“Deve ritenersi legittimo il diniego di rimborso di Iva da parte dell'Amministrazione finanziaria, in dipendenza dell'adozione di provvedimento di fermo amministrativo delle somme pretese in restituzione, in ragione della pendenza di controversie tra le parti su rettifiche relative ad altre annualità d'imposta”.
Questa la statuizione contenuta nella sentenza 9853 del 5 maggio della Corte di cassazione, che ha respinto il ricorso, proposto dal curatore fallimentare di una società a responsabilità limitata, sancendo espressamente che non può disporsi il rimborso Iva in pendenza di un fermo amministrativo formatosi in ordine a un debito erariale del contribuente per altri anni d’imposta.

La decisione assume importanza perché rappresenta il responso più recente nel contesto di una questione che la giurisprudenza ha affrontato sotto diverse angolazioni, approntando però delle soluzioni ondivaghe.

L’orientamento contrario, quello oggi sconfessato dalla sentenza in esame, muoveva il suo teorema dal fatto che l’esecuzione del rimborso potesse trovar ragione nella sua subordinazione – fatte salve le ipotesi del comma 7 all’articolo 38-bis del Dpr 633/1972 – alla prestazione di cauzione o fideiussione, nonché:
nelle altre tutele di cui ai commi 3 e 6 dello stesso articolo, cioè nella sospensione dell’esecuzione del rimborso fino alla definizione del procedimento penale per le contestazioni ex articolo 4, comma 1, n. 5), del Dl 429/1982
nelle opzioni di legge tra la restituzione delle somme oggetto di rimborso o compensazione, entro sessanta giorni dalla notifica di avviso di rettifica o accertamento, e la prestazione di idonea garanzia sino al termine dell’iter di definizione dell’accertamento.

In altre parole, secondo alcuni, questo assetto normativo doveva ricondurre alla volontà del legislatore di escludere implicitamente che la disciplina del fermo amministrativo, da un lato, potesse applicarsi all’ipotesi di rimborso dei crediti Iva – rilevandosi in proposito che, altrimenti, la previsione dell’articolo 38-bis sarebbe stata sostanzialmente priva di utilità –, dall’altro che, con la previsione di un sistema di prestazione di garanzie, il legislatore stesso avesse inteso limitare la sospensione dell’esecuzione del rimborso dell’Iva alla sola ipotesi di contestazione penale mossa al contribuente creditore.

La sentenza in commento svilisce il fondamento di queste ultime conclusioni citando esplicitamente, senza evidentemente condividerne i contenuti, un precedente responso di segno contrario: la sentenza 27265/2006, arroccata sul descritto teorema e sulla asserita circostanza della corrispondenza dei rimborsi Iva (ex articolo 38-bis del Dpr 633/1972) con “un sistema di garanzie che assolve specificamente la funzione di tutelare l'interesse dell'Erario all'eventuale recupero di quanto dovesse risultare indebitamente percepito dal contribuente”.

Questa volta, i giudici di piazza Cavour hanno inteso discostarsi dal suindicato verdetto dichiarando non solo la possibilità di sospensione dell’esecuzione del rimborso ma, altresì, che le garanzie indicate nella sentenza 27265/2006 avrebbero in realtà una funzione ben diversa, in quanto – mentre quella regolamentata dal citato articolo 38-bis fornisce una tutela relativa alle ipotesi di insussistenza del credito al rimborso – “quella prevista dall’art.69 del R.D. 18 novembre 1923 n.2440 garantisce la possibilità di operare la compensazione con i controcrediti dell'amministrazione”.


Fonte: Agenzia Entrate

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