Per poter dedurre i costi sostenuti per operazioni intercorse con fornitori localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata, il contribuente deve dimostrare la sussistenza delle condizioni richieste dall'articolo 110, comma 11, TUIR. E' questa la conclusione fornita dalla Suprema Corte nella sentenza n. 26298 del 29 dicembre scorso, intervenendo a favore dell'Amministrazione finanziaria in tema di onere della prova in materia di costi black list. Per un ulteriore approfondimento, si rinvia al commento di Diego Avolio e Benedetto Santacroce, di prossima pubblicazione su GT - Rivista di giurisprudenza tributaria.
La fattispecie in esame aveva ad oggetto la società Olivetti S.p.A. , alla quale nell’ottobre 2005 era stato notificato un avviso di accertamento, dal momento che i costi da Paesi black list dalla stessa sostenuti nel corso del 2002, non erano stati separatamente indicati in dichiarazione, e pertanto i giudici di merito avevano ritenuto la loro indeducibilità, adducendo delle motivazione che non avevano però pienamente convinto la Corte.

Al fine di dare soluzione al problema, i giudici di merito hanno in via preliminare esaminato le norme che regolano la materia, ripercorrendo le modificazioni di cui essa è stata oggetto negli ultimi anni. Secondo quanto previsto dall’articolo 76 (poi diventato art. 110 a decorrere dal 1° gennaio 2004), comma 10 del TUIR (nella versione vigente alla data della commissione del fatto) non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate in Stati a fiscalità privilegiata.

Tale disposizione viene derogata al ricorrere di una delle seguenti esimenti:
a)le imprese estero svolgono prevalentemente un’attività industriale o commerciale effettiva nel mercato del Paese nel quale hanno sede;
b)le operazioni poste in essere rispondano ad un effettivo interesse economico e che le stesse abbiano avuto concreta esecuzione. Inoltre, condizione necessaria per la deduzione di dette spese è la loro separata indicazione in dichiarazione. Per effetto delle modifiche apportate alla norma in commento dalla legge n. 296/2006, la mancata indicazione in dichiarazione dei costi in commento non preclude la loro deducibilità, ma solamente l’applicazione di una sanzione pari al 10% dell’importo complessivo non indicato separatamente, con un minimo di 500 euro ed un massimo di 50.000 euro. La previsione - in vigore dal 1° gennaio 2007 - ha applicazione retroattiva, in virtù del principio di legalità, di cui all’art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997.

Si deve, inoltre, aggiungere che nel caso in cui il contribuente fornisca le esimenti suddette, l’unica sanzione applicabile è quella per commissione di una violazione formale, compresa tra 258 euro e 2.065 euro, di cui all’art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997.

Tanto premesso, con riferimento al caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto non sufficiente la mera descrizione fornita da Olivetti per disapplicare il disposto dell’art. 110, comma 10, TUIR, il quale si è concretizzato nell’annoverare tra i suoi fornitori, alcuni soggetti residenti ad Hong Kong, Malesia, Libano ed Emirati Arabi. Per la Cassazione, infatti, detto elenco non permette di appurare l’effettivo interesse economico delle operazioni poste in essere con i fornitori esteri, o l’esercizio di una prevalente attività commerciale o industriale da parte di predetti soggetti.

Con riferimento, poi, all’onere della prova delle suddette esimenti per disapplicare la norma in commento, confermando quanto già sostenuto in passato (Cassazione, sentenze n. 3305/2009; n. 4218/2006; n. 21474/2004; n. 16198/2001) lo stesso spetta al contribuente.

Pertanto, secondo la Corte, all’Amministrazione finanziaria per disconoscere la deducibilità di costi “paradisiaci” è sufficiente invocare il divieto alla stessa, mentre spetta al contribuente dimostrare l’esistenza delle condizioni al ricorrere delle quali la stessa è ammessa.

La Suprema Corte conclude evidenziando che - laddove il giudice di rinvio dovesse ritenere provata la deducibilità dei costi in parola - la società Olivetti S.p.a. sarebbe tenuta a pagare la sanzione ridotta prevista per la violazione formale (mancata indicazione separata degli stessi in dichiarazione).

(Cassazione civile Sentenza, Sez. Trib., 29/12/2010, n. 26298)


Fonte: IPSOA

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