compensazione nel modello F24 o, a scelta del contribuente, computato in diminuzione dell’Irpef relativa al periodo d’imposta successivo o chiesto a rimborso;
• è attribuito ai lavoratori dipendenti tramite sostituto d’imposta.

A seconda del tipo di reddito posseduto (lavoro dipendente, pensione, lavoro autonomo, impresa in contabilità semplificata e alcuni redditi diversi) sono concesse detrazioni Irpef (cioè riduzioni dall’imposta lorda) in misura decrescente man mano che il reddito aumenta, fino ad annullarsi alla soglia di 55.000 euro.
Poiché sono stati stabiliti importi “di base”, per determinare la detrazione spettante occorre effettuare un semplice calcolo, facendo riferimento al proprio reddito complessivo.

Le detrazioni per i lavoratori dipendenti e i pensionati devono essere rapportate al periodo di lavoro o di pensione (espresso in giorni).
Le altre si applicano a prescindere dal periodo di attività svolta nell’anno.
Se un contribuente possiede più tipologie di reddito, gli importi delle detrazioni non sono cumulabili ma ci si può avvalere della detrazione più conveniente.

La non cumulabilità della detrazione di lavoro dipendente e di quella di pensione è prevista quando nello stesso periodo dell’anno il contribuente ha percepito sia redditi di lavoro dipendente che di pensione. Invece, se i redditi di lavoro dipendente e di pensione si riferiscono a periodi diversi dell’anno, spettano entrambe le relative detrazioni, ciascuna delle quali va rapportata al periodo di
lavoro o di pensione considerato.

Maggiori agevolazioni sono state previste per i pensionati di età pari o superiore a 75 anni e per i lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo determinato. Per questi ultimi, quando il reddito complessivo non supera 8.000 euro, è stato individuato un livello minimo di detrazione (1.380 euro), indipendentemente dalla durata del rapporto di lavoro.

Le detrazioni per “tipo di reddito” possono essere riconosciute dal sostituto d’imposta anche se il contribuente non le richiede ogni anno (circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 15 del 5 marzo 2008). Il sostituto deve riconoscere le detrazioni sulla base del reddito da lui stesso erogato.
Il contribuente che ha interesse a vedersi riconosciute detrazioni in misura diversa, in quanto, ad esempio, è in possesso di altri redditi, può comunicarlo al proprio sostituto affinché questi ne adegui l’importo.

Le detrazioni “base” (o teoriche) di cui i lavoratori dipendenti possono fruire sono quelle indicate nei seguenti riquadri.

Reddito complessivo fino a 8.000 euro 1.840 euro

Le detrazioni devono essere rapportate al periodo di lavoro nell’anno, ma l’importo effettivamente spettante non può mai essere inferiore a 690 euro. Se il rapporto di lavoro è a tempo determinato, la detrazione effettiva non può essere inferiore a 1.380 euro.

Se il reddito complessivo è superiore a 55.000 euro la detrazione non spetta.
Il risultato derivante dal rapporto contenuto nelle formule va assunto nelle prime quattro cifre decimali e arrotondato con il sistema del troncamento (ad esempio, se il risultato del rapporto è pari a 0,623381, il coefficiente da prendere in considerazione è 0,6233).

Il reddito complessivo va sempre assunto al netto della rendita catastale dell’abitazione principale e di quelle delle relative pertinenze.

Se il reddito complessivo è superiore a 23.000 euro ma non supera i 28.000 euro, la detrazione per lavoro dipendente è aumentata dei seguenti importi:

REDDITO COMPLESSIVO MAGGIORAZIONE
oltre 23.000 e fino a 24.000 euro 10 euro
oltre 24.000 e fino a 25.000 euro 20 euro
oltre 25.000 e fino a 26.000 euro 30 euro
oltre 26.000 e fino a 27.700 euro 40 euro
oltre 27.700 e fino a 28.000 euro 25 euro

La detrazione per lavoro dipendente spetta anche per alcuni redditi a questo assimilati, tra i quali:
• redditi percepiti dai lavoratori soci di cooperative;
• indennità e compensi corrisposti ai lavoratori dipendenti con contratto di lavoro interinale (detto anche temporaneo o in affitto);
• somme percepite a titolo di borsa di studio;
• compensi percepiti in relazione a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
• remunerazioni dei sacerdoti;
• prestazioni pensionistiche erogate dalla previdenza complementare;
• compensi percepiti dai lavoratori socialmente utili.

