I limiti al riporto di interessi passivi indeducibili, previsti nelle ipotesi di fusione e scissione, scattano anche quando l’operazione straordinaria coinvolge società aderenti a un consolidato nazionale che non si interrompe.
Il chiarimento è arrivato da parte dell’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 42/E del 12 aprile.

La norma antielusiva contenuta nell’articolo 172 del Tuir
Allo scopo di arginare il commercio delle cosiddette “bare fiscali”, l’articolo 172, comma 7, del Tuir (e, per rinvio, l’articolo 173, comma 10, nel caso delle scissioni) subordina il riporto delle perdite delle società che partecipano alla fusione prima di tutto al superamento del “test di vitalità” (“sempreché dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi … superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori”).
Soddisfatto tale vincolo, l’ammontare riportabile non può superare il patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio della società in perdita o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale imposta dall’articolo 2501-quater del codice civile, senza tenere conto dei conferimenti e versamenti fatti nei ventiquattro mesi ante-bilancio o ante-situazione patrimoniale.

Gli stessi limiti sono fissati anche agli interessi indeducibili, oggetto di riporto in avanti, negli esercizi di Rol “capiente” (“gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati indeducibili in un determinato periodo d’imposta sono dedotti dal reddito dei successivi periodi d’imposta, se e nei limiti in cui in tali periodi l’importo degli interessi passivi e degli oneri assimilati di competenza eccedenti gli interessi attivi e i proventi assimilati sia inferiore al 30 per cento del risultato operativo lordo di competenza” articolo 96, comma 4, del Tuir).

Il dubbio interpretativo
La questione ruotava intorno all’interpretazione fornita sempre dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 9/E del 9 marzo 2010. Documento nel quale si legge che, in presenza di operazioni di fusione e scissione che non interrompono la tassazione di gruppo, le disposizioni limitative al riporto delle perdite trovano applicazione solo con riferimento a quelle “pregresse” all’ingresso nel regime consolidato nazionale. Da qui, il dubbio: la neutralizzazione dell’articolo 172, comma 7, per le perdite, nei casi di operazione straordinaria che non interrompe il consolidato, opera anche per il riporto degli interessi passivi?

I casi sono differenti
L’Agenzia delle Entrate ha messo in evidenza come - pur ricordando la previsione in base alla quale, nei casi di consolidato nazionale, l’eventuale eccedenza di interessi passivi indeducibili in capo a una società può essere utilizzata in abbattimento del reddito del gruppo, quando gli altri partecipanti alla fiscal unit presentano, per lo stesso periodo d’imposta, un risultato operativo lordo capiente - nell’ambito della tassazione di gruppo la compensazione intersoggettiva utili-perdite abbia un meccanismo e una natura diversa rispetto a quella interessi passivi indeducibili-Rol.

Mentre, infatti, la prima è automatica, integrale e non derogabile, tanto da determinare una formale “spersonalizzazione” delle perdite, gli interessi passivi restano comunque nella esclusiva disponibilità della società che li ha generati. Il loro trasferimento al gruppo è, cioè, eventuale (occorre, abbiamo visto, un Rol capiente in grado di bilanciarli) e volontario.

Resta comunque a disposizione del contribuente – conclude l’Amministrazione finanziaria – la possibilità di disapplicare la disposizione, ricorrendo all’interpello antielusivo, previsto dall’articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/1973.


Fonte: Agenzia Entrate

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