Con l’ordinanza 11096 del 19 maggio, la Cassazione ha fornito alcune precisazioni in merito all’esatta interpretazione dell’articolo 8 del Dlgs 546/1992, che disciplina le ipotesi di inapplicabilità delle sanzioni non penali previste dalle norme tributarie, da parte delle Commissioni tributarie, laddove la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce.

Il giudizio in Cassazione
L’Amministrazione finanziaria impugna una sentenza della Commissione tributaria regionale che, nel rigettare l’appello dalla stessa proposto, aveva confermato la pronuncia di primo grado che, a sua volta, aveva accolto - limitatamente alle sanzioni applicate e in ossequio al disposto di cui al citato articolo 8 del Dlgs 546/1992 - il ricorso di un contribuente avverso un avviso di accertamento Iva, Irpef e Irap (anno 2002).

Secondo i giudici di appello, nella controversia sussistono i requisiti per dichiarare inapplicabili le sanzioni amministrative in ragione della obiettiva incertezza circa il significato – e le relative conseguenze in caso di violazione – da attribuire all’articolo 12 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), laddove, al comma 7, impone all’Amministrazione l’obbligo di notificare l’avviso di accertamento non prima di sessanta giorni dal termine della verifica fiscale (salvo casi di particolare e motivata urgenza).

Nel ricorso di legittimità, l’Amministrazione lamenta l’erronea applicazione, da parte dei giudici di appello, dell’articolo 8, laddove attribuisce alla Commissione tributaria il potere di disapplicare le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie, quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme fiscali.

La Corte suprema ritiene fondata la doglianza nella considerazione che “…il potere del giudice tributario di disapplicare le sanzioni amministrative sussiste esclusivamente nel caso in cui l’obiettiva incertezza concerna le norme tributarie la cui violazione da parte del contribuente ha dato luogo alla emissione dell’avviso di accertamento (con irrogazione delle conseguenti sanzioni), configurandosi un errore giustificabile riguardo all’interpretazione della norma tributaria violata, e non nelle ipotesi, come quella di specie, in cui l’incertezza interpretativa attenga a norme procedimentali alla cui osservanza è tenuta l’Amministrazione”.

In altri termini, la Cassazione puntualizza che l’esimente contenuta nell’articolo 8 riguarda, esclusivamente, l’obiettiva incertezza normativa riconducibile a un adempimento a cui il contribuente è tenuto, con la conseguenza che la stessa non opera allorquando l’adempimento sia posto a carico dell’Amministrazione finanziaria (nello specifico, quello contenuto nel comma 7 dell’articolo 12 della legge 212/2000).

Considerazioni finali
La pronuncia è in linea con l’orientamento prevalente in materia, ribadito dalla Cassazione nella sentenza 20876/2010, con la quale la Corte di legittimità ha affermato che l’incertezza normativa oggettiva tributaria, alla base dell’applicazione dell’articolo 8 del Dlgs 546 del 1992, “…è la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie o, se si tratta del giudice di legittimità, del fatto di genere già categorizzato dal giudice di merito; solo in questo senso oggettivo, con esclusione di qualsiasi rilevanza sia delle condizioni soggettive individuali sia delle condizioni soggettive categoriali, l’incertezza normativa, in quanto esistente in sé, opera nei confronti di tutti” (cfr Cassazione, sentenze 19638/2009, 7765/2008 e 24670/2007).

Un altro principio interessante, contenuto nella indicata sentenza 20876/2010, da evidenziare, è quello per cui la richiesta di verifica della situazione di incertezza normativa – fermi restando l’accertamento dei fatti e la loro categorizzazione operati dal giudice di merito – rappresenta una questione di diritto, “…con la conseguenza che di essa può essere investito anche il Giudice di legittimità” (ancorché il dato testuale dell’articolo 8 faccia riferimento alle sole Commissioni tributarie).

Da ultimo, si rappresenta che, nel vigente sistema tributario nazionale, l’incertezza normativa oggettiva è prevista come causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, oltre che dal richiamato articolo 8 del Dlgs 546/1992, anche dall’articolo 6, comma 2, del Dlgs 472/1997 (secondo cui “non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono…”), nonché dall’articolo 10, comma 3, della legge 212/2000 (per cui “le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria…”).


Fonte: Agenzia Entrate

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