"Punitive damages" fuori dalle aule giudiziarie. In un incidente stradale il danno veniva determinato dallo stesso danneggiato in euro 799,13 e successivamente risarcito con il pagamento di euro 880,00; la Compagnia ricorrente assumeva che l'irrogata sanzione ISVAP (euro 30.987,00) fosse gravemente sproporzionata a fronte della particolare tenuita' del pregiudizio risarcibile.La Compagnia ricorrente contestata la legittimità dell’ordinanza ingiunzione con la quale — a fronte dell’affermata violazione dei termini per la formulazione del diniego di offerta al danneggiato, di cui all’art.. 3, comma 1, del decreto legge 857/1976 — ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria nel massimo edittale, per un importo commisurato ad € 30.987,00.

Per la Compagnia tale atto, in particolare, sarebbe stato illegittimo per eccesso di potete e violazione di legge in relazione all'art. 3 dellalegge 25 gennaio 1977 n. 9, come modificato dall’art. 5 della legge 5 marzo 2001 n. 57 ed al principio di proporzionalità, nonchè per inadeguatezza della motivazione.

Nel rilevare come la fattispecie originativa del provvedimento impugnato consisteva in un incidente stradale, a fronte del quale il danno veniva determinato dallo stesso danneggiato in € 799,13 e successivamente risarcito con il pagamento di € 880,00, assumeva parte riconente che l’irrogata sanzione fosse gravemente sproporzionata a fronte della particolare tenuità del pregiudizio risarcibile. Soggiungendo che quanto alla commisurazione dell'entità di quest’ultima — il provvedimento oggetto di censura non recava alcun fondamento motivazionale.

Concludeva parte riconente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura, disatteso dai giudici amministrativi che hanno così confermato la sanzione irrogata.

I relativi presupposti, infatti, risultano correttamente – quanto esaustivamente – individuati nel provvedimento sanzionatorio gravato, atteso che in esso viene dato puntualmente conto:

>>> della durata dell’omissione sanzionata, protrattasi “oltre 300 giorni dalla scadenza del termine utile”;

->>> della valutazione degli elementi di cui all’art. 326, comma 5, ultima parte, del D.Lgs. 209/2005 (il quale, relativamente alla “proposta motivata di determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria”, specifica che occorre tenere conto della “eventuale attenuazione o eliminazione delle conseguenze dannose ed all'adozione di misure idonee a prevenire la ripetizione della violazione”, ulteriormente stabilendo che trovano applicazione, nella materia, gli artt. 8, 8-bis e 11 della legge 24 novembre 1981 n. 689).

Se le coordinate che assistono il legittimo esercizio del potere sanzionatorio – quanto alla concreta commisurazione della misura irrogabile – contemplano l’obbligata considerazione da prestare alla concreta gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi (come appunto prescritto dall’art. 11 della legge 689/1981), deve allora escludersi che sia necessaria l’ostensione di un apparato motivazionale con il quale vengano – ulteriormente e specificatamente – dettagliati i relativi criteri.

Nel caso in esame, il provvedimento impugnato, nel considerare l’estensione temporale dell’omissione sanzionata (con riferimento al termine per esplicitare l’eventuale diniego in riscontro alla richiesta risarcitoria), ha ulteriormente dato atto dell’applicabilità della sanzione prevista dall’art. 3, comma 10, lett. b), punto 1, del decreto legge 857/1976; pervenendo, conseguentemente, alla individuazione del relativo importo, pari al menzionato massimo edittale (€ 30.987,00) in ragione della riscontrata gravità della violazione, avuto riguardo al considerevole arco temporale (430 giorni; ben superiore ai 300 giorni individuati alla norma) intercorso dalla presentazione della domanda di risarcimento.

(TAR ROMA, Sentenza 10/03/2010, n. 3662)


Fonte: IPSOA

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