La circostanza che, a seguito del mancato recapito di un atto tributario inviato per raccomandata postale a una società presso la sua sede, l'avviso di giacenza dell'atto stesso presso l'ufficio postale sia indirizzato, sempre presso la sede sociale, non all'ente ma al suo legale rappresentante, costituisce una mera irregolarità che non inficia la validità della notifica.
Questo, in breve, il chiarimento fornito dalla Cassazione con la sentenza n. 3342 dell'11 febbraio in una fattispecie riguardante la notificazione di un atto di accertamento eseguita presso una Snc a mezzo del servizio postale.

I fatti di causa
La società "X snc di Tizio & C." impugnava davanti alla Commissione tributaria provinciale di Ferrara una cartella di pagamento di oltre 125mila euro, contestando tra l'altro di non avere ricevuto gli atti da cui la cartella traeva origine.
Con successiva memoria integrativa, la contribuente evidenziava che gli atti di accertamento presupposti, stante l'assenza del destinatario al momento della notifica, erano stati depositati presso l'ufficio postale e che i relativi avvisi di giacenza erano stati inviati non a essa società ma al sig. Tizio, seppure all'indirizzo della sede sociale. L'adita CTP respingeva il ricorso.

Sull'appello della parte privata, la Commissione regionale di Bologna - rilevato in fatto che gli atti impositivi erano stati spediti per posta, ai sensi della legge 890/1982, alla sede della società e che l'agente postale, nell'impossibilità di consegnarli, aveva provveduto a depositarli presso l'ufficio postale, spedendo quindi i relativi avvisi di giacenza nella sede della società - affermava che il fatto che detti avvisi fossero indirizzati al socio Tizio invece che alla società non costituiva circostanza idonea a inficiare la validità della notificazione, considerato che il nome "Tizio" faceva parte integrante, ai sensi dell'articolo 2292 cc, della ragione sociale della società destinataria della notifica.
La Ctr concludeva, quindi, nel senso che, essendo regolare la notifica degli atti presupposti, la cartella doveva ritenersi legittima: respingeva pertanto l'appello e confermava la sentenza di prime cure.

Il ricorso in Cassazione
Ricorrendo alla Corte di cassazione, la società insisteva sulla richiesta di declaratoria di illegittimità della cartella impugnata, in quanto fondata a suo dire su atti non validamente notificati; l'Agenzia delle entrate si costituiva depositando controricorso.
Nel ricorso principale veniva, in particolare, lamentata la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla normativa in tema di notificazione di atti tributari alle società a mezzo del servizio postale, censurando la sentenza della Ctr nella parte in cui aveva ritenuto che, poiché il nome "Tizio" faceva parte integrante della ragione sociale della società destinataria della notifica, l'avviso di giacenza presso l'ufficio postale degli atti destinati alla società poteva essere validamente indirizzato appunto al sig. Tizio, invece che alla società.

Più nello specifico, la società si doleva del fatto che, mentre i pieghi postali contenenti gli atti da notificare erano stati indirizzati alla società, nella sua sede, di contro gli avvisi di giacenza degli stessi atti erano stati indirizzati non alla società ma alla persona fisica menzionata nella ragione sociale ed erano stati inviati non alla residenza o al domicilio di tale persona fisica, ma alla sede legale della società.
Inoltre, asseriva che, a norma dell'articolo 145 cpc, la notifica non poteva essere effettuata al legale rappresentante se non previo tentativo presso la sede legale, tentativo che, nella specie, non risultava essere stato effettuato.

La decisione della Corte
La Cassazione, pur condividendo il decisum della sentenza della Ctr, confermandone dunque le conclusioni, ne ha corretto la motivazione ai sensi dell'articolo 384 cpc (il cui quarto comma prevede che non sono soggette a cassazione "le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto" perché, in questi casi, "la Corte si limita a correggere la motivazione").
I giudici di piazza Cavour, infatti, hanno ritenuto erronea l'affermazione della sentenza della Commissione regionale secondo cui le notifiche degli atti impositivi presupposti alla cartella erano rituali perché il nome della persona fisica cui gli avvisi di giacenza erano stati inviati compariva nella ragione sociale della società destinataria degli atti.