Le detrazioni “base” (o teoriche) per chi ha un reddito di pensione sono indicate nelle due seguenti tabelle.

REDDITO COMPLESSIVO - DETRAZIONE
fino a 7.500 euro 1.725 euro

oltre 7.500 e fino a 15.000 euro
1.255 + l’importo derivante dal seguente calcolo:
470 x ((15.000 – reddito complessivo)/7.500)

oltre 15.000 e fino a 55.000 euro
1.255 x l’importo derivante dal seguente calcolo:
(55.000 – reddito complessivo)/40.000

oltre 55.000 zero

Le detrazioni devono essere rapportate al periodo di pensione nell’anno. Quella effettivamente spettante ai pensionati con reddito fino a 7.500 euro non può comunque essere inferiore a 690 euro. I coefficienti risultanti dai rapporti contenuti nelle due formule vanno assunti nelle prime quattro cifre decimali e arrotondati con il sistema del troncamento.

Le detrazioni devono essere rapportate al periodo di pensione nell’anno. Quella effettivamente spettante ai pensionati con reddito fino a 7.750 euro non può comunque essere inferiore a 713 euro. I coefficienti risultanti dai rapporti contenuti nelle formule vanno assunti nelle prime quattro cifre decimali e arrotondati con il sistema del troncamento.

Le medesime detrazioni previste per i pensionati di età inferiore a 75 anni (sopra indicate) sono riconosciute anche ai contribuenti che ricevono assegni periodici, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, a seguito di separazione legale ed effettiva, scioglimento o annullamento del matrimonio o cessazione dei suoi effetti civili, se risultanti da provvedimenti del giudice.
La detrazione non va rapportata ad alcun periodo dell’anno, anche se gli assegni sono stati percepiti solo in una frazione di anno.

Le detrazioni “base” (o teoriche) per i possessori di altri redditi sono indicate nella seguente tabella:
REDDITO COMPLESSIVO DETRAZIONE
fino a 4.800 euro 1.104 euro

oltre 4.800 e fino a 55.000 euro
1.104 x il risultato derivante dal calcolo:
(55.000 – reddito complessivo)/50.200

oltre 55.000 zero

Le detrazioni si applicano a prescindere dal periodo di attività svolta nell’anno.
Il coefficiente risultante dal rapporto contenuto nella formula va assunto nelle prime quattro cifre decimali e arrotondato con il sistema del troncamento.

I redditi per i quali si può fruire di questa detrazione sono i seguenti:
• alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e, in particolare, quelli indicati dal Tuir all’articolo 50, comma 1, lettere e), f ), g), h) e i), ad esclusione di quelli derivanti dagli assegni periodici percepiti dagli ex-coniugi;
• i redditi di lavoro autonomo (articolo 53 del Tuir);
• i redditi derivanti da imprese minori (articolo 66 del Tuir);
• i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente (articolo 67 del Tuir, comma 1, lettera
i);
• i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere (articolo 67 del Tuir, comma 1, lettera l).

Anche per l’anno 2010 è prevista una particolare detrazione in favore del personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico. Introdotta in via sperimentale per l’anno 2009 dal decreto legge n. 185/2008, l’agevolazione è stata confermata per il 2010.
Essa consiste in una riduzione dell’Irpef e delle addizionali regionale e comunale (fino a 149,50 euro) e spetta ai lavoratori del predetto comparto che nell’anno 2009 hanno percepito un reddito di lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro.
Tra il personale ammesso a fruire dell’agevolazione rientra quello delle forze di Polizia ad ordinamento civile e militare, il personale del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, il Corpo delle Capitanerie di porto.
L’importo concesso viene riconosciuto dalla singola amministrazione di appartenenza, quale sostituto d’imposta, sul trattamento economico accessorio erogato. Il sostituto applica la riduzione di imposta in un’unica soluzione, fino a capienza dell’imposta lorda.
Per il personale volontario non in servizio permanente delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per gli allievi delle accademie, delle scuole e degli istituti di istruzione dello stesso comparto sicurezza, difesa e soccorso, la riduzione d’imposta si calcola sulla metà del trattamento economico complessivamente percepito.


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top