Nella fase amministrativa, il “dialogo” tra Fisco e contribuente non è imposto in tutti i casi.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 26316 del 29 dicembre 2010, esclude l’obbligatorietà del contraddittorio preventivo generalizzato in ambito tributario, non essendo l’ufficio delle Entrate sempre tenuto a interpellare il cittadino, neppure quando si tratti di incertezze intrinseche della dichiarazione dei redditi.

Dati del processo
Un contribuente si rivolgeva alla competente Commissione tributaria provinciale lamentando di non essere stato invitato dall’ufficio al contraddittorio, nonostante la dichiarazione contenesse delle incertezze che hanno poi dato luogo a una cartella di pagamento per Irpef detratta, ma non giustificata.
La norma denunciata è l’articolo 6 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000), il cui comma 5 prevede, a pena di nullità, che prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo.

Il giudicato sfavorevole è stato parzialmente riformato dal giudice di appello, ove viene sentenziato che non era stata provata dall’ufficio l’avvenuta seconda comunicazione di irregolarità al contribuente. Il conseguente ricorso per cassazione nelle parti sfavorevoli della sentenza del riesame viene articolato, tra l’altro, insistendo sulla presunta violazione del riferito articolo 6, comma 5, per mancanza di invito preventivo a fornire chiarimenti nelle rituali forme di legge.

I controlli automatici
Il thema decidendum tracciato dalla pronuncia 26316/2010 è l’occasione per rilevare che, nella sua attività accertativa, l’Amministrazione finanziaria effettua sulle dichiarazioni presentate dai contribuenti dei controlli preliminari al fine di verificare la corretta esecuzione dei calcoli e l’esatto riporto dei dati ivi inseriti.
Tale controllo si articola in due fasi:
la prima (controllo formale in senso lato), è disciplinata dagli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972, e mira a rettificare la dichiarazione di eventuali errori, materiali e/o di calcolo
la seconda (controllo formale in senso stretto), regolata dall’articolo 36-ter del Dpr 600/1973, è finalizzata al riscontro della dichiarazione e dei documenti sulla base dei quali è stata redatta.

Le richiamate disposizioni prevedono che, nel caso vengano rilevati errori, l’accaduto - nel rispetto del dettato dell’articolo 6, comma 5, dello Statuto del contribuente - viene comunicato tempestivamente al contribuente, il quale ha la possibilità, entro il termine di 30 giorni dalla ricezione dell’avviso, di sanare l’irregolarità (beneficiando della riduzione della sanzione), ovvero di presentare argomentazioni e prove atte a giustificare la correttezza del suo operato. In mancanza, l’ufficio procede all’iscrizione a ruolo.
Ne scaturisce l’interrogativo se all’esito dei controlli sia o meno obbligatoria per l’ente impositore la comunicazione di irregolarità, quesito cui ha dato risposta la sentenza n. 26316 in esame.

Motivi della decisione
Nel caso di specie, trattandosi di vertenza relativa all’anno d’imposta 2000, nel rigettare il ricorso la Suprema corte spiega che le norme di natura procedimentale contenute nella legge 212/2000 – che rendono obbligatorio l’interpello del contribuente in caso di liquidazione di tributi in base alla dichiarazione e in caso di incertezze e la sua informazione solo nell’ipotesi di irrogazione di sanzioni (articolo 6, commi quinto e secondo) – non hanno efficacia retroattiva, per cui non possono trovare applicazione all’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria relativa a periodi d’imposta pregressi (cfr Cassazione, sentenze nn. 25002/2009, 12462/2001 e 3128/2001).

Ma anche diversamente opinando, in considerazione dell’anno in contesa (la legge 212 è entrata in vigore il 1° agosto 2000), il diritto vivente è univoco nell’affermare che, in tema di contraddittorio fra Amministrazione e contribuente nell’ambito della potestà di accertamento, debba essere escluso che allo stato attuale della legislazione si possa ritenere esistente un “principio generale di contraddittorio” in ordine alla formazione della pretesa fiscale (Cassazione, sentenza 22035/2010).

In termini più espliciti, l’assenza di una disposizione di carattere generale che imponga l’attivazione di un contraddittorio preventivo per ogni tipologia di controllo impedisce a questo fondamentale istituto di diritto amministrativo di trovare sempre collocazione in ambito tributario. Al contrario, il Fisco è obbligato al contraddittorio quando la pretesa impositiva nasce da incertezze fra i dati dichiarati e quelli in suo possesso (Cassazione, sentenza 4958/1989).

Se dunque, per effetto dell’attenta lettura dell’articolo 6, comma 5, dello Statuto del contribuente, la Suprema corte è stata indotta ad affermare che nell’ordinamento tributario nazionale non esiste una norma sulla cui base sia possibile “ritenere vigente un principio generale di contraddittorio in ordine alla formazione della pretesa fiscale” (Cassazione, sentenza 17396/2010), sono ravvisabili invece una serie di norme di carattere speciale che impongono la necessità di un preventivo contatto, soltanto per determinati ambiti impositivi, come di seguito esemplificati:
ingiunzioni di pagamento in materia doganale – obbligo del contraddittorio preventivo (Cassazione, sentenza 14105/2010 e Corte di giustizia Ce, causa C-349/07 del 2008)
accertamenti da studi di settore (applicabile a tutti gli accertamenti standardizzati per parametri, coefficienti presuntivi, eccetera) – obbligo del contraddittorio a pena di nullità (Cassazione, sezioni unite, sentenza 26637/2009)
attività di verifica contabile – il contraddittorio tra ufficio e contribuente è solo eventuale (cfr Cassazione, sentenze nn. 27060/2007, 18868/2007, 24091/2006 e 14675/2006)
accertamenti sintetici e redditometro – il contraddittorio è solo eventuale per le annualità 2008 e precedenti; diviene obbligatorio per le annualità 2009 e successive (articolo 22 del Dl 78/2010)
accertamento con adesione – in questo caso il contraddittorio costituisce la necessaria premessa per l’instaurazione della procedura (articolo 5 del Dlgs 218/1997).


Fonte: Agenzia Entrate

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