Nel caso in cui un'area sia sottoposta a vincolo archeologico, il parere favorevole della sovrintendenza deve sempre essere richiesto e l'amministrazione può legittimamente condizionare l'efficacia della concessione all'esercizio del potere di tutela dei beni archeologici.

Nella fattispecie oggetto della sentenza in esame, il rilascio della concessione edilizia su un'area sottoposta a vincolo archeologico era stato condizionato dal Comune al parere positivo della sovrintendenza archeologica.

La giurisprudenza amministrativa riconosce, infatti, in generale la legittimità del provvedimento concessorio subordinato al rilascio dei necessari permessi paesistici, sempre che il necessario nulla osta venga successivamente concesso in conformità del progetto approvato.

La sentenza di primo grado aveva, invece, riconosciuto l'illegittimità di tale condizionamento, che costituiva un illegittimo aggravio procedimentale, poiché la variante assentita comportava un ridimensionamento rispetto alla edificazione già autorizzata e realizzata.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che, nel caso in cui un'area sia sottoposta a vincolo archeologico, nessuna importanza può assumere né la consistenza dell’opera da realizzare rispetto a quanto già edificato, né l’ubicazione dei reperti nell’ipogeo, già coperto dall’edificio esistente.

L’Amministrazione preposta alla cura del vincolo ben può, infatti, attivare tutti i mezzi per addivenire alla concreta tutela del bene protetto, per evitare il danneggiamento o la distruzione delle cose di interesse archeologico esistenti nell’area e per intervenire anche, se ritenuto necessario, sul tessuto edilizio esistente.

Il precedente rilascio di una concessione edilizia non esaurisce la necessità di richiedere il parere favorevole della sovrintendenza archeologica, la cui competenza deve essere necessariamente attivata al fine del rilascio di una nuova concessione edilizia.

(Consiglio di Stato Sentenza, Sez. VI, 16/12/2010, n. 9080)


Fonte: IPSOA

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