La Commissione europea, avviando un procedimento per inadempimento (ex articolo 226 CE) invitava la Polonia a presentare le proprie osservazioni per l'applicazione di un'aliquota Iva ridotta pari al 7% alle cessioni, all'importazione e all'acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati e di calzature per bambini. In merito la Polonia osservava che l'applicazione di un'aliquota Iva ridotta ai beni interessati rientra tra le misure dirette a sostenere le famiglie e a incoraggiare la natalità in Polonia, collocandosi così tra gli obiettivi della "strategia di Lisbona" e faceva presente che simili aliquote ridotte sono applicate anche in Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito. Inoltre dato che l'applicazione dell'aliquota ridotta ha carattere limitato nel tempo, non si può configurare una distorsione della concorrenza. Secondo la Commissione il comportamento della Polonia viola il combinato disposto contenuto nell'articolo 98 e nell'allegato III della direttiva 2006/112.

L'azione della Commissione
La Commissione, non essendo convinta delle giustificazioni addotte dalla Polonia, emetteva un parere motivato con cui invitava lo Stato polacco ad adottare i provvedimenti necessari a conformarsi ad esso. La Polonia decideva di non dare seguito alle richieste della Commissione la quale concludeva allora di proporre ricorso per chiedere appunto alla Corte di constatare che, applicando un'aliquota ridotta Iva pari al 7% alle cessioni, all'importazione e all'acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati nonché di calzature per bambini, la Repubblica di Polonia era venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del combinato disposto dell'articolo 98 e dell'allegato III della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune dell'Iva.


La normativa nazionale e la normativa comunitaria
Analizzando la normativa comunitaria in materia si rileva che, secondo quanto contenuto nell'articolo 96 della direttiva 2006/112, gli Stati membri applicano un'aliquota Iva normale fissata da ciascuno Stato membro a una percentuale della base imponibile identica per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. Oltre all'aliquota normale, secondo il successivo articolo 98, gli Stati membri possono prevedere una o due aliquote ridotte da applicare unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell'allegato III. Secondo il successivo articolo 115 gli Stati membri che, al 1° gennaio 1991, applicavano un'aliquota ridotta ai servizi di ristorazione, all'abbigliamento, alle calzature per bambini e all'edilizia abitativa possono continuare ad applicare una tale aliquota alla cessione di questi beni o alla prestazione di questi servizi.

La posizione della Polonia
Per quanto riguarda specificatamente la Polonia, l'articolo 128 della direttiva 2006/112 dispone che la Polonia può applicare un'esenzione, con diritto a detrazione dell'Iva pagata nella fase precedente, alle cessioni di taluni libri e periodici specializzati, fino al 31 dicembre 2007. La Polonia può inoltre continuare ad applicare un'aliquota ridotta, non inferiore al 7%, alla prestazione di servizi di ristorazione, fino al 31 dicembre 2007 o fino all'introduzione del regime definitivo di cui all'articolo 402, ove quest'ultima data sia precedente; continuare ad applicare un'aliquota ridotta non inferiore al 3% alle cessioni di prodotti alimentari di cui al punto 1) dell'allegato III, fino al 30 aprile 2008; continuare ad applicare un'aliquota ridotta non inferiore al 3% alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi del genere normalmente utilizzato per la produzione agricola, esclusi beni di investimento quali macchinari o edifici, di cui al punto 11) dell'allegato III, fino al 30 aprile 2008; continuare ad applicare un'aliquota ridotta non inferiore al 7% alla fornitura di servizi di costruzione, ristrutturazione e trasformazione di abitazioni, fuori dell'ambito di una politica sociale, esclusi i materiali edili, e sulla cessione, effettuata anteriormente alla prima occupazione, di immobili residenziali o frazioni di immobili residenziali di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera a) fino al 31 dicembre 2007.

L'adesione all'Ue e le deroghe
Le deroghe ora citate sono state previste nell'ambito dei negoziati che hanno dato origine all'Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, di Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l'Unione europea.
Per quanto concerne invece la normativa nazionale, l'articolo 41 della legge polacca dell' 11 marzo 2004, relativa all'imposta sul valore aggiunto stabilisce che l'aliquota Iva normale è pari al 22%, ammettendo però la possibilità di deroga. Lo stesso articolo 41 prevede un'aliquota ridotta pari al 7% per la cessione di beni e la prestazione di servizi di cui al suo allegato n. 3. L'allegato n. 3 della legge sull'Iva riporta, alla voce 45, gli "articoli di abbigliamento e accessori di moda per neonati" e, alla voce 47, le "calzature per bambini".

