La fruizione dei permessi mensili va possibilmente programmata ma l’esigenza di tutela ed assistenza del disabile prevale comunque e, inoltre, è possibile fruire del congedo straordinario per assistere il disabile anche se lo stesso presta attività lavorativa. Ai sensi dell’art. 33, comma 3, Legge n. 104/1992, successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile anche frazionabili in ore, retribuiti, coperti da contribuzione figurativa e fruibili anche in maniera continuativa, a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.

L’art. 20 della Legge n. 53/2000 ha stabilito che i permessi di cui all’art. 33 della Legge n. 104/1992, spettano anche nel caso in cui non via sia convivenza col disabile purché lo stesso sia assistito con continuità ed esclusività.

Una questione in materia che è sempre più spesso dibattuta, a causa della mancanza di specifica disciplina normativa, è quella relativa alle modalità di fruizione dei permessi mensili ed al preavviso dovuto al datore di lavoro e l’interpello n. 31/2010 del Ministero del Lavoro interviene sull’argomento su richiesta dell’Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori fornendo alcune precisazioni. Innanzitutto la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva afferma il necessario contemperamento del diritto all’assistenza del disabile con il buon andamento dell’attività imprenditoriale; infatti per il Ministero, si deve ritenere possibile una programmazione dei permessi con cadenza settimanale o mensile, quando:

- il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare preventivamente le giornate di assenza;

- purché tale programmazione non comprometta il diritto del disabile ad avere un’effettiva assistenza;

- purché si seguano criteri quanto più possibile condivisi con i lavoratori o con le loro rappresentanze. In questo contesto è importante che la suddetta predeterminazione dei criteri garantisca il mantenimento della capacità produttiva dell’impresa e non ne comprometta il buon andamento ed a tal fine, i dipendenti dovrebbero rispettare i medesimi criteri nel momento in cui abbiano necessità di modificare la giornata di fruizione dei permessi.

Tuttavia, come la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva specifica, vista la ratio della normativa, le esigenze di assistenza e di tutela del disabile prevalgono sempre sulle esigenze imprenditoriali. Ed anche nell’altro argomento trattato dall’interpello n. 30/2010, e relativo al congedo straordinario per assistenza ai disabili, disciplinato dall’art. 42, comma 5 della Legge n. 53/2000, prevalgono le esigenze di assistenza e tutela del disabile.

La risposta è sollecitata dall’Istituto Nazionale di Statistica, alla luce della circolare INPS n. 34 del 15 marzo 2001, la quale aveva affermato l’esclusione del beneficio in questione, nel caso in cui il portatore di handicap da assistere, prestasse a sua volta attività lavorativa nel periodo di godimento del congedo da parte degli aventi diritto. In realtà, come correttamente il Ministero del Lavoro specifica, non può essere conforme allo spirito della normativa porre un limite alla fruizione del congedo da parte di chi deve assistere un disabile, anche perché l’assistenza può consistere in attività collaterali ed ausiliare rispetto allo svolgimento dell’attività lavorativa del disabile.

Stante quanto sopra, conclude l’interpello, il diritto alla fruizione del congedo ex art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151/2001 non può essere escluso a priori nei casi di svolgimento di attività lavorativa del disabile, per il medesimo periodo. A questo punto, con riferimento proprio a questa ultima conclusione ci si dovrebbe aspettare un’apertura dell’INPS in materia che, in pratica, dovrebbe cambiare il suo precedente orientamento. D’altra parte, l’INPDAP, già nel 2002, con la circolare n. 2 del 10 gennaio 2002, non aveva posto lo stesso limite dell’INPS, ed oggi, soprattutto alla luce dell’interpello in commento, non è certamente ancora ammissibile un diverso trattamento per i disabili a seconda che chi li assista sia un dipendente privato o pubblico.

(Interpello Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 06/07/2010, n. 30)


Fonte: IPSOA

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