La domanda di pronunzia pregiudiziale riguarda l'interpretazione dell'articolo 11, n.2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 aprile 1997, 97/13/CE. Nello specifico, tale direttiva disciplina la materia delle autorizzazioni generali e licenze individuali nel settore delle telecomunicazioni. La controversia, per la quale l'interpretazione è arrivata davanti ai giudici della Corte di giustizia, è sorta nel territorio spagnolo tra una società di telefonia e l'Amministrazione finanziaria nazionale. Oggetto della causa principale un controverso avviso di accertamento, ai danni della compagnia telefonica, in merito al mancato pagamento della tassa sui diritti d'uso esclusivo dello spettro radiofonico pubblico.

Le direttive dell'Unione europea
Una prima disposizione comunitaria di interesse è la direttiva 97/13 in materia di telecomunicazioni. Il primo considerando della direttiva prevede un periodo transitorio per gli Stati membri per recepire la completa liberalizzazione dei servizi e delle infrastrutture di telecomunicazione. Il terzo considerando riguarda le disposizioni inerenti la regolamentazione delle attribuzioni di autorizzazioni generali e licenze individuali. Il quarto considerando ritiene importante la possibilità di agevolare l'introduzione di nuovi servizi come l'utilizzo di nuove tecnologie. Nel dodicesimo considerando si tratta i criteri per stabilire gli oneri di imposta a carico delle imprese nell'ambito dei procedimenti di autorizzazione. Secondo l'articolo 10, punto 1, della direttiva gli Stati possono porre dei limiti alla concessione delle licenze individuali, da stabilire in considerazione delle diverse categorie di servizi. Al successivo articolo 11, si fissano i criteri per stabilire gli oneri applicabili alle licenze individuali. Nello specifico, una deroga importante al paragrafo 1, si ha nel caso di utilizzo di risorse rare. In tal caso è possibile per gli Stati membri consentire all'Autorità di regolamentazione nazionale di imporre diritti che riflettano la necessità assicurare l'uso ottimale delle risorse. Altra norma europea di riferimento è la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE. Quest'ultima, in materia di autorizzazioni per le reti e servizi di telecomunicazioni, prevede la possibilità di stabilire dei diritti d'uso delle frequenze radio al fine proprio di garantire un ottimale impiego delle risorse.

La normativa spagnola
La normativa nazionale è quella in materia di tassazione sui diritti d'uso esclusivo delle frequenze dello spettro radioelettrico pubblico in dettaglio la legge generale n. 11 del 24 aprile 1998. In particolare, l'articolo 73 stabilisce l'assoggettamento a tassazione di diritti d'uso. Il fine è di destinare il gettito tributario che deriva dalla tassa al finanziamento della ricerca e la formazione nel settore delle telecomunicazioni. Nel prosieguo l'articolo tratta del valore di mercato e il ritorno per il beneficiario del diritto di uso esclusivo della frequenza fissando alcuni parametri per stabilire il valore di mercato. Valore dei parametri stabilito a mezzo di un decreto ministeriale. Con decreto del ministro delle infrastrutture del 22 settembre 1998, è stato stabilito il regime applicabile alle licenze individuali per il diritto di uso sui servizi e le reti di telecomunicazioni. Con legge 29 dicembre 2000, n. 14 in materia di misure fiscali, amministrative e di natura sociale, in deroga al suddetto articolo 73, è stato stabilito che con legge finanziaria ogni anno verranno determinati i valori dei cinque parametri che compongono la tassa.

