Premesso che il prestito o distacco di personale, in linea generale, è un particolare accordo in virtù del quale un lavoratore subordinato svolge per un periodo limitato le proprie mansioni a favore, sotto le direttive e nell’ambito della struttura organizzativa di un’impresa diversa da quella da cui dipende (con riguardo al profilo giuridico, contrattuale, retributivo, previdenziale, eccetera), con sentenza n. 19129 del 7 settembre, la Corte di cassazione ha chiarito che è soggetta a Iva e, quindi, detraibile, la somma eccedente il rimborso del costo del personale versato all’azienda “che presta” da quella “che riceve”.

Il fatto
La vicenda concerne il distacco di personale dipendente per un determinato periodo da una società (B) a un’altra (A), per le cui prestazioni quest’ultima corrisponde alla prima un corrispettivo in denaro.
Trattandosi, però, di dazione di una somma di denaro diversa da quella corrispondente al puro costo del lavoro, il competente ufficio finanziario notifica alla società percipiente un avviso di accertamento, con il quale recupera l’indebita detrazione dell’imposta superiore a quella del costo complessivo del personale utilizzato.
La società interessata, impugnando l’atto impositivo, sostiene invece che l’oggetto della prestazione sarebbe inferiore al costo di detto personale, per cui il prezzo del distacco non sarebbe imponibile Iva, in quanto escluso dalla previsione normativa contenuta nell’articolo 8, comma 35, della legge 67/1988, secondo cui “non sono da intendere rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”.

La Commissione tributaria provinciale accoglie le motivazioni del contribuente, con conferma anche in appello, la cui decisione, nel considerare che l’Amministrazione finanziaria sarebbe incorsa “in un errore di prospettazione” tra il costo medio (che sarebbe quello pattuito tra le due imprese) e il costo effettivo, fa sostanzialmente leva sui seguenti postulati:
1.dagli atti di causa risulta che i distacchi sarebbero stati riaddebitati alla società beneficiaria, come da accordi contrattuali, per un importo “determinato a priori e in modo forfetario” e quindi del tutto diverso dal loro valore effettivo (l’ammontare reale dei costi retributivi e contributivi viene invece specificato nei cedolini stipendiali dei dipendenti), la cui circostanza escluderebbe, secondo il Collegio, l’applicazione dell’articolo 8 della legge 67/1988
2.secondo gli schemi pattizi tra le due società, non si trattata di un semplice prestito temporaneo di lavoratori dipendenti, bensì un accordo di natura “mista”, finalizzato anche al raggiungimento di obiettivi diversi (invenzioni, scoperte, miglioramenti, inclusi eventuali brevetti relativi alla elaborazione dei dati, che siano sviluppati “nel corso dei servizi resi durante l'assegnazione”).

Nel conseguente ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione del richiamato articolo 8, poiché, nella specie, l’importo corrisposto dalla intimata A alla società B sarebbe stato superiore al costo del personale distaccato o, comunque, di ammontare diverso e, quindi, “comprensivo del corrispettivo per servizi resi dalla seconda, computato preventivamente e forfetariamente, ma irrilevantemente ai fini dell’Iva, sul costo medio del personale”.

Motivi della decisione
La Suprema corte accoglie pienamente le doglianze dell’Amministrazione finanziaria, approdando a tali risultati attraverso un percorso interpretativo della normativa Iva e una conseguente qualificazione dei fatti di causa.
A tal fine, premesso che la soggettività passiva nell’imposta sul valore aggiunto, secondo l’articolo 1 del Dpr 633/1972, è stata distinta nel sistema interno in relazione all’esercizio di imprese, arti e professioni effettuate nel territorio dello Stato, similmente a quanto previsto per le imposte sui redditi (articoli 53 e 55 del Tuir), la norma fondamentale in materia è costituita dall’articolo 19 dello stesso Dpr 633, che regola il diritto di detrazione.
Questo prevede, al comma 1, che “per la determinazione dell’imposta … è detraibile, dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell'imposta assolta” dal contribuente, mentre, al comma 2, dispone che non è detraibile l’Iva relativa all’acquisto di servizi afferenti operazioni non soggette all’imposta stessa.

Combinando l’articolo 19 del Dpr 633/1972, nella sua duplice manifestazione, con lo specifico articolo 8, comma 35, della legge 67/1988, la Suprema corte ne fa discendere i seguenti assiomi:
•“il rimborso, da parte del soggetto A, del costo del personale del soggetto B distaccato presso A, è esente dall'Iva”, perché secondo l’articolo 8, dal momento che A rimborsa B, il costo del personale di B distaccato presso A è sostenuto, in sostanza, da A. Tale costo, per effetto della norma richiamata, è irrilevante ai fini Iva in quanto B, distaccando il suo personale, non effettua, nei limiti del relativo costo, alcuna prestazione ad A (ex articolo 1, Dpr 633/1972), ossia non si applica l’Iva e, quindi, non è effettuabile alcuna detrazione secondo il comma 1 dell’articolo 19, confermato in negativo dal comma 2 della stessa disposizione
•“la somma eccedente il rimborso, da parte del soggetto A, del costo del personale del soggetto B distaccato presso A, è sottoposta ad IVA detraibile”, perchè il regime di esenzione (o meglio, di esclusione) dall’Iva, fissato dall’articolo 8 della legge 67/1988, riguarda solo il mero costo del personale, che è sostenuto da B e che A si limita a rimborsare, sicché, se A trasferisce a B una somma maggiore, questo importo rientra nel regime impositivo Iva e consente la relativa detrazione dell’imposta in quanto si giustifica solo per la sua corrispondenza all’acquisto di un bene o all’acquisizione di un servizio.