In proposito, la sentenza in commento ricorda che l'avviso di deposito previsto dal secondo comma dell'articolo 8 della legge 890/1982 deve essere inviato allo stesso soggetto (il destinatario della notifica) nei cui confronti è stata inutilmente tentata la consegna del plico postale contenente l'atto da notificare.
Questa situazione, spiegano i giudici di nomofilachìa, non si è verificata nel caso de quo, perché "non vi è identità soggettiva tra una società in nome collettivo e la persona fisica dei suoi soci" e perchè il fatto che il nome di una persona fisica compaia nella ragione sociale di una Snc "non implica necessariamente che tale persona abbia la legale rappresentanza della società... e neanche che la stessa rivesta la qualità di socio...".

Fermo restando quanto precede - e venendo così al passaggio più significativo ai fini che qui interessano - la sentenza 3342/2011 puntualizza che, comunque, la circostanza che gli avvisi di deposito degli atti presso l'ufficio postale fossero stati inviati a "Tizio" presso la sede sociale piuttosto che alla società "X snc di Tizio & C." (peraltro sempre all'indirizzo della sede dell'ente) "costituisce una irregolarità meramente formale, che non induceva alcuna incertezza sull'identità del soggetto destinatario della notifica degli atti, né impediva all'avviso di giacenza di svolgere la sua funzione di portare la società, destinataria della notifica, a conoscenza del fatto che presso l'ufficio postale erano stati depositati atti a lei destinati".

Così, confermando la correttezza della notifica degli atti di accertamento presupposti, la Cassazione ha rigettato il ricorso della società, condannandola altresì a rifondere all'Agenzia le spese della fase di legittimità liquidate in 6.500 euro, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Considerazioni
La sentenza in commento aggiunge un altro tassello alla complessa tematica della notificazione di atti tributari riguardanti soggetti diversi dalle persone fisiche, disciplinata - in virtù del generale richiamo contenuto nell'articolo 60 del Dpr 600/1973 agli articoli 137 e seguenti del cpc (e salve le regole speciali appositamente dettate dal medesimo articolo 60 per la materia tributaria) - dall'articolo 145, norma che stabilisce fondamentalmente il luogo in cui detta notifica può essere effettuata e i soggetti abilitati a ricevere l'atto in nome e per conto dell'ente.

Con l'odierno arresto, la Cassazione conferma la regola per cui, in virtù del rapporto organico che lega una società al suo legale rappresentante, la conoscenza che questi abbia o possa avere della corrispondenza diretta alla società equivale giuridicamente alla conoscenza da parte dell'ente medesimo.
Ciò in quanto l'amministratore di una società ha pieno e libero accesso alla corrispondenza che viene recapitata nella sede sociale e, quindi, anche quando risulti egli stesso il destinatario dell'atto è comunque legittimato ad aprirla (eventualmente, previo ritiro della stessa presso l'ufficio postale ove si trovi in giacenza) e a prendere cognizione del suo contenuto, ancorché gli atti ricevuti riguardino la società da lui rappresentata.

In definitiva, la circostanza che, a seguito del mancato recapito di un atto tributario inviato per raccomandata a una società presso la sua sede, l'avviso di giacenza dell'atto stesso presso l'ufficio postale (anch'esso inviato nella sede dell'ente destinatario) sia indirizzato al legale rappresentante della stessa piuttosto che alla società, non determina nullità della notifica, né ai sensi del primo comma dell'articolo 156 cpc, in mancanza di espressa comminatoria di legge, né ai sensi del terzo comma della stessa disposizione - che stabilisce che la nullità di un atto "non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato" - non trattandosi di carenza di un requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo della notifica.


Fonte: Agenzia Entrate

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