La Corte di Giustizia UE ha dichiarato legittima una norma svedese che esclude un lavoratore dal privilegio della garanzia di pagamento dei crediti insoluti qualora lo stesso sia stato titolare di una parte essenziale dell'impresa ed abbia esercitato una notevole influenza sulle sue attività nei 6 mesi antecedenti l'istanza di fallimento.A livello comunitario, la direttiva che garantisce i lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro è la Direttiva 2008/94/CE – che ha codificato la vecchia Direttiva 80/987/CEE – la quale delinea un meccanismo di tutela concepito in termini di assicurazione collettiva dei crediti dei lavoratori nei casi in cui:

- sia stata chiesta l’apertura di una procedura concorsuale fondata sull’insolvenza del datore di lavoro, che comporti lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro stesso e la designazione di un curatore (o di una persona che esplichi una funzione analoga);

- l’autorità competente, in virtù di disposizioni in vigore nello Stato membro:

o abbia deciso l’apertura del procedimento; oppure

o abbia constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento In realtà da un’analisi della direttiva emerge quanto la portata della garanzia sia alquanto ridotta.

La norma, infatti, prevede il pagamento da parte degli organismi di garanzia dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro - comprese le indennità dovute agli stessi a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale - ma, ai sensi dell’art. 3, i diritti di cui l’organismo di garanzia si fa carico sono le retribuzioni non pagate corrispondenti a un periodo che si colloca prima e/o eventualmente dopo una data che deve essere determinata dagli Stati membri. Il periodo di riferimento è fissato in un minimo di tre mesi di retribuzione, fermo restando la possibilità per gli Stati membri di fissare massimali per i pagamenti effettuati dall’organismo di garanzia.

In Svezia, la normativa nazionale prevede che lo Stato, in caso di fallimento del datore di lavoro, versi al lavoratore i crediti relativi alle retribuzioni ed alle pensioni assistite da privilegio.

Tuttavia se il debitore fallito è un commerciante, la legge prevede che, nel caso in cui il lavoratore subordinato sia detentore, da solo o con parenti stretti, di una parte essenziale della società ed abbia esercitato una notevole influenza sulle sue attività nei sei mesi antecedenti l’istanza di fallimento, allora lo stesso lavoratore non può godere di alcun privilegio con riguardo alla sua retribuzione e ai suoi diritti alla pensione.

La questione trattata dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza del 10 febbraio 2011 (procedimento C-30/10) è relativa proprio ad un caso in cui una lavoratrice aveva lavorato presso una società dalla metà degli anni 90, ricevendo in donazione il 50% delle azioni della stessa nel 2006 ed avendo il potere firma disgiunta in nome della società fino al 20/11/2008, data in cui tale potere gli era stato revocato.

Circa un mese dopo, la società è stata dichiarata fallita e la lavoratrice si è vista negare dall’amministratore fallimentare il beneficio della garanzia dei crediti da lavoro (nel particolare la retribuzione del mese dicembre 2008 e di una parte del mese di gennaio 2009, l’indennità di preavviso e per le ferie non godute) proprio perché aveva detenuto una parte essenziale della società ed aveva esercitato un’influenza notevole sulla sua attività nei sei mesi antecedenti l’istanza di fallimento della società medesima.

Ciò nonostante la lavoratrice ha presentato ricorso sostenendo che, sebbene detenesse una parte essenziale della società, in realtà alla data dell’istanza di fallimento non esercitava alcuna influenza notevole sulla stessa e non possedeva più alcun potere direttivo.

La Corte svedese ha interessato della questione la Corte di Giustizia UE chiedendo se una norma nazionale che escluda il lavoratore subordinato dal privilegio per essere stato, direttamente o tramite parenti stretti, titolare di una parte essenziale dell’impresa e per aver esercitato una notevole influenza sulle sue attività nei sei mesi antecedenti l’istanza di fallimento sia compatibile con la Direttiva 2008/94/CE.

In effetti l’art. 12, lett. c), della citata direttiva consente agli Stati membri di escludere o limitare l’obbligo di pagamento dei crediti insoluti nel caso in cui il lavoratore subordinato detenga, direttamente o tramite parenti stretti, una parte essenziale dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e esercitando una notevole influenza sulle sue attività; tuttavia la norma non menziona alcun periodo durante il quale la detenzione e la notevole influenza debbano essere state effettive affinché tale obbligo di pagamento sia escluso o limitato.

La finalità dell’esclusione di cui al suddetto art. 12, lett. c), è di evitare abusi e si basa su una presunzione implicita secondo cui nel caso di specie lo stesso lavoratore sia in parte responsabile dell’insolvenza.

Stante quanto sopra, la Corte di Giustizia UE ha ritenuto che la normativa svedese in questione non compromette né l’obiettivo dell’esclusione di cui all’art. 12, lett. c) della direttiva, né l’obiettivo sociale della direttiva stessa perché in una situazione come quella della causa in oggetto, non si può escludere che il lavoratore, al quale sia stato negato il beneficio della garanzia, possa essere stato responsabile dell’insolvenza dell’impresa anche se, al momento del fallimento non esercitava più i suoi poteri.

(Sentenza Corte Giust. CE 10/02/2011)


Fonte: IPSOA

0 commenti:

 
Top