A questo punto, la Cassazione evidenzia le manchevolezze della sentenza impugnata, in quanto la Commissione regionale doveva affrontare nel suo giudizio sia l’ipotesi in cui la somma rimborsata fosse “maggiore” del costo del personale (tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate) sia quella in cui la somma rimborsata fosse “inferiore” (tesi sostenuta dal contribuente), significando che in quest’ultima evenienza il corrispettivo sarebbe evidentemente “irrilevante” per l’Iva, poiché la società A non avrebbe acquistato alcun bene e non avrebbe usufruito di alcuna prestazione dal parte del soggetto distaccante il personale.
Pertanto, a fronte della valutazione “superficiale” della Ctr, dato che questa si è limitata soltanto a constatare la diversità tra il costo del personale distaccato e la somma rimborsata a tal fine dalla società beneficiaria, la Corte sottolinea che il secondo giudice è incorso in una duplice lacuna:
a) la prima, sul piano di fatto, per non avere accertato “il rapporto quantitativo” tra somma rimborsata e costo del personale
b) la seconda, sul piano di diritto, in quanto, se la somma rimborsata fosse maggiore del costo, lo stesso giudicante non ha applicato le disposizioni normative idonee alla soluzione del caso, ossia sottraendo all’applicazione dell’Iva quella parte che coincide con il costo del personale e sottoponendo, invece, al regime Iva, compresa la detraibilità, la somma eccedente il costo.

Conclusioni
Nel rispondere al quesito posto dall’ufficio che chiedeva l’esatta individuazione della norma Iva del riaddebito dei costi nei distacchi di personale, la Cassazione esplicita nell’articolata motivazione che la regola giuridica applicabile al caso concreto è la seguente: “La somma eccedente il rimborso, da parte del soggetto A, del costo del personale del soggetto B distaccato presso A, è sottoposta ad IVA detraibile”. Sostiene, quindi, le argomentazioni dell’ente impositore.

Il principio affermato dalla sentenza 19129/2010 non è, comunque, nuovo in quanto la Cassazione ha già omologamente sostenuto (sentenza 1788/1996) che, a prescindere dalla natura interpretativa o innovativa del comma 35 dell’articolo 8 della legge 67/1988, il distacco o prestito del personale non costituisce operazione imponibile Iva, purché “l'impresa beneficiaria corrisponda il solo costo di tale utilizzazione, vale a dire la retribuzione, gli oneri fiscali e previdenziali e le spese sostenute dai dipendenti”.
Peraltro, l’elaborazione giurisprudenziale meno recente (Cassazione, sentenze 5708/1984, 4851/1992, 6657/1995 e 5102/1998) ha stabilito che la liceità dell’istituto del “distacco” è ammissibile quando coesistono i sottonotati requisiti:
•esistenza iniziale e persistenza dell’interesse del datore di lavoro alla dislocazione del dipendente presso un terzo soggetto, a sua volta interessato all’utilizzo del dipendente per una particolare mansione/compito
•temporaneità dello spostamento dell’area operativa normale.

Per applicare correttamente l’ipotesi di esclusione in esame, anche l’Amministrativa finanziaria in più occasioni ha affrontato il fenomeno, evidenziandone le specifiche condizioni:
•è necessario che venga rimborsato solo il costo del personale distaccato (costo che è formato, in linea di massima, dalla retribuzione, dagli oneri previdenziali e dagli eventuali benefit – risoluzione 346/2002)
•il potere gerarchico sul personale deve essere esercitato dal soggetto distaccatario (circolare 53/1999)
•deve esserci una determinazione analitica dei tempi di lavoro e delle persone per i servizi resi (circolare 53/1999)
•il personale che effettua la prestazione deve essere legato al soggetto distaccante da un rapporto di lavoro dipendente (risoluzione 152/1995).

Pertanto, nel caso in cui venga addebitato il solo costo del personale e vengano rispettate tutte le condizioni evidenziate, l’addebito non risulta rilevante ai fini Iva: non sussiste quindi obbligo di emissione della fattura, la quale, se emessa, deve portare la dicitura che si tratta di corrispettivi “esclusi dal campo di applicazione dell'IVA ai sensi dell'art. 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67”.

Nell’ipotesi in cui vengano addebitati importi diversi dal (puro) costo del personale, la risoluzione 346/2002 ha evidenziato che se “le somme rimborsate sono superiori (o anche inferiori) al costo, l'intero importo è imponibile ai fini IVA” come prestazione di servizi ex articolo 3, Dpr 633/1972 (nell’interpello esaminato si era però in presenza indistinta anche di prestito di attrezzature).
Al contrario, se l’affitto dei macchinari o dell’attrezzatura costituisce un’operazione completamente autonoma e disgiunta dal prestito del personale, la prima sarà soggetta a Iva, mentre la seconda sarà considerata esclusa da Iva, ai sensi dell’articolo 8, comma 35, della legge 67/1988.


Fonte: Agenzia Entrate

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