Il giudizio della Corte
Chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla Commissione, la Corte di giustizia ha in primo luogo evidenziato come sia incontrovertibile il fatto che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, la Polonia continuava ad applicare un'aliquota Iva ridotta pari al 7% all'abbigliamento e alle calzature per neonati, prodotti questi non rientranti nelle categorie di beni e servizi di cui all'allegato III della direttiva 2006/112. Secondo l'articolo 98 di tale direttiva, sono gli unici a cui possono applicarsi le aliquote ridotte. È indubbio, secondo i magistrati di Lussemburgo, che l'atto di adesione della Polonia all'Ue non prevede una deroga al riguardo.
La Polonia ha rilevato che la propria tassazione ad aliquota ridotta può essere ammessa in forza dell'articolo 115 della direttiva 2006/112. La Commissione sostiene, in via principale, che tale disposizione sia applicabile soltanto agli Stati che erano membri della Comunità al momento dell'adozione della direttiva 92/77 e, in subordine, che nel caso di specie non sono comunque soddisfatti i presupposti per l'applicazione del detto articolo 115. In proposito, i magistrati comunitari hanno fatto osservare come la deroga prevista al detto articolo 115 è subordinata alla presenza di alcune condizioni di applicazione, la principale delle quali è che lo Stato membro interessato fosse tenuto ad applicare, al 1° gennaio 1991, un'imposizione Iva secondo la direttiva 2006/112 o, quantomeno, un sistema di tassazione avente le stesse caratteristiche del sistema comune di Iva.

La comparazione
In merito poiché la Polonia ha introdotto il sistema comune dell'Iva nella sua legislazione nazionale solo tramite la legge sull'Iva del 2004, è stato necessario verificare se l'imposta polacca prevista dalla legge 16 dicembre 1972, in vigore al 1° gennaio 1991, potesse, quanto meno, essere considerata un'imposta equivalente all'Iva. Al riguardo, la corte ha innanzitutto ricordato come caratteristiche essenziali dell'Iva siano il fatto che l'imposta si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi, è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti, viene riscossa in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza e gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo di produzione e di distribuzione sono detratti dall'Iva dovuta dal soggetto passivo, cosicché tale tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso della detta imposta va a carico del consumatore finale. È dunque sufficiente che un'imposta non presenti una di queste caratteristiche essenziali perché non possa essere ritenuta equivalente all'Iva. Ebbene Nella fattispecie contingente, relativamente alla seconda caratteristica fondamentale dell'Iva, si deve rilevare che, mentre l'Iva è riscossa per ogni singola operazione al momento della commercializzazione e il suo importo deve essere proporzionale al prezzo dei beni o servizi forniti, dagli artt. 4 e 5 della legge polacca 16 dicembre 1972 emerge che l'imposta polacca in vigore al 1° gennaio 1991 era, al contrario, calcolata sul fatturato lordo realizzato dal soggetto passivo nel corso di un determinato periodo. Poiché l'imposta della Polonia era calcolata in base a un fatturato periodico, non è possibile determinare con precisione l'importo della stessa eventualmente traslato sul cliente in occasione di ciascuna vendita di beni o di ciascuna prestazione di servizi, sicché il requisito della proporzionalità di tale importo rispetto al prezzo percepito dal soggetto d'imposta non è soddisfatto. Da tali considerazioni emerge dunque che l'imposta sulla cifra d'affari applicabile in Polonia al 1° gennaio 1991 non rispondeva alle caratteristiche essenziali dell'Iva.

Le conclusioni della Corte
La corte ha quindi ritenuto di affermare che poiché la Polonia, al 1° gennaio 1991, non ha applicato un'Iva secondo la direttiva 2006/112 e un sistema di tassazione con le stesse caratteristiche essenziali dell'Iva, non ricorrono le condizioni per l'applicazione dell'articolo 115 della direttiva 2006/112. La conseguenza è che la Polonia avrebbe dovuto applicare l'aliquota Iva normale ai prodotti di cui alla causa in esame.
Infine, i giudici hanno chiarito i motivi che non giustificano un comportamento del genere. In particolare le motivazioni alla base della difesa avanzata dalla Polonia, per cui quale l'applicazione di un'aliquota Iva ridotta all'abbigliamento e alle calzature per neonati sarebbe diretta a incrementare il tasso di natalità e contribuirebbe ad accelerare il ritmo della crescita economica nello spirito della strategia di Lisbona. Secondo gli eurogiudici questa motivazione di natura sociopolitica, sebbene possa eventualmente giustificare la concessione da parte del Consiglio dell'Unione europea di una deroga mediante una modifica della direttiva 2006/112, per contro, da un punto di vista giuridico, non può giustificare che uno Stato membro violi le disposizioni contenute nell'articolo 98, n. 2, della direttiva 2006/112.
Per tutto quanto ora esaminato, la Corte Ue ha constatato che, applicando un'aliquota Iva ridotta pari al 7% alle cessioni, all'importazione e all'acquisto intracomunitario di articoli di abbigliamento e di accessori di moda per neonati e calzature per bambini, la Polonia è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del combinato disposto dell'articolo 98 e dell'allegato III della direttiva 2006/112.


Fonte: Agenzia Entrate

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