Il diritto alla detrazione dell'imposta (ora contenuto nell'art. 167 e seguenti della direttiva n. 2006/112/CE) deve essere coordinato con l'art. 17, n. 6, della Sesta direttiva (ripreso all'art. 176, direttiva n. 2006/112 cit.). In particolare, la disposizione deve interpretarsi nel senso che non autorizza il mantenimento di una legislazione nazionale, applicabile al momento dell'entrata in vigore della Sesta direttiva nello Stato membro interessato, che escluda in maniera generale il diritto alla detrazione dell'IVA versata a monte in occasione dell'acquisto di servizi importati, il cui prezzo è pagato direttamente o indirettamente ad una persona stabilita in uno Stato o territorio definito come "paradiso fiscale" dalla suddetta legislazione. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia nella causa C-395/09 del 30 settembre scorso.La Corte di Giustizia ha sottolineato che il diritto alla detrazione, contenuto nell’art. 17 della Sesta direttiva (ora direttiva n. 2006/112/CE), costituisce, quale parte integrante del meccanismo dell'imposta sul valore aggiunto, un principio fondamentale inerente al sistema comune dell'IVA; sicché, almeno in via di principio, non può essere soggetto a limitazioni (a fini didattici sul punto v. sentenze 8 gennaio 2002, causa C 409/99, Metropol e Stadler, Racc. pag. I 81, punto 42; 26 maggio 2005, causa C 465/03, Kretztechnik, Racc. pag. I 4357, punto 33, nonché 15 aprile 2010, cause riunite C 538/08 e C 33/09, X Holding e Oracle Nederland, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 37).

Tuttavia, tale meccanismo deve essere coordinato e “mitigato” con quanto disposto dall’art. 17, n. 6, della medesima direttiva n. 77/388 che autorizza gli Stati membri a mantenere in vigore la propria legislazione sull'esclusione del diritto alla detrazione, fino a quando il Consiglio non adotti le disposizioni previste da tale articolo (v. sentenze 11 dicembre 2008, causa C 371/07, Danfoss e AstraZeneca, Racc. pag. I 9549).

Considerato che, ad oggi, il Consiglio non ha ancora adottato tali disposizioni, gli Stati membri possono mantenere in vigore la propria legislazione esistente in materia di esclusione del diritto alla detrazione dell'IVA.

Sul piano procedurale, la vicenda in controversia vede coinvolta una società (polacca) che produce e vende fontane ad acqua refrigeranti. Nell'ambito delle sue attività, si è avvalsa di una pluralità di prestazioni di servizi (ad esempio, attività di marketing o anche consulenze finanziarie e contabili, etc.) proposte da un'impresa stabilita in uno dei territori elencati all'allegato 9 della legge del 1993 relativa all'IVA (allegato sostituito dall'allegato 5 della legge del 2004 relativa all'IVA) e che contiene l'elenco dei paesi (territori) per i quali l'imposta sull'importazione dei servizi non viene ridotta di un importo pari all'imposta dovuta, né conferisce il diritto al rimborso della differenza dell'IVA dovuta.

La società ha posto il quesito all’Amministrazione fiscale competente se “[…], dal 1º maggio 2004, avesse il diritto di detrarre l’importo dell’imposta assolta a monte in occasione dell’importazione di servizi amministrativi il cui prezzo è pagato ad un’impresa che ha stabilito la sede in uno dei territori compresi nell’allegato 5 della legge del 2004 relativa all’IVA”.

Il governo polacco ha preliminarmente rimarcato il fatto che, secondo il tenore letterale dell'art. 176 della direttiva n. 2006/112, si prevede una distinzione fra gli Stati membri che hanno aderito all'Unione prima del 1º gennaio 1979 e quelli, come la Repubblica di Polonia, la cui adesione è successiva a tale data.

Al riguardo, come puntualizzato, però, l’art. 176 della direttiva n. 2006/112 non può dar luogo a un’interpretazione differente, circa la portata delle esclusioni considerate, a seconda che lo Stato membro interessato abbia aderito all’Unione prima del 1º gennaio 1979 o successivamente a tale data.

In tale situazione, l’inserimento del suddetto art. 176 non ha avuto alcuna incidenza sulla giurisprudenza relativa all’interpretazione dell’art. 17, n. 6, della Sesta direttiva.

In ogni caso, al quesito sollevato è stato dato esito negativo, proprio in considerazione del fatto che il prezzo dei servizi in questione era pagato ad una impresa che aveva stabilito il domicilio, la sede o l'amministrazione in uno degli Stati o territori menzionati all'allegato 5 della legge del 2004 relativa all'IVA. Infatti, a ben vedere, la legislazione nazionale non era incompatibile col diritto dell’Unione, visto che l’art. 17, n. 6, della Sesta direttiva autorizzerebbe gli Stati membri a mantenere tutte le esclusioni previste dalla legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore di tale direttiva.

Conseguentemente, la Repubblica di Polonia aveva conservato la facoltà di mantenere in vigore le restrizioni in materia di detrazione dell’IVA esistenti alla data della sua adesione all’Unione europea.

Avverso tale determinazione, la società instaurava un giudizio dinanzi il tribunale competente che, sospeso il procedimento, si è rivolto alla Corte di Giustizia per sapere se l'articolo 17, n. 6, della Sesta direttiva (ora art. 176 della direttiva n. 2006/112/CE), autorizzi o meno il mantenimento di una legislazione nazionale, applicabile al momento dell'entrata in vigore della Sesta direttiva nello Stato membro interessato, che escluda in maniera generale il diritto alla detrazione dell'IVA versata a monte in occasione dell'acquisto di servizi importati il cui prezzo è pagato direttamente o indirettamente ad una persona stabilita in uno Stato o in un territorio definito come "paradiso fiscale" dalla legislazione medesima.

Sull’argomento la Corte di Giustizia, evidenzia come la normativa polacca in questione ha introdotto nell'ordinamento interno una misura di carattere generale che limita il diritto alla detrazione dell'IVA assolta a monte per qualsiasi acquisto di servizi importati il cui prezzo è direttamente o indirettamente pagato ad una persona stabilita in uno Stato o territorio definito come "paradiso fiscale" dalla suddetta legislazione, così “scontrandosi” con quanto disposto dall’articolo 17, n. 6, della Sesta direttiva.

La Corte ha infatti precisato che gli Stati membri non sono autorizzati a mantenere esclusioni del diritto alla detrazione dell’IVA applicabile in maniera generale a qualunque spesa connessa all’acquisto di beni o servizi.

Tanto premesso, i giudici lussemburghesi così concludono: “l'articolo 17, n. 6, della Sesta direttiva, le cui disposizioni sono state in sostanza riprese all'art. 176 della direttiva n. 2006/112, deve interpretarsi nel senso che esso non autorizza il mantenimento di una legislazione nazionale, applicabile al momento dell'entrata in vigore della Sesta direttiva nello Stato membro interessato, che escluda in maniera generale il diritto alla detrazione dell'IVA versata a monte in occasione dell'acquisto di servizi importati, il cui prezzo è pagato direttamente o indirettamente ad una persona stabilita in uno Stato o territorio definito come "paradiso fiscale" dalla suddetta legislazione".

(Corte Giust. CE Sentenza, Sez. VII, 30/09/2010, n. C-395/09)


Fonte: IPSOA

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