Gli impedimenti di carattere personale non esentano il contribuente dall’obbligo di trasferire la propria residenza nel comune di ubicazione dell’immobile acquistato con i benefici “prima casa”. Così la Ctr di Trieste, con la sentenza n. 13/9/10 (depositata lo scorso 26 aprile), ha confermato la legittimità del recupero effettuato dall’ufficio, a seguito del mancato trasferimento della residenza, da parte del beneficiario della tassazione ridotta, entro 18 mesi dalla stipula del rogito.

Il fatto
Il 22 aprile 2003, una contribuente acquistava, in comproprietà con il convivente more uxorio, un immobile da adibire ad abitazione principale. Per usufruire della tassazione da “prima casa”, la stessa, nel contratto di compravendita, dichiarava di voler stabilire la propria residenza nel comune di ubicazione dell’immobile, nel termine di 18 mesi dalla stipula (come stabilito dal punto 1, lettera a), della nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al Dpr 131/1986).
Tuttavia, ad oltre 3 anni dalla stipula del rogito, l’ufficio riscontrava il mancato trasferimento della residenza anagrafica della contribuente e, pertanto, in data 18 maggio 2006, procedeva al recupero delle imposte dovute nella misura ordinaria, oltre a interessi e sanzioni.

La contribuente, pur riconoscendo il mancato trasferimento della residenza nel comune di ubicazione dell’immobile, provvedeva a impugnare l’avviso di liquidazione davanti alla Ctp di Pordenone, affermando che tale inerzia era stata determinata da cause di forza maggiore, ravvisabili in sopravvenuti problemi di relazione con il comproprietario. In particolare, la ricorrente sosteneva che, a seguito della rottura del rapporto sentimentale con il convivente, era venuto meno il progetto abitativo che aveva ispirato l’acquisto del fabbricato e che tale circostanza, sopravvenuta e non prevedibile in sede di stipula del contratto di compravendita, doveva essere assimilata a una causa di forza maggiore, come tale fonte di esenzione della responsabilità della contribuente.

La Ctp adita accoglieva il ricorso della contribuente, reputando le difficoltà relazionali con il comproprietario quale elemento rilevante ai fini del mancato adempimento burocratico del trasferimento della residenza e ritenendo, dunque, che, non essendo configurabile una “colpevole inattività da parte della ricorrente”, dovesse essere ravvisata “la buona fede nel rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuente” tale da riconoscere “nella sostanza, il beneficio agevolativo, e ciò anche in ossequio ai principi sanciti dallo Statuto del Contribuente agli artt. 6 e 5 nonché 10, comma 1”.

Avverso tale sentenza, l’Amministrazione finanziaria proponeva appello, evidenziando come, ai fini del trasferimento della residenza richiesto per il riconoscimento dei benefici “prima casa”, la situazione personale e relazionale della ricorrente non potesse assumere alcun tipo di rilevanza, considerato, peraltro, che la richiamata normativa non ha previsto che il trasferimento della residenza debba essere effettuato nell’immobile acquistato, bensì nell’intero territorio comunale di sua ubicazione.
L’ufficio evidenziava, inoltre, come le invocate cause di forza maggiore fossero configurabili solo in presenza di “circostanze obiettive”, tali da impedire in modo assoluto l’ottenimento del trasferimento della residenza anagrafica nel comune in questione, in considerazione, peraltro, dell’apprezzabile lasso di tempo previsto dalla normativa per l’adempimento (Cassazione, sentenze 1616/1981 e 1392/2010).

La sentenza della Ctr
La Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia ha, innanzitutto, preso le mosse dall’analisi del requisito costitutivo del trasferimento della residenza, previsto dalla normativa in esame per l’ottenimento del diritto all’agevolazione, sottolineando come lo stesso debba intendersi quale formale iscrizione all’anagrafe del Comune ove è ubicato l’immobile, sulla scorta della consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità, che attribuisce la prevalenza del dato anagrafico sulle risultanze fattuali (Cassazione, sentenza n. 9949/2008).
Di conseguenza, mentre il giudice di primo grado ha erroneamente effettuato una valutazione personale e sostanziale della posizione della contribuente, a discapito del requisito anagrafico previsto dalla norma in questione, a parere della Ctr, invece, “i problemi relazionali con il comproprietario non possono certo qualificarsi come causa di forza maggiore, cioè come un evento imprevisto, imprevedibile e inevitabile verificatosi successivamente all’acquisto, che abbia reso impossibile l’avveramento, nel termine di legge, della condizione di cui alla lettera a) della nota II bis dell’art. 1 della Tariffa, parte I allegata al DPR 131/86 e cioè il trasferimento nel Comune ove era ubicato l’immobile”.

Tale conclusione trova fondamento, oltre che nella inequivocità del dato letterale, anche nella circostanza che la norma agevolativa speciale in questione, derogando all’ordinario regime di tassazione, deve essere considerata di stretta interpretazione e, quindi, non suscettibile di applicazione estensiva.

Come si è detto, tale disposizione normativa, nel prevedere l’agevolazione “prima casa”, ne subordina la spettanza al rispetto di un requisito formale, quale è appunto il trasferimento della residenza secondo le risultanze anagrafiche del Comune ove è ubicato l’immobile.

La Commissione adita ha, dunque, condiviso le considerazioni dell’Amministrazione finanziaria relative all’insussistenza, nel caso di specie, di “cause di forza maggiore” e, nella sostanza, ha confermato l’orientamento espresso dalla Corte di cassazione nelle richiamate sentenze, ribadendo che l’unico elemento idoneo a verificare il pieno rispetto dell’obbligo di trasferimento della residenza deve essere ricercato esclusivamente nel dato anagrafico, a nulla valendo la dimostrazione, da parte dei contribuenti, della presenza di situazioni soggettive e personali ostative all’adempimento in questione.


Fonte: Agenzia Entrate

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