La causa principale
La compagnia telefonica ricorrente, operante nel mercato spagnolo, nel 1998 ha stipulato un contratto di gestione dei servizi pubblici con lo Spagna. Oggetto del contratto la fornitura del servizio di telecomunicazioni a valore aggiunto. A tale scopo alla compagnia veniva attribuita la concessione dello spettro radioelettrico pubblico necessario dietro corresponsione di un canone annuale. Proprio sul canone dovuto per l'anno 2001 è sorta la controversia con l'Amministrazione statale per un avviso di riscossione. La compagnia, vedendosi respingere l'atto di opposizione all'avviso di riscossione proponeva, con esito negativo, ricorso amministrativo. Vista l'infruttuosità del suo agire, la compagnia telefonica proponeva ricorso per cassazione argomentando come la normativa nazionale fosse in contrasto con l'articolo 11 della direttiva 97/13. Il giudice nazionale, ritenendo fondamentale, per la soluzione della questione di cui alla causa principale, la corretta interpretazione della suddetta direttiva, decideva di sospendere il ricorso e di adire i giudici della Corte di giustizia europea.

La questione pregiudiziale
Ai giudici della Corte sono state presentante due distinte questioni che, avendo lo stesso oggetto, possono essere affrontate e risolte congiuntamente. Pertanto, la questione sollevata al giudice del rinvio e da questi rivolta ai togati europei è stabilire se i requisiti di cui all'articolo 11, n. 2 della direttiva 97/13, ovvero sui diritti d'uso dei servizi di telecomunicazione per l'utilizzo di risorse rare, per lo scopo per cui sono stati concepiti, sono in contrasto con la normativa di uno Stato membro volta a imporre diritti a quegli operatori di servizi di telecomunicazione titolari di licenze individuali.

Le argomentazioni dei togati europei
Chiamando in causa la direttiva 97/13, la questione di cui alla causa principale si colloca nell'ambito delle misure previste per la completa liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni. Una prima considerazione dei giudici è quella che per il fine della direttiva in oggetto gi Stati membro non possono stabilire liberamente oneri tributari quali tasse o canoni che non siano previsti nella direttiva 97/13. Oneri fondati su criteri oggettivi e sempre nello spirito della liberalizzazione del mercato. Al proposito i diritti imposti dagli Stati ai soggetti titolari di licenze individuali, ex articolo 11, devono essere commisurati alle spese amministrative sostenute per la concessione delle licenze. Soltanto nel caso in cui si impieghino delle risorse rare gli Stati sono autorizzati a fissare diritti d'uso supplementari sempre parametrati a requisiti sanciti esplicitamente nell'articolo 11 della direttiva 97/13. Stato spagnolo e Commissione europea sono di comune accordo nel ritenere che, per un ottimale utilizzo di dette risorse rare, occorre fissare i diritti d'uso a un giusto livello, tale che non risulti eccessivo e disincentivante verso l'uso di risorse rare né tantomeno troppo basso tale da provocare un eccessivo ricorso a tali risorse. Ecco che allora gli Stati membri non possono applicare canoni o diritti diversi agli operatori concorrenti verso l'utilizzo di risorse rare. Non si può quindi affermare che nella direttiva 97/13 ed, in particolare, all'articolo 11, i requisiti fissati per la determinazione dei diritti di uso comportino parimenti un vincolo alla destinazione del gettito che pertanto resta utilizzabile secondo discrezione del singolo Stato membro. Pertanto la circostanza che siano stati fissati dei requisiti per stabilire il livello dei diritti d'uso non implica allo stesso tempo che gli Stati membri siano vincolati alla destinazione del gettito ricavato né tanto meno che non possano stabilire degli aumenti. Condizione vincolante, invece, è che il livello dei diritti d'uso non debba essere nè eccessivo nè sottovalutato per non compromettere il corretto utilizzo delle risorse rare.

La pronuncia della Corte
Alla luce delle considerazioni svolte i giudici risolvono la duplice questione interpretativa pronunciandosi nel senso che non contrasta con la normativa comunitaria la normativa di uno Stato membro che stabilisca una tassa sui diritti di uso esclusivo delle risorse rare senza prescrivere una destinazione specifica degli introiti così ottenuti. Tantomeno possono essere considerati contrari alla normativa comunitaria gli aumenti, anche significativi, dei diritti in questione, sempre stabiliti con una normativa nazionale.

Fonte: sentenza Corte UE del 10.003.2011 procedimento C-85/10

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