La sezione lavoro sul caso di un progettista disegnatore afferma che il controllo sul lavoratore non ne fa necessariamente un lavoratore subordinato, ma e' compatibile con la supervisione sulla realizzazione in autonomia di un'opera.


La sezione lavoro afferma che il controllo sul lavoratore non ne fa necessariamente un subordinato, essendo compatibile con una supervisione sulla realizzazione in autonomia di un'opera.

Il caso riguardava un progettista disegnatore che, formalmente incaricato di eseguire un'opera, asseriva di essere sostanzialmente un lavoratore subordinato ed invocava la tutela prevista per il licenziamento.

La Corte di merito ha accertato l'assenza di vincoli di orario, di direttive (salvo solo quelle rivolte all'ottenimento dell'opus dedotto in contratto), di poteri di controllo e disciplinari in senso tecnico, atteso che gli screzi con il creditore della prestazione, rimasti privi di sanzione, non potevano ritenersi espressione dell'esistenza di un potere disciplinare, ma solo del potere di supervisione che spetta al creditore della prestazione in quanto tale (e del tutto diverso dal potere ben più penetrante che compete al datore di lavoro).

La Cassazione ha confermato tali valutazioni, rigettando il ricorso. In giurisprudenza, sulla distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, tra le ultime pronunce, Cass. sez. L, Sentenza n. 26986 del 22/12/2009, ha affermato che, in tema di distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo, l'organizzazione del lavoro attraverso disposizioni o direttive - ove le stesse non siano assolutamente pregnanti ed assidue, traducendosi in un'attività di direzione costante e cogente atta a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia - costituisce una modalità di coordinamento e di eterodirezione propria di qualsiasi organizzazione aziendale e si configura quale semplice potere di sovraordinazione e di coordinamento, di per sé compatibile con altri tipi di rapporto, e non già quale potere direttivo e disciplinare, dovendosi ritenere che quest'ultimo debba manifestarsi con ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e non in mere direttive di carattere generale, mentre, a sua volta, la potestà organizzativa deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale e non in un mero coordinamento della sua attività. In precedenza, per Cass. Sez. L, Sentenza n. 21028 del 28/09/2006, l'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione assumono natura meramente sussidiaria e di per se non decisiva; sicché qualora vi sia una situazione oggettiva di incertezza probatoria, il giudice deve ritenere che l'onere della prova a carico dell'attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto.

In generale, poi, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale (Cass. Sez. L, Sentenza n. 23455 del 05/11/2009).

(Cassazione civile Sentenza, Sez. Lav., 18/04/2011, n. 8845)


Fonte: IPSOA

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