Con le sentenze n. 3157 e n. 3160, entrambe depositate il 9 febbraio scorso, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, è intervenuta in merito ai criteri da adottare per il calcolo della base imponibile ICI per i fabbricati di gruppo D.
Nella prima sentenza, le Sezioni Unite si sono occupate di una controversia riguardante un avviso di accertamento ICI dell’anno 1996 avente ad oggetto un fabbricato iscrivibile nella categoria catastale D, in merito al quale hanno statuito che, in mancanza di un obbligo di tenuta delle scritture contabili da parte del possessore, è possibile adottare il criterio “interinale” della “rendita presunta” quale alternativa e in attesa dell’attribuzione di quella “definitiva”.

In questo modo, dunque, i giudici della Suprema Corte hanno avvalorato la decisione contenuta nella sentenza della Corte Costituzionale del 24 febbraio 2006, n. 67, secondo cui non era fondata, in riferimento agli articoli 3, 4 e 53 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli articoli 5, commi 3 e 4, e 11, comma 1, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 504/1992, il cui combinato disposto prevedeva, per i fabbricati ancora privi di rendita catastale e classificabili nel gruppo catastale D, ove interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, che la base imponibile dell’ICI fosse costituita “dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili applicando per ciascun anno di formazione dello stesso” i coefficienti indicati dalla legge, soggetti ad aggiornamento con decreto ministeriale.

Per la Corte Costituzionale, difatti, il criterio della rendita presunta adottato nella sua discrezionalità dal legislatore anche riguardo ai fabbricati del gruppo D non interamente posseduti da imprese è, per sua natura, interinale al pari della rendita presunta utilizzato per i fabbricati ascrivibili a categorie catastali diverse dalla D.

In ragione di ciò, quindi, secondo i Supremi giudici, il problema della possibilità che il cittadino assolva le proprie obbligazioni fiscali in conformità a quanto effettivamente dovuto, senza che abbiano influenza modifiche rispetto alla prima rendita non attribuita secondo le previsioni di legge, deve ritenersi insussistente.

Nella seconda sentenza, invece, viene finalmente risolto il contrasto in merito alla natura costitutiva o dichiarativa della rendita catastale dei fabbricati di categoria D, in base al principio di diritto secondo cui, in tema di ICI e con riferimento alla base imponibile dei fabbricati non iscritti in catasto, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, l’art. 5, comma 3, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 ha previsto, fino all’attribuzione della rendita catastale, un metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili valido fino a che la richiesta di attribuzione della rendita non viene formulata dal contribuente.

Dal momento in cui fa la richieste egli, invece, pur applicando ormai in via precaria il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova.

II problema riguardava la disciplina ICI dei fabbricati di categoria D, interamente posseduti da imprese, privi di rendita. Per tali unità, l’art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 504/1992 prevede che l’imposta comunale sia assolta sulla base dei valori contabili del bene. Sempre in base a questa disposizione, inoltre, il criterio del valore contabile opera sino all'anno di attribuzione della rendita catastale.

Orbene, ciò premesso, il contrasto si fondava su due tesi avverse.

Secondo una tesi, l'attribuzione della rendita avrebbe natura costitutiva. Ciò significa che la rendita determinata dall'ufficio del Territorio avrebbe effetti solo dal momento dell'assegnazione, senza dare luogo a conguagli per il periodo pregresso, che resterebbe regolato, in via definitiva, dal valore contabile.

Secondo l'altra tesi, invece, la rendita catastale produrrebbe effetti sin dalla data in cui il contribuente ne ha richiesto l’attribuzione. Durante tale periodo, l’immobile viene assoggettato a ICI in via provvisoria sulla base del valore contabile. Successivamente, il Comune dovrà provvedere a effettuare i conguagli a debito o a credito rispetto all'importo versato in precedenza.

In forza dei principi costituzionali della parità di trattamento e della capacità contributiva, le Sezioni Unite hanno aderito a quest'ultima tesi. Difatti, secondo la Corte, sarebbe irragionevole far dipendere il passaggio da un sistema di tassazione all'altro dal comportamento di un terzo (l'Ufficio competente), senza considerare il comportamento del contribuente.

In tale contesto, inoltre, le Sezioni Unite hanno anche chiarito che l'art. 74, legge n. 342/2000, secondo cui le rendite hanno efficacia dalla loro notificazione, ha solo la funzione di stabilire la data da cui le tariffe catastali possono essere applicate nei procedimenti tributari.

Ebbene, in definitiva, alla luce delle esposte statuizioni, si può concludere affermando che le due sentenze del 9 febbraio 2011 della Corte di Cassazione hanno stabilito, dirimendo ogni contrasto sull’argomento, il criterio per la determinazione della base imponibile ICI per i fabbricati di categoria D, integralmente posseduti da imprese e privi di rendita, come previsto dall’art. 5, DLgs. n. 504/1992.

(Cassazione civile Sentenza, Sez. SS.UU., 09/02/2011, n. 3157)


Fonte: IPSOA

0 commenti:

 
Top