La cessione di quote, preceduta da un aumento di capitale sociale con conferimento di rami d’azienda, in luogo della più onerosa cessione della stessa, non configura abuso di diritto nel caso in cui il contribuente provi le legittime ragioni economiche poste alla base di tale operazione.
E’ questa la conclusione alla quale è pervenuta la Commissione tributaria provinciale di Brescia nella sentenza n. 14/07/11 depositata il 18 febbraio scorso, nell’esaminare il caso in cui l’Agenzia delle Entrate aveva contestato a due società, operanti nel settore della gestione di sale cinematografiche, facenti parte del medesimo gruppo, l’abuso di diritto in quanto, in un arco di tempo assai ridotto, avevano prima aumentato il capitale sociale mediante il conferimento di rami d’azienda e successivamente ceduto le quote ad altre due imprese.

Secondo l’Amministrazione in realtà l’operazione in commento non era qualificabile come cessione di quote, ma come cessione d’azienda e pertanto era soggetta ad imposta di registro in misura proporzionale, con la conseguenza che la società aveva, secondo l’Ufficio, eluso la stessa.

Di contro a quanto sostenuto dall’Ufficio, infatti, le società coinvolte nell’operazione in questione avevano evidenziato in maniera esaustiva e puntuale la sussistenza di logiche e legittime ragioni giustificatrici della stessa, ed in particolare la riduzione del rischio e della responsabilità del compratore, preferendosi il conferimento alla cessione che comporta in sé una responsabilità fiscale del cessionario sia per le imposte relative alle annualità in corso sia per quelle biennali precedenti sia per le sanzioni irrogate e contestate nello stesso periodo.

Di conseguenza, ci si trovava dinanzi non ad una cessione d’azienda, ma ad una reale e tacita cessione di partecipazioni realizzata a seguito del conferimento di azienda allo scopo di ottenere un management ed una governance centralizzati.

La motivazione economica dell’operazione andava, quindi, individuata nel fine legittimo di riunire le attività gestite da una costellazione di società in due enti, secondo una logica territoriale, ottimizzando le risorse e la gestione dell’attività globale, innovando il gruppo secondo una logica imprenditoriale di migliore razionale organizzazione.

Pertanto, secondo la CTP di Brescia deve essere valutato se nella fattispecie in questione possa ravvisarsi un lecito risparmio d’imposta ovvero un’attività elusiva attraverso modalità apparentemente incensurabili e formalmente rispettose del diritto, ma realizzate al solo fine di ottenere benefici fiscali non dovuti, e quindi elusiva dell’obbligazione tributaria, in assenza di valide ragioni economiche.

Il thema decidendum è dunque quello dell’abuso del diritto - introdotto dalla Corte di Giustizia, causa Halifax – e ritenuto anche dalla Suprema Corte principio non scritto, ma immanente.

A tal riguardo, la competente CTP ha evidenziato come l’Ufficio abbia solo parzialmente motivato gli avvisi impugnati, incombendo, invece, sullo stesso l’obbligo di individuare e precisare l’impiego formalmente corretto, ma di fatto elusivo della forma giuridica scelta per realizzare l’operazione, senza fornire pertanto la prova dell’uso distorto e strumentale delle norme utilizzate al fine di ottenere un indebito vantaggio fiscale.

Pertanto, premesso che la l’abuso di diritto è una creazione giurisprudenziale, la Corte di Cassazione è di recente intervenuta in argomento (sentenza n. 1372/2011 - si veda "", con commento di V.Cristiano, "", il Quotidiano IPSOA dell'8 febbraio 2011) respingendo l’equazione abuso di diritto = vantaggio fiscale e ha affermato come il sindacato dall’Agenzia sulle scelte e attività delle imprese non può spingersi sino ad imporre alle stesse con direttive le proprie linee guida ed indirizzi, le quali andrebbero ad inficiare l’autonomia e la pianificazione imprenditoriali offrendo soluzioni più vantaggiose per l’erario e meno per il contribuente.

Nella fattispecie in esame, pertanto, non è giustificabile la scelta di una misura di ristrutturazione differente rispetto a quella adottata delle imprese in questione solo perché generatrice di maggiore imposta, non avendo l’Ufficio rilevato con riferimento all’operazione posta in essere la sussistenze simultanea delle condizioni di cui all’art. 37-bis, D.P.R. n. 600/1973 per giustificare la presenza di una fattispecie di abuso del diritto.

(Sentenza Commissione tributaria provinciale BRESCIA 18/02/2011, n. 14)


Fonte: IPSOA

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