Illegittimo il testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, nella parte in cui dispone che l’Amministrazione ed i concessionari del servizio telegrafico non incontrano alcuna responsabilità per il ritardato recapito delle spedizioni effettuate con il servizio postacelere.Con la sentenza n. 46 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte in cui dispone che l’Amministrazione ed i concessionari del servizio telegrafico non incontrano alcuna responsabilità per il ritardato recapito delle spedizioni effettuate con il servizio postacelere.

Come già affermato dalla Corte, per il caso del servizio telegrafico, sebbene sia «sempre possibile delineare, in materia di responsabilità per danni causati agli utenti del servizio postale, una disciplina speciale ispirata a criteri più restrittivi di quella ordinaria, in rapporto alla complessità tecnica della gestione del servizio ed all’esigenza del contenimento dei costi», tuttavia la carenza di siffatta disciplina della responsabilità del gestore del servizio è in grado di tradursi in un «privilegio, privo di connessione con obiettive caratteristiche del servizio e, perciò, lesivo, al tempo stesso, del canone di ragionevolezza e del principio di eguaglianza garantiti dall’articolo 3 della Costituzione» (sentenza n. 254 del 2002).

Anche nel caso di specie, infatti, per il servizio di postacelere, il legislatore ha inteso, attraverso il citato rinvio all’art. 6, determinare un’esclusione di responsabilità secondo un criterio soggettivo, escludendo per il gestore del servizio universale, che il ritardato recapito determini una responsabilità di tipo risarcitorio, se non nei limiti espressamente previsti, in questo caso, ratione temporis, dal decreto ministeriale 9 aprile 2001, Carta della qualità del servizio pubblico postale.

La previsione della mera corresponsione del costo per la spedizione determina, anche nel caso del servizio di postacelere, una totale esclusione di responsabilità, non essendo in grado di assolvere ad una funzione risarcitoria del danno arrecato all’utente, che utilizza il predetto servizio proprio in vista della celerità del medesimo e di quel quid pluris garantito dalle caratteristiche prefissate nell’atto della sua istituzione (Decreto ministeriale 28 luglio 1987, n. 564 – istituzione del servizio di postacelere interna).

La norma impugnata, pertanto, determina in favore del gestore un ingiustificato privilegio, svincolato da qualsiasi esigenza connessa con le caratteristiche del servizio, senza dunque realizzare alcun ragionevole equilibrio tra le esigenze del gestore e quelle degli utenti del servizio, equilibrio che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore avrebbe invece dovuto realizzare, essendo venuta meno la concezione puramente amministrativa del servizio postale, e quindi «la possibilità di collegare tali limitazioni di responsabilità alla necessità di garantire la discrezionalità dell’Amministrazione» (sentenza n. 463 del 1997).

Tale privilegio determina, quindi, la dedotta violazione del canone di ragionevolezza e del principio di eguaglianza garantiti dall’art. 3 Cost., con conseguente illegittimità costituzionale dell’art. 6 del codice postale nella parte in cui esclude, in mancanza di speciali norme di legge, qualsiasi responsabilità delle Poste per il ritardato recapito delle spedizioni di postacelere.

(Sentenza Corte Costituzionale 11/02/2011, n. 46)


Fonte: IPSOA

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