L'art. 316 ter codice penale punisce chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per se' o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunita' europee.
L'art. 316 ter codice penale punisce chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.

Quando il vantaggio sia inferiore a 3999 euro la condotta non costituisce reato.

Diventa quindi molto rilevante la distinzione della fattispecie da quella della truffa: ove non ne ricorrano gli estremi, il fatto è punito più lievemente, per i fatti di poca entità addirittura non dalla legge penale.

In effetti, le due fattispecie presentano a tutta prima una certa similitudine: c'è una condotta falsa o omissiva che induce un danneggiato a erogare delle utilità.

La Cassazione osserva che, perché esista truffa occorre:

a) un inganno;

b) un errore della vittima;

c) un danno di quest'ultima e un profitto dell'agente.

Per vero, gli ultimi due elementi ricorrono anche nella ipotesi del delitto di cui all'art. 316 ter.

Ne consegue che la truffa non ricorre, ma solo la violazione penale o amministrativa di cui all'art. 316 ter, solo ove difetti l'artificio o raggiro, ovvero la induzione in errore.

Artifici o raggiri non sussistono sicuramente nell'ipotesi in cui la autocertificazione sia solo reticente ma non menzognera, possono ricorrere o meno quando la autocertificazione afferma positivamente circostanze false, fermo restando che la semplice menzogna non è sufficiente.

La Corte ritiene che sul punto il giudice debba espressamente motivare sul perché in concreto ricorressero artifici o raggiri.

Meno spazio sembra lasciare l'ipotesi in cui il raggiro vi sia, vi sia l'erogazione, ma difetti l'errore dell'ente che eroga il compenso.

In effetti, perché l'erogazione sia indebita ma il raggiro non abbia indotto in errore occorre che il funzionario abbia percepito la verità nascosta dietro la menzogna ma erogato ugualmente l'importo in contestazione (ipotesi che pare realtivamente peregrina).

(Cassazione penale Sentenza 23/02/2011, n. 6915)


Fonte: IPSOA

0 commenti:

 
Top